Alaska di Claudio Cupellini

Alaska è il paese d’origine di un antico re polinesiano, è il nome di una discoteca, il titolo di un brano dei Velvet Underground e poi è una metafora: è quel posto che tutti cercano

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Alaska è il paese d’origine di un antico re polinesiano, è il nome di una discoteca, il titolo di un brano dei Velvet Underground e poi è una metafora: è quel posto che tutti cercano nel mondo, nella società e che a fatica si riesce a trovare. Ma Alaska è anche il titolo della pellicola firmata Claudio Cupellini, una coproduzione italo francese che vede nel ruolo dei due protagonisti, Elio Germano e Astrid Bergès Frisbey.

Fausto e Nadine s’incontrano su un tetto di Parigi, sono soli, fragili e si attraggono fin da subito, entrambi alla ricerca della serenità. Da questo loro primo incontro si sviluppa la sinossi, originale, caotica, in cui il regista ci fa vorticare in una miscela di emozioni che travolgono lo spettatore in una tipica alternanza di tragedia e momenti apparentemente sereni. Elio Germano è ormai una garanzia e s’impone con una recitazione piena nei movimenti, nei gesti e nelle espressioni, sostenuta a buon ritmo dalla “delicatissima” e giovane attrice francese. La relazione tra i protagonisti e tra questi ultimi e il mondo esterno, viene continuamente intralciata da svariate vicende in un ritmo incalzante che alla fine riporterà i due personaggi a solcare la medesima scenografia dell’inizio, dove il regista, rovesciando i ruoli, offre un finale tragicomico che per la prima volta fa respirare lo spettatore, regalandogli un sorriso.

Un film molto ricco, emotivo, “di pancia” come ha affermato Elio Germano. Ma la ricchezza di questa pellicola non riguarda solo lo stile, che affronta diversi generi offrendoci un unicum anomalo, dove il regista non palesa un’adesione ai protagonisti (tipica del cinema contemporaneo), bensì pare osservarli al fianco dello spettatore, aggiungendo ulteriori e indispensabili personaggi sul loro cammino, abbandonandoli poco dopo. La varietà è presente anche nell’estetica. Si passa da campi e controcampi, riprese nervose e piani sequenza e l’intento del regista pare essere proprio quello di armonizzare i contrasti, sia riguardo la messa in scena sia riguardo la sinossi stessa e quindi il rapporto tra Fausto e Nadine. Un rapporto venale, forte e al contempo difficoltoso, ostacolato da una serie di eventi catastrofici. I due giovani si amano e quel che più li accomuna è l’estremo bisogno di affermazione, necessità che spesso li porta ad allontanarsi da desideri veri e rapporti reali, trasformando le proprie ambizioni future.

Altro elemento di varietà è la lingua. Italiano lui e francese lei, si ritroveranno per lavoro a imparare l’uno la lingua dell’altra. E se questo è elemento di unione, si rivela anche in alcuni momenti, una barriera. Quando infatti i due personaggi si ritrovano a dover esprimere all’altro le proprie fragilità, ecco che tornano rispettivamente alla propria lingua d’origine come per schermirsi e non rendere totalmente partecipe l’altro.

La pellicola affronta diverse tematiche odierne e tra queste la fuga all’estero per trovare quel che si cerca, una necessità dovuta alle caratteristiche dei personaggi che, evidentemente sradicati, si ritrovano nella perenne condizione di ricerca e allo stesso tempo di fuga per cui è d’obbligo allargare la scenografia. Terzo e ultimo film italiano in concorso nella Selezione Ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2015 e terzo lungometraggio per il regista, Alaska si rivela un intenso “romanzo su schermo” estremamente umano e attuale.

Anita Rubagotti

(dicembre 2015)

 

Laureata in Scienze dei Beni Culturali, blogger appassionata di cinema e teatro, talentuosa grafica e webmaster, sempre alla ricerca di nuovi stimoli e sfide, forte della sua estrazione umanista veste con grazia e competenza le testate digitali e su carta di Milanosud.

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