Decreto Cura Italia ok, ma per i lavoratori autonomi si deve fare di più

In Italia ci sono oltre 5 milioni di lavoratori autonomi (solo in Lombardia 777mila), hanno un reddito medio sotto i 30mila euro, coprono circa il 23% degli occupati e l’Irpef media versata dai lavoratori autonomi

In Italia ci sono oltre 5 milioni di lavoratori autonomi (solo in Lombardia 777mila), hanno un reddito medio sotto i 30mila euro, coprono circa il 23% degli occupati e l’Irpef media versata dai lavoratori autonomi è di 5.091 euro (dati 2018). Insomma, costituiscono una fetta molto importante del sistema produttivo italiano. Importante ma vulnerabilissimo – perché senza tutela, rappresentanza e in balia delle oscillazioni del mercato -, che la quarantena e la successiva presumibilmente lenta ripresa rischia di distruggere, creando un esercito di disoccupati e privando l’economia di preziose professionalità.

Il decreto Cura Italia, forse per la prima volta, tiene conto di questa fetta di lavoratori. E già questo è un successo, considerato il pregiudizio che pesa su di loro, ancora visti come privilegiati, mentre sono ormai nella stragrande maggioranza dei precari. È certo però che 600 euro sono pochi, troppo pochi. Di certo non corrispondono al reddito medio di un lavoratore autonomo, che si è fermato o sta lavorando molto poco. Disparità evidente se consideriamo che un dipendente in cassa integrazione, per esempio, subisce una percentuale di riduzione dello stipendio di circa il 20%. E lo stipendio arriva ogni mese, mentre i 600 euro previsti dal governo sono, al momento, una tantum. Nel Decreto Cura Italia infine si indica l’Inps come ente erogatore: e chi come gli agenti di commercio, i professionisti, i commercianti, i lavoratori dello spettacolo sono iscritti ad altre casse? Al momento non si sa. 

Anche il provvedimento che introduce la moratoria fiscale dei versamenti tributari fino il 31 maggio e la possibilità di dilazionarli fino un massimo di 5 rate mensili, senza sanzioni e interessi, è poco lungimirante. Difficile pensare che prima dell’estate il mondo del lavoro autonomo possa riprendere a pieno regime, ed essere in grado di pagare le tasse arretrate e quelle che gli arriveranno nei mesi successivi. Se le cose rimangono così il rischio di “soffocamento” fiscale è molto concreto.  

Vedremo se i decreti attuativi del Cura Italia scioglieranno almeno in parte i dubbi e se il prossimo decreto, già annunciato per aprile, riuscirà colmare le lacune di quello di marzo. La situazione rimane difficilissima e lo è anche per chi ci governa e deve decidere, ma se vogliamo creare le condizioni perché l’economia italiana e lombarda in particolare si ibernino per essere pronte per una ripartenza estiva bisogna fare di più.

Giornalista dello scorso millennio, appassionato di politica, cronaca locale e libri, rincorre l’attualità nella titanica impresa di darle un senso e farla conoscere, convinto che senza informazione non c’è democrazia, consapevole che, comunque, il senso alla vita sta quasi tutto nella continua rincorsa. Nonostante questo è il direttore “responsabile”.

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