Ringhiera, il Comune conferma la chiusura per la prossima stagione
Da Palazzo Marino filtrano le prime notizie sui lavori lavori necessari per rendere di nuovo agibile il Teatro Ringhiera. La buona notizia è che lo stato di salute dell’edificio è meno grave di quanto in
Da Palazzo Marino filtrano le prime notizie sui lavori lavori necessari per rendere di nuovo agibile il Teatro Ringhiera. La buona notizia è che lo stato di salute dell’edificio è meno grave di quanto in un primo momento era stato ipotizzato. La cattiva è che la mole dei lavori da svolgere non consentirà comunque la riapertura a ottobre, in tempo per la stagione teatrale 2017-18. Secondo quanto rilevato dalle perizie dal Comune risulta che i solai, che in un primo momento si pensava avessero problemi di tenuta strutturale, hanno solo superficiali distacchi di intonaco, che verranno sistemati entro giugno. Entro la metà del mese è prevista anche la sostituzione delle porte di ingresso dell’Anagrafe. Rimango da fare i lavori di consolidamento nella parte del cavedio antistante i magazzini al piano interrato, dove sono stati portati a temine i primi interventi di sigillatura delle crepe, e sul palcoscenico del teatro, anch’esso bisognoso di interventi.
A metà mese, secondo quanto annunciato nelle settimane scorse, ci sarà un incontro tecnico tra il Comune e l’Atir, in cui saranno resi noti i lavori necessari e i tempi di realizzazione. In quella sede, tenuto conto anche che, una volta sistemata la struttura di via Boifava, sarà necessario fare un altro bando di assegnazione, visto che il precedente scadeva proprio con la fine di questa stagione teatrale, dovrebbero essere fatte delle ipotesi sulla ripresa delle attività del Ringhiera. Intanto il cartellone della compagnia per prossima stagione, che Atir aveva già predisposto per il ventennale della Fondazione e per i dieci anni della sua presenza al Ringhiera, diverrà itinerante. I teatri milanesi si sono mostrati subito disponibili a ospitare le rappresentazioni e, al momento, si parla di una possibile collaborazione tra Atir e Teatro Verdi, che ha sede all’Isola. Più problematico l’avvio dei laboratori e delle attività sociali del Ringhiera, che coinvolgono da anni centinaia di abitanti del sud Milano. «Abbiamo chiesto ai teatri Pacta di via Dini e Pim Off di via Selvanesco se ci possono ospitare. Stessa richiesta è stata fatta alla Casa delle Associazioni di via Saponaro – spiega Serena Sinigaglia, direttore artistico Teatro Ringhiera Atir -. Al Comune abbiamo chiesto di aiutarci a trovare dei locali in zona per il magazzino teatrale, gli uffici e una sala prove. Un impegno che Palazzo Marino aveva preso ad aprile, quando ci ha comunicato l’impossibilità di mettere a bando il teatro, per questioni di agibilità. Siamo in attesa: prima abbiamo risposte chiare su qual è la situazione – conclude Sinigaglia -prima riusciamo a programmare le attività della compagnia e la nostra presenza in quartiere, che non vogliamo assolutamente abbandonare». Intanto, i cittadini del quartiere hanno iniziato una raccolta di firme, per chiedere al sindaco Sala che i lavori vengano realizzati prima possibile e che, nel frattempo, vengano assegnati all’Atir dei locali, in modo che possa continuare le attività in quartiere. Chi fosse interessato a sottoscrivere la petizione può farlo presso la sede di Milanosud.
L’Atir Ringhiera racconta se stessa
Pubblichiamo uno stralcio dell’intervento fatto da Serena Sinigaglia, in occasione della festa del 2 giugno nella piazza Fabio Chiesa di fronte al Teatro Ringhiera e poi ripreso in parte al convegno “Futuro periferie – la Cultura rigenera”, tenutosi l’8 giugno a Roma e organizzato dalla Presidenza del Consiglio e dai ministeri dei Beni culturali, della Difesa e delle Infrastrutture. Il convegno è stato l’occasione per rileggere le esperienze di successo di rigenerazione culturale del nostro Paese. Esperienze spesso nate da iniziative culturali proposte “dal basso”, esempi di come la cultura possa abbattere i muri del degrado e stabilire un nuovo legame tra cittadini. Proprio come è successo con l’Atir Ringhiera, che non a caso è stato invitato a raccontare la sua esperienza. Al convegno, Serena Sinigaglia ha fatto un intervento bellissimo e accorato sulla chiusura del Teatro Ringhiera. Dai brani che pubblichiamo traspare l’amore che la regista ha per questa “sua creatura”. Ma non solo sua. Dice Serena di quello spazio davvero unico, speciale, così importante per la zona e i cittadini tutti: “la chiusura del Teatro non è un danno solo per Atir e per tutti i nostri numerosi sostenitori, è un danno per tutta la città”. Nel suo appello fa anche un po’ la storia della Compagnia e della “Piana”, cita ricordi e aneddoti. Ascoltiamola…
“Quando dal Duomo arrivi a piazzale Abbiategrasso, devi proseguire per via dei Missaglia, poi giri a destra su via Boifava, cammini fino al 17, e sei arrivato. Facile. Ma dov’è? Qui non c’è un teatro. Sali le scale, superi l’ingresso dell’Anagrafe, arrivi ad un enorme spiazzo con tutto l’asfalto crepato, lì troverai l’entrata del Teatro Ringhiera. Ma come si chiama questo enorme spiazzo sopraelevato dall’asfalto tutto crepato? Non ha un nome, qui lo chiamano ‘La Piana’. Al femminile perché è grande e forse un tempo anche accogliente. Un tempo molto lontano, però. Perché quando siamo arrivati, dieci anni fa, la Piana era abitata da micro-criminalità e tossicodipendenti. Alla sera coprifuoco”. … “Si trattava di costruire con l’aiuto del nostro pubblico, uomini e donne, artisti e non, che ci avevano seguito e sostenuto durante i precedenti anni di nomadismo, un presidio sociale, aperto, vivo, trasversale. Si trattava di agganciare, convincere, e infine coinvolgere più gente possibile del quartiere. Si trattava, quindi, di costruire una grande comunità capace di proteggere e animare quel luogo, accanto a noi. Laboratori per anziani, per diversamente abili, per comuni cittadini, per adolescenti, per bimbi, per drag queen e king, spettacoli di giovani promesse ma anche di grandi star, concerti, festival, feste, dj set…pure la Scala ci portiamo!”. … “La Piana cominciava ad animarsi di gente, di giorno come di sera. E di fiori e di colori. Diventava quel luogo accogliente nel quale ti veniva voglia di sostare, anche solo per prenderti un caffè e chiacchierare con un amico. E quando un amico, un grande amico, morì, travolto da un’auto mentre pedalava in piazza della Repubblica, a centinaia vennero a onorarlo, non nel luogo del fatale incidente, no, sulla Piana, che lui, per primo, aveva contribuito a rianimare. Lì, volevano venire, in quella casa che era la sua ma anche la loro, per condividere il dolore, per stare vicini in un momento tanto tragico. Oggi La Piana un nome ce l’ha, si chiama piazza Fabio Chiesa, attore e artista di strada, 1973-2010. Quando alla sera mi fermo a guardare quella targa, per quanto stanca o disperata io possa essere, mi sento meglio. Oggi questo posto ha un nome e quindi esiste, ecco cosa fa la cultura, nomina le cose, facendole diventare reali. Reali come le migliaia di persone del quartiere e di tutta Milano che ogni anno frequentano le attività di piazza Fabio Chiesa. Reali come i fiori che adornano l’asfalto e i murales che rallegrano le pareti. È vero che i quartieri periferici e difficili delle grandi metropoli hanno bisogno, come l’acqua per l’assetato, di progetti come il nostro, ma è anche vero che il centro delle grandi metropoli ha bisogno di periferie così animate… esse, le periferie, diventano polmoni di “gioco” e di partecipazione che il centro, per sua natura architettonica e urbanistica, prima ancora che per volontà politica, non può offrire. Luoghi di “libertà”, fuori dall’ansia di prestazione tipica della nostra epoca. È freschissima la notizia che saremo costretti a lasciare il Ringhiera. La dichiarazione ufficiale da parte dell’assessorato alla Cultura di Milano è che dal 3 ottobre dovremo andarcene. Gli uffici tecnici non hanno dato il via libera alla stesura del bando e di conseguenza anche del relativo contratto di locazione. Gravi problemi strutturali all’intero edificio. Niente autorizzazione, niente rinnovo. Potete immaginare la nostra costernazione. Il problema, però, non è tanto quello, se vogliamo privato, della compagnia Atir, che pure ha dedicato energie, denari, sforzi in quel luogo. Fa male, malissimo ma ce la caveremo. Il problema è l’assenza di certezze sul destino di quello spazio davvero unico, speciale, così importante per la città. Persino i curatori di questo convegno hanno scelto piazza Fabio Chiesa come immagine di riferimento sulle loro presentazioni e i loro manifesti. Ora. Quando cominceranno i lavori? Quando finiranno? Quale sarà la destinazione d’uso una volta ristrutturato? Verrà ristrutturato o potrebbe persino essere possibile che venga abbattuto perché considerata troppo onerosa la ristrutturazione? Perché si aprono nuovi spazi enormi o si offrono cifre imbarazzanti ad alcuni e non si valorizza e investe su realtà esistenti e funzionanti? Perché troppo spesso si parla di periferie ma poi le si abbandona? Domande semplici, necessarie, a cui nessun organo istituzionale competente ha dato risposta. Nessuna dichiarazione ufficiale, a parte il fermo proposito di mandarci via di lì dal 3 ottobre. Siamo gente che ha sempre creduto nel rispetto delle leggi e delle istituzioni, ma finché queste risposte non saranno date con chiarezza, continueremo, in modo garbato e dialettico, a presidiare piazza Fabio Chiesa. Lo consideriamo un dovere morale”. … “Se ogni spazio esistente sviluppasse la propria identità e funzione, in sinergia e collaborazione con le istituzioni, potremmo insieme creare una bella città, una metropoli in cui, incredibile ma vero, si possa essere felici di vivere”.
Serena Sinigaglia
Regista, Direttore artistico Teatro Ringhiera /Atir
(Giugno 2017)