“Il fatto non sussiste”. Lo dice la Corte d’Assise di Milano: diritto all’autodeterminazione individuale
Per il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano il 23 dicembre 2019 è stata una data storica perché "la decisione della Corte realizza pienamente il significato dell'articolo 2 della Costituzione che mette l'uomo al centro della vita sociale
Per il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano il 23 dicembre 2019 è stata una data storica perché “la decisione della Corte realizza pienamente il significato dell’articolo 2 della Costituzione che mette l’uomo al centro della vita sociale e non lo Stato”. Con la sentenza dei giudici della Corte d’Assise di Milano, che ha assolto Marco Cappato, politico e difensore di diritti, “perché il fatto non sussiste” è stata corretta l’”ingiustizia legale” che lo aveva accusato di ‘aiuto al suicidio’ per avere accompagnato nel 2017 Fabiano Antoniani, il Dj Fabo, cieco e tetraplegico dopo un incidente, a morire in una clinica svizzera a Zurigo. La strada era stata già tracciata dalla Consulta. La Corte d’Assise l’ha proseguita e, dopo una breve camera di consiglio, lo ha pienamente assolto.
Quattro le condizioni per la non punibilità dell’aiuto al suicidio previste dalla Corte Costituzionale.”Il soggetto agevolato si identifichi in una persona a) affetta da una patologia irreversibile e (b) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova assolutamente intollerabili, la quale sia (c) tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, ma resti (d) capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.
Prima della sentenza Marco Cappato ha voluto pronunciare di nuovo le motivazioni del suo gesto e la successiva immediata autodenuncia al rientro in Italia, rischiando consapevolmente la galera, così come le aveva ripetute in ogni fase del processo. «La mia è una motivazione di libertà, di diritto all’autodeterminazione individuale, naturalmente all’interno di determinate condizioni. Per questo ho aiutato Fabiano». Da anni Cappato, militante radicale da una vita, con l’Associazione Coscioni ha lottato per modificare le leggi sui diritti civili, dalla fecondazione alla liberalizzazione delle droghe e per ottenere una legge sull’eutanasia.
Già alcuni giorni prima, il 19 dicembre, la giurisprudenza aveva fatto di nuovo le veci del Parlamento, in tema di diritti civili. Con la sentenza sulla coltivazione della cannabis, non costituirà più reato tale attività “se lo scarso numero di piante ed il modesto quantitativo di prodotto ricavabile appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore”.
Il caso giudiziario di Cappato riguardava “l’incriminazione di chi, interrotto il sostegno vitale, agevoli la morte del malato che lo richieda consapevolmente perché, straziato dal dolore e senza possibilità di lenimento, ritenga non più conforme a dignità la propria esistenza”. Secondo Luigi Manconi, sociologo ed ex senatore del PD, rifacendosi al libro Elogio del diritto dei filosofi Massimo Cacciari e Natalino Irti, la complessità dell’oggi rende ancor più articolata e inquieta la relazione tra norma e giustizia, Nomos e Dike. “Antigone, in contrasto con le leggi di Creonte, si appella a Dike, sorella della Pace (Irene) e dell’Ordine (Eunomia ), nata da Zeus e Themis, dea delle leggi eterne, non scritte, in nome di una superiore giustizia. Attorno a questo possibile conflitto tra ius quia iustum (diritto che è tale perché giusto) e ius quia iussum (diritto tale per il solo fatto di essere sancito), si dipana uno dei temi centrali della scienza giuridica che Cacciari e Irti ripercorrono. E ciò al fine di ricercare un parametro ulteriore con cui correggere quell’“ingiustizia legale” cui la mera legalità formale può giungere”.
Ora tocca al Parlamento legiferare sul suicidio assistito come chiede la Corte d’Assise Ha avuto un anno di tempo senza combinare nulla. E lo chiedono gli italiani che, secondo l’ultimo sondaggio Swg, il 93 per cento degli italiani è favorevole all’eutanasia.