Arrivano le etichette d’origine per latte e formaggi

Finalmente: dal prossimo 19 aprile, nel nostro Paese, latte Uht e prodotti derivati dovranno, obbligatoriamente, indicare in etichetta il luogo di mungitura e quello di lavorazione del latte e dei suoi derivati. Si tratta di

muccheFinalmente: dal prossimo 19 aprile, nel nostro Paese, latte Uht e prodotti derivati dovranno, obbligatoriamente, indicare in etichetta il luogo di mungitura e quello di lavorazione del latte e dei suoi derivati. Si tratta di una battaglia storica degli allevatori italiani, condotta sin dai tempi delle quote latte per ottenere chiarezza e per tutelare la qualità del prodotto italiano. Il 19 gennaio 2017, infatti, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari”, in attuazione del regolamento (Ue) n. 1169/2011, firmato dai ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. Coldiretti, la maggiore organizzazione degli imprenditori agricoli (con oltre un milione e mezzo di associati) spiega questa conquista, che interessa ugualmente produttori e consumatori, con poche cifre: oggi 3 cartoni di latte Uht su 4 arrivano dall’estero, così come la metà della cagliata usata per produrre mozzarelle. In etichetta, dal 19 aprile prossimo, dovranno essere indicati “Paese di mungitura” se si tratta di latte oppure “Paese di condizionamento e trasformazione” se si tratta di prodotti derivati. “Finalmente – si legge in un comunicato di Coldiretti – il milione e 700 mila mucche da latte italiane, così come le pecore e le capre delle nostre stalle potranno mettere la firma sul loro prodotto”. «Non posso che apprezzare un intervento che aspettavo da molto – commenta Paolo Cova, Pd, deputato milanese, ma anche veterinario che si occupa di bovini. – Dopo anni di attesa, questo Parlamento e il Ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina hanno fatto un passo importante per i produttori e a garanzia dei consumatori. E – aggiunge – se il sistema è una sperimentazione, consente, però, di indicare con chiarezza la provenienza delle materie prime di molti prodotti come il latte Uht, il burro, lo yogurt, la mozzarella, i formaggi e i latticini. Siamo finalmente sulla strada della tutela del vero Made in Italy». Una strada che però, avverte ancora Coldiretti, è tutt’altro che finita perché ancora un terzo della nostra spesa non ha la tutela di un’etichetta che indichi chiaramente l’origine dei prodotti. Il prossimo passo è l’entrata in vigore dell’obbligo di indicare l’origine del grano impiegato nella pasta, come previsto nello schema di decreto già inviato alla Commissione Europea. Altri prodotti per i quali ancora non è obbligatoria l’indicazione di origine in etichetta sono: salumi, carne di coniglio, carne trasformata, concentrato di pomodoro e sughi pronti, riso, pane.

Laura Guardini

Falappi: «Così i consumatori possono scegliere»

falappi«Certo si tratta di un provvedimento che noi allevatori accogliamo con favore. Anche perché arriva dopo tanti anni di impegno e battaglie per la chiarezza e la tracciabilità dei prodotti. E saremo ancora più contenti quando vedremo riscontri concreti che questa misura avrà». Andrea Falappi, 64 anni, storico agricoltore e allevatore milanese, parla dalla sua Cascina Campazzo – quella che per tre decenni ha difeso contro il gruppo Ligresti e contro il cemento – dove ha un centinaio di vacche. «Il nostro latte? Va alla cooperativa Soresina, ora che ha acquisito la Latte Milano di Peschiera Borromeo, nostro riferimento storico». Questo latte tutto ambrosiano (l’altra sola cascina dove ci sono mucche, sul territorio comunale, è la Amata, nel Parco Sud) serve a produrre Grana Padano. Ma, in pratica, cosa significherà vedere in etichetta dove il latte Uht è prodotto e lavorato? «Significherà una possibilità di scegliere che prima il consumatore non aveva. Si potrà decidere, quindi, di acquistare il prodotto nazionale». Ci saranno differenze di prezzo, presumibilmente. «Certo, la disparità di costo può orientare le scelte di alcune fasce di consumatori, mentre altri prediligono la tracciabilità». Spesso la grande distribuzione è sotto accusa perché manda sugli scaffali a 1 euro o anche più, il litro di latte che dagli allevatori acquistano a 40 centesimi. «Per l’esattezza il prezzo stabilito dell’ultimo contratto è 37 centesimi a febbraio e 38 a marzo, poi ne riparleremo. Il ricarico c’è: d’altra parte la grande distribuzione valorizza le proprie politiche. Ma alla fine credo sia il consumatore ad avere l’ultima parola, quando fa la spesa».
L.G.

(Febbraio 2017)

Laureata in Scienze dei Beni Culturali, blogger appassionata di cinema e teatro, talentuosa grafica e webmaster, sempre alla ricerca di nuovi stimoli e sfide, forte della sua estrazione umanista veste con grazia e competenza le testate digitali e su carta di Milanosud.

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