Dopo un caso di positività all’Arcadia parla il dirigente scolastico: «Un’eventualità alla quale sapevamo di dover essere pronti»

Una classe delle medie in quarantena fiduciaria dopo che è stato individuato un caso di positività al Coronavirus. Accade, da lunedì 5 ottobre, all’Istituto comprensivo Arcadia (oltre 1.200 studenti suddivisi in 21 classi delle medie

Una classe delle medie in quarantena fiduciaria dopo che è stato individuato un caso di positività al Coronavirus. Accade, da lunedì 5 ottobre, all’Istituto comprensivo Arcadia (oltre 1.200 studenti suddivisi in 21 classi delle medie e 39 classi delle elementari). Come disposto dall’Ats, tra qualche giorno tutti gli studenti di quella classe saranno sottoposti a tampone.

«Un’eventualità alla quale sapevamo di dover essere pronti», dice il dirigente Gianpaolo Bovio. Del resto, il database allestito nelle scorse settimane dai ricercatori Lorenzo Ruffino e Vittorio Nicoletta (il primo della Scuola di Economia di Torino, il secondo del Politecnico di Milano) ha registrato casi analoghi a questo in oltre mille scuole di tutto il Paese.

All’Arcadia l’estate è servita ad un lungo lavoro di preparazione del ritorno in classe: studio del distanziamento, valutazione degli effetti di quell’indispensabile lontananza sul modo di fare e ascoltare le lezioni. Ma dal 14 settembre c’è anche la gioia di essere di nuovo insieme: con regole precise, ma anche con serenità. Nonostante lo stop imposto ad una classe. Bovio sintetizza così: «Niente è come prima, ma facciamo tutte le cose che facevamo prima. La nostra progettualità va avanti».

Naturalmente, la paura c’è. «Abbiamo creato un ambiente dove ciascuno sappia dove andare, come muoversi e dove stare. I segni colorati sul pavimento indicano a ciascuno il suo posto, e questo inquadramento dà sicurezza. In questo ambito la mascherina viene accettata anche dai bambini: perché anche loro hanno le loro paure. Agli insegnanti raccomandiamo di stare sempre attenti – sono i più esposti – e forniamo mascherine FFp2».

Sul sito della scuola si possono consultare i percorsi e gli orari previsti per gli ingressi scaglionati. «Ma insieme abbiamo anche riscoperto diversi ambienti: atrii, mense, biblioteche che ora hanno una nuova funzione. E i nostri insegnanti hanno messo a punto uno studio sugli spazi esterni: così abbiamo anche diverse aule all’aperto. La tale classe, per esempio, ha la sua aula en plen air sotto il tale albero. Sta funzionando».

Nessun problema di spazi quindi? «Alcune classi sono più affollate, la situazione è in continuo aggiornamento. Creare ambienti dove si sta distanti non basta, bisogna fare i conti anche con i cambiamenti che la didattica subisce. Ci sono, per esempio, momenti di quiete, ma anche altri momenti nei quali bambini e ragazzi tendono a raggrupparsi». E qui entrano in gioco i protocolli e le regole insegnate giorno per giorno, i pallini colorati sui pavimenti che ciascuno impara a seguire.

«In fondo la scuola fa quello che ha sempre fatto, cioè cerca di educare al rispetto degli altri. Anche la distanza di sicurezza e la mascherina sono un modo di tutelare chi sta con noi». Nascono anche nuove esperienze: «Il Politecnico ci ha aiutato a delineare una serie di itinerari nel quartiere Gratosoglio. Camminate alla scoperta della natura e della storia, ad esempio in alcuni luoghi della Resistenza. Saranno lezioni peripatetiche, fatte camminando».

Anche le classi ad indirizzo Ambiente e Montagna sono tornate: «Perché le richieste erano tantissime». Si comincia in quarta elementare, si prosegue fino alla terza media. Conferma anche per le due sezioni montessoriane e le due musicali: «Niente musica d’insieme ampia, ma in gruppi piccoli certamente sì. Anche la collaborazione con il Coro delle voci bianche della Scala è ripresa».

Come è stato ritrovarsi dopo tanti mesi di didattica a distanza, di lezioni su Zoom e di collegamenti da casa? «Eravamo tutti esausti, tornare a scuola è stato bello per insegnanti e ragazzi. Nelle classi, oggi, c’è una atmosfera di concentrazione bellissima». Si dice e si legge che la didattica a distanza abbia accentuato il divario tra famiglie più o meno agiate e famiglie in difficoltà. «Noi abbiamo fatto di tutto per colmare quel distacco. Abbiamo distribuito circa 200 computer e attivato altrettanti abbonamenti per i collegamenti. Abbiamo anche avuto diverse sorprese positive, da chi ha scoperto una forma di partecipazione che prima non conosceva».

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