Chi sta bluffando di più? Roma o Bruxelles?

Tra il governo italiano e il governo europeo è in atto una stizzosa guerriglia che, per fortuna, almeno fin qui, si nutre più di parole (pesanti) che di fatti. Si ha l’impressione (e si spera)

portinariTra il governo italiano e il governo europeo è in atto una stizzosa guerriglia che, per fortuna, almeno fin qui, si nutre più di parole (pesanti) che di fatti. Si ha l’impressione (e si spera) che i due contendenti si fronteggino soprattutto con un uso smodato e spregiudicato del bluff. Con modalità diverse (spacconeria intrisa di tanto infantilismo da parte italiana; seriosa pedanteria professorale da parte europea), i duellanti continuano a rilanciare, ciascuno con l’inconfessata speranza che l’avversario non abbia la nefasta volontà di andare a vedere. Sarebbero dolori a quel punto: nessuno ha in mano la scala reale, ben che vada hanno una doppia coppia. I “sovranisti” italiani alzano i toni e insultano, ma – almeno la parte più ragionevole di loro – non desiderano affatto la rottura definitiva e l’uscita dall’euro, perché sanno che avrebbe conseguenze devastanti per la salute del sistema Italia, e particolarmente per il ceto medio e i pensionati; quanto a Bruxelles, tiene botta, invocando il rispetto delle regole e minacciando sanzioni, ma è lucidamente consapevole che l’uscita dall’Italia segnerebbe il definitivo tramonto dell’Unione. Non è chiaro a nessuno come si possa uscire da questa tragicomica situazione. Più tragica che comica, per la verità, perché se ci fanno sorridere le quotidiane spacconate del duo Di Maio-Salvini (“Non arretro di un millimetro”, “Ho cancellato la povertà”, “Per la prima volta nella storia…”, eccetera eccetera), non si può non essere preoccupati per l’esito che la rottura della corda potrebbe avere per la nostra economia. In cima alla spirale dei rilanci potrebbe esserci non una tregua disarmata ma un reale tracollo economico-finanziario, che nessuna bandiera sovranista e nessun empito patriottico sarebbero in grado di attutire. Sia chiaro. Noi non crediamo affatto all’infallibilità di Bruxelles e non occorrono certo le intemerate dei leghisti per convincerci che la conduzione dell’Unione non è sempre stata serena e imparziale, anche se è solo manifestazione di puerile insolenza definire il presidente della Commissione un ubriacone.

Ma è ancora più inaccettabile che si voglia cambiare l’Unione infrangendo unilateralmente regole scritte e fin qui accettate (anche se non sempre rispettate) da tutti. In qualsiasi consesso democratico, le regole si possono cambiare. Se in Italia molti sono convinti che queste regole siano state applicate in modo vessatorio nei nostri confronti, ci si batte per modificarle, sapendo bene che battere i pugni sul tavolo e insultare, se non è un bluff (e ci si augura che lo sia) e se non è una tecnica di supporto a una autentica capacità negoziale, è solo una manifestazione di inadeguatezza ed è un importante contributo alla dissoluzione dell’Unione. L’ultimo richiamo di due protagonisti della scena europea, il responsabile degli affari economici Moscovici e il vicepresidente Dombrovskis, che con più durezza del solito hanno denunciato nel documento economico italiano “deviazione significativa” dagli obiettivi e hanno espresso preoccupazione per lo sforamento del deficit, dovrebbe far riflettere. Intanto per la personalità dei due personaggi, un socialista e un conservatore, unanimi delle consideraioni, a conferma che non c’è pregiudizio ideologico nei confronti del nostro governo. E poi perché i termini dello “sforamento” sono di dimensioni decisamente vistose. Di Maio e Salvini continuano a ripetere che loro “non si attaccano ai numerini” o con metafora ancora più giocosa che “non si impiccano allo zero virgola”. Alla faccia dello zero virgola: quei numerini sono alcune decine di miliardi, che vanno ad ingrossare il più elevato debito (Grecia a parte, se non ricordiamo male) dei paesi dell’Unione. Il nostro governo (Salvini e Di Maio, vogliamo dire, perché Conte è poco più di un Quisling) sta bluffando? Sta giocando coi “numerini” per avere almeno in cambio un atteggiamento responsabile e collaborativo dell’Europa sul tema della migrazione (e sarebbe ora)? O veramente Di Maio e Salvini sono convinti che basta intimare a uno sventurato ministro dell’economia di tirare fuori tutti i soldi necessari, anche quelli che non ci sono, per soddisfare il luna park delle loro promesse elettorali? Il bluff non può durare ancora a lungo. Purtroppo mesi di martellante propaganda contro Bruxelles e gli “euroburocrati” hanno prodotto il risultato che una parte crescente della popolazione (forse maggioritaria) giudichi ormai inevitabile, se non auspicabile, non modificare l’Unione, ma venirne fuori. Di Maio e Salvini, che tengono in mano una scalcinata doppia coppia, ne sono consapevoli? O pensano che la doppia coppia di Juncker e Moscovici sia addirittura peggiore della loro? Mai come in questo momento ci si dovrebbe tutti ricordare che la politica, nelle sue forme più costruttive, è mediazione e buon senso. Sì, il buon senso che sarà anche, come scriveva Giorgio Manganelli, la “versione da supermercato e surgelata della saggezza”. Ma è sempre preferibile al salto nel buio.

Piero Pantucci

(Ottobre 2018)

Laureata in Scienze dei Beni Culturali, blogger appassionata di cinema e teatro, talentuosa grafica e webmaster, sempre alla ricerca di nuovi stimoli e sfide, forte della sua estrazione umanista veste con grazia e competenza le testate digitali e su carta di Milanosud.

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