Andar per rifugi in sicurezza: primi fine settimana “liberi” in montagna

Climbers impazienti di tornare a misurarsi su pareti e campanili, escursionisti scalpitanti, famiglie in cerca di spazi aperti e liberi: per tutti, dopo tante settimane tra le mura di casa, la montagna è la promessa

Climbers impazienti di tornare a misurarsi su pareti e campanili, escursionisti scalpitanti, famiglie in cerca di spazi aperti e liberi: per tutti, dopo tante settimane tra le mura di casa, la montagna è la promessa di andare su, verso il cielo, per respirare a pieni polmoni e allungare lo sguardo fin dove arriva. È probabilmente per questo che nei primi fine settimana «liberi» milanesi e lombardi si sono ritrovati numerosi, ben più dell’ordinario, su mulattiere e sentieri, dalle Grigne al Resegone, dalla Valmasino (presa letteralmente d’assalto ora che, grazie alla superstrada, è più facilmente raggiungibile) alla Presolana.

«Le montagne sanno aspettare, restate a casa» era stato l’appello del Club Alpino Italiano ai suoi iscritti (a dicembre 2019 hanno raggiunto la quota record nei 156 anni di vita del sodalizio: 327.391 aderenti, di cui 121.053 donne, pari al 36,97%). Ed ora che l’attesa è finita, ecco le raccomandazioni «per la ripresa dell’attività in montagna» e il decalogo che suggerisce come comportarsi nei rifugi alpini.

Sono regole semplici, chiare e importanti, nel segno del buon senso e della volontà di trarre qualcosa di positivo anche da questa difficile esperienza che la pandemia ci ha imposto. Per esempio: stiamo a distanza gli uni dagli altri ed evitiamo i luoghi affollati, proprio come in città. Questo, però, può voler dire cercare itinerari alternativi e scoprire posti nuovi. Scegliere un rifugio come meta significa trovare l’appoggio di persone gentili, competenti ed esperte e anche sostenere un’attività importantissima per l’economia delle Terre Alte. E, arrivati in rifugio (dove, in caso di pernottamento, quest’anno dovremo prenotare  sempre), seguire le indicazioni del gestore, comunque arrivare muniti di mascherine, guanti, disinfettante, sacco lenzuolo (anche se in molto rifugi sono disponibili quelli monouso), asciugamani.

Possiamo stare tranquilli davvero in rifugio, anche se gli spazi sono spesso ridotti? «Assolutamente tranquilli – risponde dal Cai Milano Lorenzo Maritan, responsabile della Commissione Rifugi di una delle più antiche sezioni del Club Alpino, fondata nel 1873. – I rifugisti, da imprenditori quali sono, si sono attrezzati sia per organizzare gli spazi esterni, sia per la sanificazione di stanze e bagni. Dal canto nostro, abbiamo diffuso anche delle linee guida che, seguendo le indicazioni di Istituto Superiore di Sanità e Inail, aiutano i gestori a tutelare ospiti e dipendenti».

Dei 13 rifugi del Cai milanese, diversi hanno conosciuto già nei fine settimana di maggio un’affluenza «atipica». In effetti, al Rosalba come al Brioschi, in quella stagione non si era abituati a vedere tanta gente. I rifugi hanno offerto pasti e caffetteria d’asporto, proprio come avvenuto in città. Adesso, a fine giugno, tutti – in Lombardia i rifugi sono oltre 170, contando quelli del Cai e quelli privati –  sono pronti a restare aperti tutti i giorni sino a fine settembre. Con la mezza pensione tra i 45 e i 50 euro, tra l’altro, offrono una sistemazione anche economicamente conveniente. «Accanto a percorsi impegnativi come il sentiero Roma in Valmasino – aggiunge Maritan – ci sono tante mete a portata di famiglie e di escursionisti magari alle prime uscite».

La montagna può essere del resto un’ottima ricetta per la prossima estate: e i segnali in questa direzione, come detto, sono già numerosi. Si riaprono seconde case un po’ snobbate negli ultimi anni, mentre i rifugisti nell’Alta Valtellina chiedono al Parco dello Stelvio le deroghe necessarie ad allestire tende e casette in legno per poter offrire qualche posto letto in più. Anche Michele Bariselli, vicepresidente di Assorifugi e gestore del V Alpini in Val Zebrù, aspetta un buon afflusso sulle montagne, che già negli ultimi anni hanno registrato un crescendo di presenze.

Intanto, alla Capanna Alpinisti Monzesi – storico rifugio del Resegone – sono pronti i tavoloni per mangiare in gruppo, ma alla giusta distanza, mentre dalla capanna Omio, in Valmasino (il racconto su Mount City), si riparte con tre gestori quarantenni: Elena, Alberto e Stefano. La montagna, adesso, aspetta tutti noi.

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