Caro amico evasore, arrivano flat tax e condono

Caro amico evasore fiscale, non ho ancora capito quando e come sarà operativo il nuovo capitolo del condono, ma so che arriverà. E so che tu lo aspetti, lo consideri un diritto acquisito, uno di

Caro amico evasore fiscale, non ho ancora capito quando e come sarà operativo il nuovo capitolo del condono, ma so che arriverà. E so che tu lo aspetti, lo consideri un diritto acquisito, uno di quelli che i giuristi chiamano diritti indisponibili, come quello della libertà personale, degli alimenti, della libera espressione del pensiero.

Il condono ti spetta

Il condono fiscale ti spetta, ti tocca, caro evasore: non è mai mancato. Cambiano i nomi, ma la sostanza resta quella: hai fregato lo Stato e i contribuenti minchioni: che si chiami condono o sanatoria o pace o “abbiamo scherzato” o l’equo tributo, non fa differenza: chi frega il contribuente minchione difetta probabilmente di senso etico, ma non di impudenza lessicale. L’obiettivo dichiarato è il solito, non cambia mai: chiudere una turbolenta fase di contenzioso e naturalmente raggranellare un po’ di soldini, fare cassa (anche se il ricavato dal condono è sempre stato inferiore alle previsioni, perché un vero evasore continua ad esserlo anche quando si tratta di chiudere i conti versando qualche spicciolo a risarcimento).

Arriva la tassa piatta!

Ora siamo nell’epoca della pace fiscale, una pruderie nominalistica per trasmettere ai contribuenti minchioni l’idea di cessazione (definitiva, naturalmente) di uno stato di guerra fra te e il fisco: una guerra che tu, amico evasore, non hai voluto, ma che sei stato costretto a sopportare perché si pretendeva che dal tuo reddito fosse dedotta la stessa aliquota che versano i contribuenti minchioni. Un’idea aberrante!

Ma ora, un sistema per rendere realmente inefficace, da qui in avanti, ogni ulteriore, esosa pretesa del fisco, è in cammino. Il governo del cambiamento l’ha promessa e la vuole realizzare ad ogni costo. Si chiama flat tax, tassa piatta: come terra piatta, di cui è consanguinea: la terra piatta spiana l’orizzonte dei geografi, la tassa piatta azzera l’orizzonte della giustizia.

Apoteosi del tassapiattismo

Chi vuole la tassa piatta? Il governo nella sua interezza. Ma con alcuni distinguo che è doveroso segnalare. Il presunto primo ministro Conte e l’ipotetico ministro delle Finanze Tria dicono che la tassa piatta si può varare solo se si trovano le “coperture”. Idea stravagante. Ma non crucciarti, amico evasore, Conte e Tria non abbaiano e non mordono. Poi c’è la versione grillina, che intende applicare la tassa piatta solo limitatamente a certe fasce di reddito. Confusa, come molte progettazioni grilline, tenta maldestramente di correggere il tassapiattismo assoluto recuperando qualche brandello di progressività. La progressività! Un cascame costituzionale, che prima lo si cancella e meglio è.

Piatta, piatta, piatta

E infatti, la versione più autentica della flat tax è quella che ne dà il principale promotore, Matteo Salvini. “La Flat tax è un’idea rivoluzionaria ed è unica, piatta e uguale, non esiste che sia progressiva, altrimenti mi tengo il sistema fiscale attuale” (8 aprile 2019). Questo si chiama parlare chiaro. La Lega di Salvini, cioè la guida del governo del cambiamento, punta dichiaratamente ad una aliquota unica del 15%. Che significa un calo del gettito fiscale reale di parecchi miliardi. Quanti, nessun economista, men che meno Tria, riesce a stimarlo, ma almeno una dozzina, secondo i calcoli più prudenti.

Fregare il prossimo

Dice il governo che con un’aliquota così bassa si ottiene una maggior fedeltà fiscale. Il che, caro amico evasore, significa che tu, incoraggiato e rasserenato dal dimezzamento (e più) del prelievo, d’ora in avanti verserai docilmente al fisco tutto il dovuto. Neanche il governo ci crede, perché l’evasione fiscale non è (se non in qualche caso) un atto di ribellione all’esosità dello stato, ma un atto di fede nel primato dell’egoismo sull’idea di comunità. Fregare il prossimo non è arbitrio, è standard di vita.

Lo choc fiscale

Ma sì, lasciamo pure che ciancino questi patetici moralisti. Badiamo a cose più serie. Badiamo alle coperture. Infatti di questo solamente si sta parlando. Questa Italia indebitatissima, e inguaiata in misura crescente dai deludenti risultati economici del governo del cambiamento, si scuoterà, dice Salvini, con uno “choc fiscale”. E siccome lo dice Salvini, di questo si deve parlare.

Quattro balle quattro

Perciò, amico evasore, digeriamo senza fatica le quattro balle quattro che vengono snoccialate d’ordinanza e di prammatica, ad ogni condono: che è l’ultimo, dopo di che non ce ne saranno mai più; che serve a ristabilire un clima di fiducia con i contribuenti; che la lotta all’evasione verrà condotta col massimo rigore; che è la premessa di un generale abbassamento delle tasse. Quattro balle quattro, solennemente santificate. L’importante è non prenderle sul serio. Infatti non hanno mai alcun seguito.

Deficit e servizi sociali

Però, amico evasore, guardati dai nemici della tassa piatta e dei condoni. Ce ne sono ancora e hanno anche argomenti che, a voler ragionare, sono ben consistenti. Ma ho detto: a voler ragionare. Esercizio sempre meno praticato. L’unico aspetto della tassa piatta che sembra interessare giornalisti e opinionisti, e anche esponenti del mondo politico, è se questo sistema di tassazione abbia le necessarie “coperture”. Ovvero se il vistoso calo di entrate contributive possa essere sopportato dallo Stato senza andare in deficit e senza tagliare i servizi sociali.

Deduzioni e detrazioni. Perché?

Tassa piatta – nella sua autentica e completa rappresentazione – è quella delineata da Salvini: aliquota uguale per tutti i redditi. 15 %, dice lui. Il che tutela ovviamente il principio della proporzionalità, ma non quello della progressività, che viene reciso alla radice. Qualche tassapiattista replica: sì, aliquota unica, ma la progressività viene rispettata con i criteri di deduzione (dall’imponibile) e di detrazione (dall’imposta). Controreplica: ma se deduzioni e detrazioni ripropongono una scala di progressività negando di fatto la “piattezza” dell’imposizione, perché non mantenere il criterio delle aliquote differenziate?

La infedeltà fiscale

Qualcuno si chiede se, al di là delle coperture, il tassapiattismo risponda a criteri di equità e giustizia sociale. Ciò che è garantito dalla progressività. Ammesso, e non concesso, che il calo delle entrate sia compensato dalla maggior fedeltà fiscale, perché non posso ottenere lo stesso risultato, in cifra assoluta, prelevando soprattutto dagli alti redditi, punendo l’evasione fiscale, anziché premiarla col condono e col taglio delle tasse? Certo che, in una ipotesi di aliquota unica, e molto bassa (tipo il 15%), tutti ne traggono un beneficio. Piccolissimo ai livelli medio bassi, enorme ai livelli medio alti. Tutti contenti, allora? Ne riparliamo quando il buco delle entrate provocherà inevitabili tagli ai servizi sociali.

Vogliamo parlare di giustizia sociale?

Il tema della giustizia sociale è praticamente assente da questo dibattito in cui, in nome di efficientismi contabili e di arguzie tecnicistiche l’unica preoccupazione sembra essere quella di come trovare le “coperture” a questo vistoso favore che si fa quasi esclusivamente ai redditi elevati. Eppure il tema politico è forte. Dopo aver deglutito senza difficoltà la cosiddetta “morte delle ideologie”, molti maestri del pensiero che si dicono o accettano di essere definiti di sinistra, come l’economista Nicola Rossi, sposano la flat tax in salsa berlusconiana (più temperata rispetto a quella salviniana) liquidando come “luoghi comuni” i richiami del partito democratico ai valori di equità sociale.

Berlusconi arruola Kennedy

E a proposito di Berlusconi ha impressionato una sua recente intervista televisiva, nel corso della quale ha iscritto fra i padri della flat tax anche Kennedy (che non era stato neppure sfiorato dal pensiero), nonché Reagan, la Thatcher e Trump, che non l’hanno mai adottata. Hanno sì ridotto l’imposizione fiscale e modificato le aliquote, ma non si sono neppure avvicinati all’idea di tassa piatta. E avevano la forza politica per farlo. Dunque, in grandi paesi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, quelli che il tassapiattista Nicola Rossi liquida come “luoghi comuni” hanno prevalso sul tentativo di appiattire le aliquote.

Timor Est e la Casa Bianca

E come negli Usa e nella Gran Bretagna, la progressività, variamente modulata e corretta, vige in tutti i sistemi fiscali del mondo occidentale, a trazione liberista o socialista o nazionalpopolare. La tassa piatta invece spopola nei paesi dell’ex blocco comunista (non in tutti, vedasi la Slovacchia) oltre che in paradigmatici universi finanziari come le Isole Mauritius e le Seychelles, Jersey e la Abkhazia. Insomma, amico evasore (e sovranista), forse anche il professor Rossi avrebbe qualche difficoltà a spiegare perché il sistema fiscale di Timor Est sia preferibile a quello della Casa Bianca.

L’austerità non c’entra per nulla

In conclusione. Con le nostre fantasie fiscali l’Europa e l’austerità non c’entrano per nulla. Si tratta di scelte politiche sul crinale non solo della regolarità contabile ma anche dei criteri di giustizia distributiva. Non sono principi astratti, sono il nerbo della comunità.

Disegno: Portos

Recensioni
NESSUN COMMENTO

SCRIVI UN COMMENTO