Alla Bocconi in scena i carcerati di Rebibbia
Venerdì 23 giugno si è tenuto, nell’aula magna dell’Università Bocconi, “Bazar” con la regia di Francesco Cinquemani, uno spettacolo interpretato dalla compagnia Stabile Assai del carcere di Rebibbia.La performance, seguita con grande trasporto dall’intero pubblico,
Venerdì 23 giugno si è tenuto, nell’aula magna dell’Università Bocconi, “Bazar” con la regia di Francesco Cinquemani, uno spettacolo interpretato dalla compagnia Stabile Assai del carcere di Rebibbia.
La performance, seguita con grande trasporto dall’intero pubblico, ha visto la lettura e interpretazione di brani, alcuni famosi, (come “Odio gli indifferenti” di Gramsci) altri scritti per l’occasione dagli stessi attori. Questi ultimi sono stati quelli che più hanno colpito il pubblico, perché contenevano tutto il dolore e tutta l’amarezza di un passato non lusinghiero che ha portato ciascuno degli attori, per un periodo o per tutta la vita, dietro le sbarre. A intervallare la prosa, canzoni e ballate della tradizione popolare italiana, quasi tutte del centro-sud, zona da cui proviene buona parte del patrimonio culturale italiano. Dopo il commovente discorso di Antonio Turco, il direttore della compagnia, si è passati alla conferenza, nella quale sono emerse diverse tematiche, prima su tutte, il sovraffollamento delle carceri e come si potrebbe migliorare la situazione. La tavola rotonda è stata moderata magistralmente da Riccardo Trentini, presidente della Società della Taula, la confraternita universitaria della Bocconi, che insieme alle altre associazioni dell’università, ha organizzato la presenza della compagnia teatrale di Rebibbia alla Bocconi. Sono intervenuti Morris Ghezzi, esponente della Lega Internazionale dei Diritti Umani, Amos Nannini, presidente Società Umanitaria, Edmondo Mostacci, docente di studi giuridici e Patrizia Patrizi, psicologa.
I temi principali di cui si discusso sono la depenalizzazione dei reati e di quali di questi possono accedere a pene alternative. Il filosofo del Diritto Ghezzi ha avanzato un’ipotesi audace; la depenalizzazione dei reati fiscali, che secondo lui, in una società civile, dovrebbero subire sanzioni pecuniarie e non penali. «La galera è per chi commette reati gravi, come gli omicidi, altrimenti si tratta di sequestro di persona», ha sostenuto il filosofo.
L’intervento di Amos Nannini è parso sostanzialmente d’accordo con le posizioni di Ghezzi, così poco giustizialista e nettamente liberale. Mostacci e Patrizi, alla quale è stato affidato il compito di concludere la conferenza, si sono spesi maggiormente sul fronte del trattamento nei confronti di chi si trova in carcere, piuttosto che affrontare il motivo che li ha portati lì. La professoressa Patrizi ha voluto sottolineare in chiusura, che «i problemi di chi sta in carcere, sono problemi di tutti noi» e pertanto su di essi deve essere sempre puntato il faro dell’opinione pubblica e delle istituzioni.
La chiosa della tavola rotonda non ha quindi visto l’emergere di una vera e propria opinione condivisa, ma ha piuttosto lasciato aperta la questione alle riflessioni personali di ciascuno dei presenti nel pubblico. «L’importante – ha dichiarato uno dei ragazzi organizzatori – non era tanto arrivare a una posizione condivisa, ma disquisire intorno a essa. Siamo consapevoli di quanto questi siano temi talmente importanti e pieni di sfaccettature, e l’obiettivo dell’iniziativa era di parlarne, avendo davanti un pubblico di adulti e ragazzi che, avendo ricevuto determinati stimoli tornato a casa, decida di approfondire la questione e formarsi una proprio opinione. Il compito di un’università dovrebbe essere proprio questo, l’elaborazione culturale, a volte anche fine a se stessa».
Susanna Causarano
I protagonisti della serata
La società della Taula è la più antica associazione attiva dell’Università Bocconi che nel 2014 si è spesa per la realizzazione di una giornata dedicata alla tematica delle carceri. Tutto questo allo scopo di sensibilizzare la comunità studentesca sul tema delle carceri, secondo una prospettiva che riconosca i detenuti non come pesi invisibili, ma come parte attiva di un complesso e meditato sistema di rapporti tra Stato e individui che merita una maggiore considerazione. Per questa iniziativa la Società della Taula ha ricevuto l’onore di vedersi consegnare la Medaglia del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. La Compagnia Stabile Assai è il più antico gruppo teatrale penitenziario italiano. La Compagnia è stata fondata nel 1982 da Antonio Turco, esordendo nello stesso anno al Festival Internazionale di Spoleto ed è l’unica a mettere in scena testi inediti scritti dagli stessi operatori e dai detenuti sulle principali tematiche del disagio sociale. La Compagnia nel 2012 è stata protagonista del film Cesare deve morire dei fratelli Taviani, vincitore dell’Orso d’oro a Berlino e del David di Donatello come miglior film, avente a oggetto la messa in scena dell’opera shakespeariana da parte della stessa Compagnia.
Liberi tutti!
La tematica della depenalizzazione di reati come i reati fiscali, proposta dal professor Morris Ghezzi, è stata certamente la tesi che più ha colpito coloro che hanno partecipato alla tavola rotonda.
Si può essere d’accordo o meno con il filosofo, ma certo è che si tratta di un argomento su cui riflettere accuratamente e sul quale non si può formulare una “sentenza” chiara e netta senza un corretto dibattito. Entrano in gioco dinamiche politiche, ideologiche, legislative che devono aiutarci a comprendere quale potrebbe essere, non il male minore, ma il bene più grande per l’individuo e la società. La logica del “è finito dentro, si arrangi” o del “chi è causa del suo mal pianga se stesso” non basta a soddisfare una questione così delicata, in cui si discutono i diritti di un uomo e come cambiano al di là di quelle mura. Un essere umano, seppur in galera perché colpevole, non deve sentirsi meno umano, non deve subire (mal)trattamenti che lo inducano a credere di non aver più una dignità propria.
Il carcere deve essere uno strumento di rieducazione, di reinserimento. Ma come possiamo pensare di scoraggiare la barbarie nel mondo, somministrando al condannato la stessa barbarie, che l’ha condotto dietro quelle sbarre e dalla quale, probabilmente, ora vuole solo allontanarsi? Ovviamente i casi sono molteplici, non tutti si pentono, ma le leggi devono regolare ed essere regolate, in base ad un criterio di civiltà e di mantenimento di essa. E come non c’è barbarie più grande che un innocente perseguitato, così non è ugualmente ammissibile la vessazione verso chi in carcere è finito per un motivo.
La giustizia e l’uguaglianza, ma ancor più l’umanità, sono valori che non hanno bandiera ideologica né colore politico. Sì possono avere mille opinioni diverse a riguardo, alcuni sono più giustizialisti altri più liberali, ma il punto focale, a nostro parere più significativo, è che in questa occasione se ne sia parlato, tra individui di età diverse e addirittura con i diretti interessati. Come ha detto la professoressa Patrizi, i problemi dei carcerati sono anche e soprattutto materia per noi. Perché, ricordiamocelo, sono gli indifferenti, chi non affronta i problemi a essere “il peso morto della storia”.