Einstein e non Copernico, per una scuola che armonizzi il passato con il presente
È iniziato un nuovo anno scolastico. L’anno del ritorno alla normalità senza la spada di Damocle di Dad e quarantene? Difficile esserne certi con questo inesorabile avvicendarsi di “varianti” sempre più contagiose, ma facciamo esercizio
È iniziato un nuovo anno scolastico. L’anno del ritorno alla normalità senza la spada di Damocle di Dad e quarantene? Difficile esserne certi con questo inesorabile avvicendarsi di “varianti” sempre più contagiose, ma facciamo esercizio di ottimismo e supponiamo di sì. E allora chiediamoci: cosa rimarrà nei ragazzi e nella scuola di questi quasi tre anni di pandemia?
Si sarà chiusa una drammatica parentesi che piano piano diventerà un ricordo sempre più affievolito o, come blateravamo dai balconi durante il primo lockdown, nulla tornerà come prima? Per la scuola, diciamocelo francamente, che qualcosa cambi ci sarebbe davvero da augurarselo. La Dad ha messo in evidenza due cose: da un lato la capacità degli studenti – mi riferisco in particolare a quelli delle scuole superiori – di rendersi più autonomi nello studio e più capaci di attingere da quell’inesauribile “ipertesto” che è la rete; dall’altro, l’imprescindibilità della figura del docente e delle “relazioni” che sono parte essenziale nella formazione complessiva di un individuo.
Da queste evidenze potrebbe scaturire, se fossimo conseguenti e un po’ coraggiosi, una rivisitazione del modo di studiare, apprendere, confrontarsi, valutare ed essere valutati. Oggi, con l’accesso alla rete a portata di mano H24, la capacità di reperire l’informazione giusta al momento giusto potrebbe essere considerata un’abilità forse addirittura più versatile e utile della capacità (anche questa comunque importante) di memorizzare date, nomi e formule?
La relazione con l’insegnante si potrebbe arricchire di spazi non strettamente finalizzati alla didattica? Al posto della classica settimana di “autogestione o cogestione”, dove si organizzano anche iniziative interessanti, ma in un contesto spesso di rivalsa tra studenti e docenti, si potrebbe pensare a piccoli spazi settimanali di approfondimento organizzato dagli studenti? Ma, soprattutto, si potrebbe metabolizzare, da parte di molti docenti, che non si tratta di perdite di tempo o di inutili rallentatori del programma da svolgere, ma di momenti di crescita? E se è vero che i programmi curriculari non consentono diversivi se vogliono essere completati in tempo, è davvero impensabile una revisione che “asciughi” un po’ da qualche parte per dare spazio a qualcosa di nuovo?
In definitiva, si potrebbe immaginare non di mettere in cantina il passato, ma di armonizzarlo con il presente? Qui non si tratta di ribaltare le cose come dovette fare giustamente Copernico quando fu evidente che fosse la Terra a girare intorno al Sole e non viceversa, ma di operare come quando Einstein introdusse la relatività, che non mandò in pensione la meccanica classica, ma la arricchì di nuovi sbocchi. Analogamente la visione “classica” di didattica, criteri valutativi e funzione sociale della scuola dovrebbero essere rimodulati sulla base dell’esperienza vissuta in questi anni.
Spesso diciamo, e non a torto, che le istituzioni sono lontane dai cittadini; cerchiamo almeno di avvicinare quanto più possibile l’istituzione-scuola ai cittadini-adolescenti