Con la “Schiscetta à porter” l’Oklahoma è pronta a riaccendere la macchina della solidarietà

«Partiamo il 27 giugno con Schiscetta à porter, un picnic “da asporto” che preparerà la cucina di Albert (prenotazioni su comunicazione@oklahoma.it - Menù e foto su Facebook). Saranno dei cestini di prelibatezze per gli amici

«Partiamo il 27 giugno con Schiscetta à porter, un picnic “da asporto” che preparerà la cucina di Albert (prenotazioni su comunicazione@oklahoma.it – Menù e foto su Facebook). Saranno dei cestini di prelibatezze per gli amici dell’Oklahoma, che poi ci manderanno le foto dei loro pranzi in giro per Milano e la Lombardia. Reportage che condivideremo su sito e social. Inoltre c’è la festa dell’orto il 16 luglio. Stiamo rivedendo il programma alla luce dei protocolli di sicurezza, ma sarà certamente una grande festa!».

È pronto Andrea Cainarca, direttore dell’Oklahoma, a riaccendere la macchina di relazioni e solidarietà che è la comunità per minori di via Baroni, al Gratosoglio. Chiusi i battenti il 24 febbraio e riaperti solo il 3 giugno, ragazzi ed educatori iniziano ad accogliere di nuovo i primi volontari, in cucina e nell’orto. Il tutto con estrema prudenza ma con decisione, perché la volontà è riportare i ragazzi a confrontarsi con l’esterno, con il lavoro, la formazione, i volontari, organizzare iniziative, «che sono linfa vitale per no, per il nostro progetto educativo e per aiutarci ad andare avanti».

Andrea, come sono andati questi mesi di lockdown?

«Abbiamo vissuto la fase 1 con grande preoccupazione per quello che avveniva fuori, ma dentro abbastanza tranquilli. I ragazzi non sono più usciti ma hanno capito perfettamente la situazione. Abbiamo dovuto rinunciare a molte attività, ma dopo una prima fase di spaesamento, siamo ripartiti come tutti “a distanza” con la formazione e anche con i volontari, in cucina per esempio. C’erano solo tre ragazzi che lavoravano all’esterno, i due nella ristorazione hanno purtroppo perso l’occupazione, il terzo che lavorava come ascensorista non si è mai fermato».

Ci sono stati malati?

«Sì, ma non di Covid, per fortuna. Un ragazzo a inizio marzo ha avuto la febbre, lo abbiamo isolato per 21 giorni poi tutto è passato. Di grande aiuto in questa fase ci sono stati il medico di base, il dottor Martina, e una volontaria pediatra, che ci hanno sostenuto».

E ora con la fase 2 cosa succede?

«I ragazzi cominciano a uscire, tre ore al giorno, non possono usare i mezzi pubblici. Insomma abbiamo lavorato con loro per responsabilizzarli. Noi educatori indossiamo le mascherine, ci sono zone della comunità che non possono essere frequentate, ci proviamo la febbre due volte al giorno. Più faticoso progettare il futuro».

Quali sono le difficoltà che dovrete affrontare?

«Per i ragazzi che finiscono la terza media che in modo naturale avrebbero dovuto intraprendere l’inserimento lavorativo, la situazione ora è difficile perché tutto è fermo, o quasi. Poi dobbiamo valutare se alcuni percorsi formativi, come quello nel settore della Ristorazione è ancora valido da un punto di vista lavorativo, considerata la crisi in cui attualmente versa. Infine, a parte la OklaMarathon 2020, che quest’anno è stata digitale ma entusiasmante, dopo circa tre mesi di stop dobbiamo ricominciare anche con gli eventi e le manifestazioni, per ritrovare tutti gli amici e raccogliere fondi, che per noi non sono qualcosa in più, ma rappresentano una parte significativa della sostenibilità economica delle Comunità Oklahoma».

Cosa rimane di positivo di questi mesi?

«La maturità dei ragazzi, che hanno capito la situazione e si comportano con responsabilità, la vicinanza dei Servizi sociali del Comune che ci daranno qualche mese in più per completare il percorso formativo, la generosità di soggetti come la Fondazione Rava, che ci ha donato dei computer per fare formazione, infine la bellezza delle relazioni, che si è manifestata anche durante il lockdown con le volontarie che per non farci sentire lontani ci hanno preparto arrosti e torte. E anche questo i ragazzi l’hanno capito. Ecco, ripartiamo da qui».

Foto e immagini di Roberta Ranalli.

Giornalista dello scorso millennio, appassionato di politica, cronaca locale e libri, rincorre l’attualità nella titanica impresa di darle un senso e farla conoscere, convinto che senza informazione non c’è democrazia, consapevole che, comunque, il senso alla vita sta quasi tutto nella continua rincorsa. Nonostante questo è il direttore “responsabile”.

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