Conte: il 3 giugno si apre. Eppure c’è chi denuncia «magheggi sui numeri del virus». La Regione: «Li quereliamo»
Ore cruciali ieri sera tra il premier Conte, il ministro della Salute Speranza e i capi delegazioni per la decisione sugli spostamenti tra le Regioni e sugli ingressi dall'area Schengen. Difatti i dati dell'ultimo monitoraggio
Ore cruciali ieri sera tra il premier Conte, il ministro della Salute Speranza e i capi delegazioni per la decisione sugli spostamenti tra le Regioni e sugli ingressi dall’area Schengen. Difatti i dati dell’ultimo monitoraggio settimanale presentato dalle regioni, non rilevano criticità eppure vi è la presenza di forti eterogeneità tra regioni del Nord e le altre. E c’è chi denuncia che nel monitoraggio non ci siano tutti i 21 indicatori fissati nel Decreto Ministero Salute del 30 aprile, necessari per inquadrare la situazione su presupposti scientifici e per stabilire l’apertura degli spostamenti tra regioni. Mancano le tabelle Rt e i dati sull’occupazione dei letti ospedalieri.
Il fatto è che la Lombardia rimane la regione con il più alto numero di casi attualmente positivi: i dati del 29 maggio indicano che sono 22.683 su 46.175 (il 50%) di cui 3.552 ricoverati con sintomi, 173 in terapia intensiva e 18.958 positivi in quarantena. Eppure, dicono gli esperti, è tutto sotto controllo. Per il ministro alla Sanità Speranza «I dati del monitoraggio sono incoraggianti. I sacrifici importanti del lockdown hanno prodotto questi risultati. Dobbiamo continuare sulla strada intrapresa con gradualità e cautela». Anche se permane «un contesto di trasmissione diffusa del virus con incidenza molto diversa nelle 21 Regioni». Insomma appare chiaro che i riscontri scientifici vengano adombrati da pressioni di tipo economico-politico, anche se giustificati da un lockdown di quasi tre mesi.
E in Lombardia? L’altro ieri il presidente Attilio Fontana proclamava sorridente che i numeri erano positivi, e che senza dubbio i cittadini lombardi il 3 giugno sarebbero stati liberi di circolare nelle altre regioni. Ieri invece Gallera sembrava più propenso ad aprire i confini l’8 giugno.
Di mezzo c’è il report sul post-lockdown pubblicato ieri dalla Fondazione Gimbe, organizzazione no profit indipendente, che ha costruito un dataroom sull’epidemia: una ricerca indipendente di divulgazione pubblica e supportata con dati ufficiali dell’Oms, dell’ISS, del Ministero della salute e della Protezione civile. “Coronavirus: Lombardia, Liguria e Piemonte non sono pronte alla riapertura. Stop ai regionalismi, serve unità nazionale”. L’alto là proviene da Federico Cartabellotta, presidente Gimbe, interpellato a suo tempo in Commissione igiene e e sanità al Senato.
«Magheggi sui numeri del virus»?
No, piuttosto le analisi post lockdown della Fondazione Gimbe dimostrano che in queste tre regioni c’è la percentuale più alta di tamponi diagnostici positivi e il maggior incremento di nuovi casi, a fronte di una limitata esecuzione di tamponi diagnostici. «I dati dell’ultimo monitoraggio riflettono le riaperture del 4 maggio, ma non ancora quelle molto più ampie del 18 maggio, che potranno essere valutate nel periodo 1-14 giugno, tenendo conto di una media di 5 giorni di incubazione del virus e di 9-10 giorni per ottenere i risultati del tampone».
Pertanto a 23 giorni dall’allentamento del lockdown, la curva del contagio non appare adeguatamente sotto controllo in Lombardia, Liguria e Piemonte. Sarebbe stato quindi preferibile, secondo Gimbe, scaglionare gli interventi di apertura di tre settimane in tre settimane.
Cartabellotta fa presente inoltre che i dati non sono omogenei tra le regioni. In Lombardia i tamponi “diagnostici” sono accumulati con quelli di “controllo”, i numeri di test effettuati non sono correlati alla situazione epidemiologica delle regioni…; il numero medio giornaliero di tamponi “diagnostici” per 100.000 abitanti è incredibilmente esiguo rispetto alla massiccia attività di testing e tracing necessaria nella fase 2 e nelle successive: «La media nazionale attualmente è di 88 tamponi ogni 100mila abitanti, ma non si capisce perché alcune regioni ne facciano 35 e altre 244». Sembra che ci sia un gioco di rimpallo di responsabilità tra governo e regioni: «i reagenti ci sono, ma anche una certa reticenza di alcune regioni nell’effettuare un numero rilevante di tamponi. In definitiva: più tamponi fai più casi scopri e più si innalza il rischio di lockdown o di mancate riaperture».
Infine, la ricerca attiva di contagi asintomatici e la tracciatura dei loro contatti sembrano non rappresentare una priorità nonostante siano strumenti indispensabili della fase 2 e successive. «Oggi le stime dicono che ci sono da 5 a 6 milioni di asintomatici – fa presente il ricercatore – da qui sorge la necessità di una massiccia campagna di testing, ossia di tamponi non a tappeto ma a sottocategorie (cassiere dei supermercati, autisti mezzi pubblici tassisti, forze dell’ordine) che hanno maggiore probabilità di essere infette e al tracciamento dei loro contatti e all’isolamento domiciliare, altrimenti questo potrebbe diventare un serbatoio di contagi che viaggia sottotraccia e che un domani potrebbe esplodere.
Secondo Cartabellotta la scadenza del 3 giugno mette il governo davanti a una decisione che, se guidata da dati non del tutto affidabili, sarebbe preferibile avvenisse «sotto il segno della solidarietà tra regioni e dell’unità nazionale». La strategia delle tre T “test – track – trace” e la regola molto semplice del distanziamento sociale e delle mascherine per fronteggiare eventuali recrudescenze epidemiche, non possono fare a meno «della consapevolezza che noi non possiamo riprendere a fare le cose nel modo in cui si facevano prima».
Di seguito i grafici relativi alla Lombardia aggiornati al 27 maggio della Fondazione Gimbe
1.Casi di COVID-19 (pazienti isolati, ricoverati, guariti, deceduti): il grafico illustra la percentuale dei casi di infezione da Coronavirus in Italia suddivisi per setting assistenziale (isolamento domiciliare, ricovero ospedaliero, ricovero in terapia intensiva) e la percentuale di pazienti guariti e deceduti.
2. Andamento dei casi di COVID-19 a livello provinciale: il grafico illustra l’andamento in termini assoluti dei casi di infezione da Coronavirus in Italia.
3. Prevalenza e incremento percentuale dei casi di COVID-19: il grafico illustra il posizionamento delle Province in relazione alle medie regionali di prevalenza e incremento percentuale dei casi (settimana 22-28 maggio).