Diluvio di applausi per Lella Costa e Francesco Micheli che raccontano Lucia di Lammermoor al Teatro Carcano. Il 4 aprile è la volta del Don Giovanni di Mozart e delle sue tre donne

Il melodramma? La più geniale invenzione italiana per cui siamo conosciuti nel mondo, il vero romanzo popolare. Quando cinema e tv non esistevano, il pubblico seguiva con la stessa passione l’opera lirica. Ci voleva la sfarfalleggiante

Il melodramma? La più geniale invenzione italiana per cui siamo conosciuti nel mondo, il vero romanzo popolare. Quando cinema e tv non esistevano, il pubblico seguiva con la stessa passione l’opera lirica. Ci voleva la sfarfalleggiante ironia di Lella Costa insieme all’irruenza pasionaria (e la sua competenza tecnica) di Francesco Micheli per dare ancor più energia e forza a un progetto che vuol far conoscere al grande pubblico, giovani in primis, l’opera lirica. Una forma di spettacolo – il recitar cantando – capace con i capolavori del passato di continuare a farci piangere, ridere e riflettere. Al Teatro Carcano (in omaggio a una gloriosa tradizione, che risale ai tempi in cui il Teatro costruito ai primi dell’Ottocento, si impose come alternativa privata alla Scala) ha preso avvio un nuovo ciclo di conversazioni dedicate all’opera che dopo l’appuntamento del 14 marzo “Per caso, per sbaglio, per amore: eroine all’opera – Lucia (G. Donizetti)”, vedrà un incontro il 4 aprile prossimo sulle tre donne del Don Giovanni di Mozart: Donna Anna, Donna Elvira e Zerlina.

Per caso, per sbaglio, per amore”. Ma attenzione: queste conversazioni non hanno niente a che fare con le solite, magari brillanti conferenze musicologiche. Sul palco, con una disinvoltura scenica assoluta, Francesco Micheli, vulcanico direttore artistico del Donizetti Opera, regista e brillante divulgatore («credo fortemente nella necessità che l’opera debba conquistare nuovo pubblico perché è patrimonio di tutti») e una sempre sorprendente Lella Costa – attrice, scrittrice e drammaturga oggi anche codirettrice artistica del teatro milanese assieme alla regista Serena Sinigaglia – hanno raccontato a chi ama la lirica e a chi vuole conoscerla la Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, opera amatissima dal pubblico fin dal suo primo trionfale debutto al Teatro San Carlo di Napoli nel 1835. Ispirata al romanzo di Walter Scott, The Bride of Lammer, l’agghiacciante ricomparsa della povera Lucia impazzita di dolore tra gli inorriditi ospiti del ricevimento di nozze, sporca di sangue e con i capelli in disordine, è diventata una delle scene più celebri di tutta letteratura operistica.

Gli ingredienti tipici del dramma strappalacrime ci sono tutti: l’amore contrastato e impossibile, le rivalità tra le famiglie, la fanciulla obbediente, il matrimonio forzato, la pazzia e infine la morte, in un crescendo di eventi drammatici. Dribblati però con tocchi di ironia intelligente e sapiente leggerezza. Sicuramente si ride. Giocando con gli eccessi del melodramma, però senza eccedere in una parodia, impossibile davanti alla musica sublime, sullo sfondo dei nebbiosi paesaggi e dei tetri manieri della Scozia di fine Cinquecento. Lucia di Lammermoor racconta, così sintetizzano la trama la coppia Micheli Costa, «La storia di una ragazza docile, educata a dire sempre sì, costretta con l’inganno dal prepotente fratello Enrico a sposare un uomo che non ama, lo scialbo ma ricco e potente Arturo, e separarsi da Edgardo, a cui ha giurato eterno amore. Per il dolore andrà fuori di senno, e pugnalerà il povero Arturo alla prima notte di nozze. Appresa la notizia della morte di Lucia, che si spegne nel delirio, Edgardo, affranto e disperato, si toglie la vita».

«È la dimostrazione disperata che solo la morte può ricongiungere due anime innamorate“, commenta ironica Lella Costa. Che fornisce anche una chiave di lettura della pazzia di Lucia: «In tutta la sua paradossale lucidità, appare come l’unica via d’uscita “sensata” dalle costrizioni», la sola difesa possibile dei propri sentimenti e della propria identità contro la logica del potere dell’uomo.    

Momenti a tratti persino di esilarante comicità, per esempio quando Lella Costa sopra il magnifico abito di Antonio Marras si avvolge uno scialle tartan, ad impersonare il Lord scozzese Arturo, che si sono alternati ad attimi di commozione, quando è risuonata in teatro la straordinaria voce di Maria Callas in alcune delle più celebri arie dell’opera.

Finale sorprendente, cinematografico: scorrono le immagini del Il Quinto Elemento, il  film di fantascienza del 1997 diretto da Luc Besson con Bruce Willis e Milla Jovovich. Un film di azione ambientato nel futuro, con armi avveniristiche, scontri, cattivi da combattere. Ma a un certo punto, lì, su una navicella spaziale dell’anno 2263 si apre un sipario e una bellissima donna aliena inizia a cantare un’aria della Lucia di Lammermoor. “Il dolce suono mi colpì di sua voce!” (a cui prestò la voce la soprano albanese Inva Mula). Ecco come sarà la musica del futuro.  Per Besson, ripreso da Micheli, un teatro all’italiana con un’aliena che canta arie d’opera. Applausi calorosi da parte di un pubblico decisamente divertito. Lunga vita al melodramma. 

Si occupa della sezione Cultura e Società per donneinsalute.it; da free lance ha collaborato con le maggiori riviste femminili (Anna, Donna Moderna, La Repubblica delle donne, Glamour, Club 3). È stata redattore del mensile Vitality di Psychologies magazine e Cosmopolitan, occupandosi di attualità, cultura, psicologia. Ha pubblicato le raccolte di poesie “Come un taglio nel paesaggio” (Genesi editore, 2014) “Sia pure il tempo di un istante” (Neos edizioni, 2010).

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