Il grido d’allarme di Don Giovanni alla vigilia del Campus: «Non c’è in quartiere un ragazzo di origine straniera che non abbia subito un episodio di razzismo»

Alla vigilia del Campus per la Pace dedicato alla comunicazione, in programma dal 16 al 22 febbraio (per saperne di più, clicca qui), Don Giovanni svela le ragioni che hanno guidato la scelta del tema

Alla vigilia del Campus per la Pace dedicato alla comunicazione, in programma dal 16 al 22 febbraio (per saperne di più, clicca qui), Don Giovanni svela le ragioni che hanno guidato la scelta del tema e lancia un vero e proprio grido d’allarme. E non sono parole facili da pronunciare e ascoltare.

Lui, di solito sorridente, abbassa la voce e si scurisce in volto: «Al tema della comunicazione avevamo pensato già prima che scoppiasse l’odio nei confronti di Liliana Segre. I segnali erano evidenti da tempo. Violenza e odio sono stati sdoganati, con l’accondiscendenza o addirittura la strumentalizzazione anche da parte dei più alti vertici dello Stato. Una modalità di comunicare, fare politica e relazionarsi con gli altri che ha avuto grande presa sulle classi meno abbienti e in difficoltà. I nostri ragazzi sperimentano ogni giorno sui social la presenza di parole di odio, dette magari scherzando o senza rendersene conto, che feriscono però e orientano i comportamenti».

Don Giovanni svela infatti una situazione veramente allarmante: «Non c’è un ragazzino di origine straniera che viva in quartiere, proveniente dall’Africa in particolare, che non abbia sperimentato sulla propria pelle un episodio di razzismo e discriminazione – continua il prete, non esitando a guardare in faccia la realtà, raccontando una vicenda a dir poco sconcertante –. Siamo andati al mercato con i ragazzi dell’Arcadia per preparare con un’indagine sul tema della multiculturalità il viaggio che facciamo tutti gli anni a Sarajevo. Abbiamo posto delle domande, tra queste ce n’era una che chiedeva quale pensiero venisse associato alla parola straniero. Bene: la metà degli intervistati ha pronunciato parole terribili. dette, tra l’altro, davanti a ragazzini evidentemente di origine straniera. Parole come “Li odio tutti”, “Ci stanno rubando ogni cosa”, “Noi italiani dormiamo in macchina e loro hanno i nostri privilegi”.

La conclusione di Don Giovanni è che bisogna ripensare radicalmente il modo di comunicare: «Questa estate ho letto “Il filo infinito” di Paolo Rumiz. Nel libro c’è un passo in cui si auspica la creazione di una cultura alternativa, che lasci i salotti per arrivare ad aprire i cuori delle periferie con una nuova narrazione emozionale, un linguaggio antagonista che racconti a bellezza dell’incontro. Lo abbiamo messo come sottotitolo del Campus di quest’anno».

 

 

Giornalista dello scorso millennio, appassionato di politica, cronaca locale e libri, rincorre l’attualità nella titanica impresa di darle un senso e farla conoscere, convinto che senza informazione non c’è democrazia, consapevole che, comunque, il senso alla vita sta quasi tutto nella continua rincorsa. Nonostante questo è il direttore “responsabile”.

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