Cobalto: blu veleno o oro blu?

Ci sono notizie che improvvisamente appaiono sui quotidiani o sui vari media ma, altrettanto repentinamente, scompaiono senza quasi lasciare traccia nel lettore soverchiato dall’incalzare degli eventi sempre più gravi e allarmanti. Questo sarà il destino

cobalto blu

Ci sono notizie che improvvisamente appaiono sui quotidiani o sui vari media ma, altrettanto repentinamente, scompaiono senza quasi lasciare traccia nel lettore soverchiato dall’incalzare degli eventi sempre più gravi e allarmanti. Questo sarà il destino dell’articolo del giornalista del Corriere della Sera, Michele Farina, che ha voluto attirare l’attenzione su centinaia di bambini, anche di soli quattro anni che, a mani nude, scavano, dall’alba al tramonto, negli anfratti fangosi delle miniere del Congo alla ricerca del cobalto divenuto “l’oro blu”.

Riprendiamo noi l’argomento e, possibilmente, approfondiamolo. Dello sfruttamento di bambini nelle miniere della Repubblica Democratica del Congo (perché democratica?) si è già accennato, a suo tempo, denunciando il loro impiego per estrarre “l’oro bianco” ovvero il coltan. Sembra che attualmente il cobalto stia soppiantando, per valenza economica, anche il coltan pur ritenuto fondamentale per ogni tipo di apparecchiatura elettronica (compresi i missili a testata nucleare) dove, in poco volume, si ha molta carica elettrica. Sembra, ancora, che finanzieri di grandi società, dalla Svizzera a Shanghai, abbiano ammassato circa 6mila tonnellate di cobalto (20% della produzione mondiale) in attesa che la domanda di mercato sia tale da far impennare il prezzo di questo oro blu. Mentre nell’immenso territorio del Congo la miseria è tale che consente a malapena un pasto al giorno, le sue ricchezze sono considerate una maledizione che da sempre attira ladri da tutto il mondo. Gli “ori” del Congo se ne vanno in mille modi, in elicottero o varcando clandestinamente le frontiere su camion o su chiatte lungo i fiumi. Si tratta di un duplice saccheggio: il primo, ufficiale, ad opera delle multinazionali con l’appoggio del governo di Kinshasa; il secondo, di frodo, ad opera di clandestini, fra i quali numerosi bambini, che non dispongono di mezzi appropriati allo scavo e usano solo mani o qualche arnese inadeguato.

Racconta Alex Crawford di Sky News che le miniere non hanno sostegno e spesso crollano seppellendo bimbi e adulti. Nessuno di loro possiede guanti o maschere; la polvere che inalano è altamente tossica e può provocare tumori e altri malanni respiratori. Nel frattempo il Congo resta una delle nazioni più povere e sottosviluppate del pianeta mentre gli occidentali, scandalizzati, si chiedono il perché di tanta immigrazione nera. Nessuno, proprio nessuno, anche negli alti ranghi della politica, ricorda la devastazione del colonialismo in Africa. Ovviamente, siamo tutti alle prese con i problemi di casa nostra, problemi politici, esistenziali, di disoccupazione giovanile e non, ai quali va aggiunta la paura crescente (percepita o reale) di furti e rapine a volte con esiti drammatici. Mettiamoci anche i bambini siriani gassati contro ogni regola internazionale, mettiamoci gli attentati ISIS, i missili contenenti proprio coltan e cobalto. In questo scenario i problemi dei bambini del Congo sembrano lontani, non nostri; eppure li abbiamo in mano, nei nostri smartphone, nei nostri personal computer, che senza il cobalto blu non funzionerebbero essendo elemento essenziale per potenziare il litio delle batterie. I tablet, i telefonini, i pc sembrano ormai strumenti indispensabili al nostro vivere quotidiano ma, davvero, non si può ovviare all’utilizzo di materiali così perniciosi? La Apple ha dichiarato di aver interrotto temporaneamente l’acquisto di cobalto proveniente dalle miniere del Congo e anche Amnesty International e Unicef si stanno adoperando per soccorrere un’infanzia tanto infelice. Ci corre anche l’obbligo di sottolineare quanto dichiarato dal dottor Fiorenzo Marinelli, biologo ricercatore dell’Istituto di Genetica Molecolare del Cnr di Bologna: Marinelli sta conducendo studi sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici dimostrando che la radiofrequenza di radar wi-fi e cellulari interferisce con il ciclo vitale delle cellule, paventando così, secondo anche un documento Icems (International Conference on Electrical Machines and Systems), di tumore indotto da telefonino.

L’Ospedale Gemelli di Roma ha promosso ricoveri per la disintossicazione dall’uso smodato di questo moderno, seppure utile mezzo. Dal canto nostro potremmo prolungare la vita dei nostri telefonini, riducendo la social-network mania, il fenomeno narcisistico e compulsivo del selfie, usando il mezzo cum grano salis. Forse, indirettamente, salveremmo qualche piccolo congolese riducendo la produzione abnorme di questi strumenti infernali. Ma ormai, con l’incalzare furioso degli eventi cruento/terroristici, non sappiamo più quale possa essere la priorità per il nostro vivere quotidiano.

Pinuccia Cossu
(Giugno 2017)

Laureata in Scienze dei Beni Culturali, blogger appassionata di cinema e teatro, talentuosa grafica e webmaster, sempre alla ricerca di nuovi stimoli e sfide, forte della sua estrazione umanista veste con grazia e competenza le testate digitali e su carta di Milanosud.

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