“Il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza”
Il filosofo Karl Popper (quello della “Tv cattiva maestra”, per intenderci), nella sua opera probabilmente più significativa, “La Società aperta e i suoi nemici”, scrive: “il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza”. In un momento
Il filosofo Karl Popper (quello della “Tv cattiva maestra”, per intenderci), nella sua opera probabilmente più significativa, “La Società aperta e i suoi nemici”, scrive: “il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza”. In un momento come questo, in cui stiamo lentamente scivolando, in modo apparentemente indolore, verso un modello di “società chiusa”, involuta culturalmente e politicamente, tendenzialmente proiettata verso una riduzione (anche se la chiamano “maggiore regolamentazione”) delle libertà individuali, dovremmo porre grandissima attenzione alle parole di Popper.
La sensazione è che ci siamo completamente dimenticati di “vigilare”, dando per scontato che le libertà che sono state faticosamente conquistate (talvolta anche a prezzo della vita) dalle generazioni che ci hanno preceduto, ci fossero, chissà perché, garantite per sempre. Per ragioni anagrafiche i testimoni oculari del più prezioso evento dell’Italia moderna in tema di libertà – sì, parlo proprio di quello che si celebra il 25 aprile – sono sempre meno e con il tempo si affievolisce anche il ricordo delle generazioni degli anni ‘50 e ‘60 che il fascismo non l’hanno visto però hanno ascoltato il terribile racconto dei loro genitori e familiari. Ma la lotta per le libertà non si è esaurita in quel momento; ha continuato, passo dopo passo, per garantire a tutti noi quella che il filosofo liberale (liberale vero) Johan Stuart Mill chiama “una vita degna di essere vissuta”.
Siamo ancora in tanti, in tantissimi, a poter ricordare le battaglie per il divorzio, per l’aborto e l’autodeterminazione della donna, per il nuovo diritto di famiglia, per l’abolizione del delitto d’onore e, più recentemente, per le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Eppure anche questo ricordo diretto sembra essersi assopito e fingiamo di non vedere le piccole ma inquietanti crepe che stanno minacciando l’impalcatura che regge le libertà conquistate.
Se le premesse sono queste che ne sarà delle generazioni future e, per non andare troppo oltre, dei nostri adolescenti che queste “libertà” se le sono trovate tutte gratis e che le danno per scontate come danno per scontato che uno smartphone sia touch screen e non ci siano tasti da pigiare? Sarebbe bello se, come proposito per l’anno nuovo, decidessimo – ciascuno per il ruolo e le competenze che ha – di creare un po’ di memoria storica nei giovani. Non credo che si annoierebbero, perché capirebbero che queste libertà che dobbiamo difendere sono il loro futuro. Le battaglie per il divorzio e l’aborto (tanto per citarne due) le hanno fatte prevalentemente i giovani, perché sapevano che avrebbero inciso sulla loro vita. E anche oggi nella difesa di queste libertà i giovani saranno strategici e indispensabili. A condizione, però, che qualcuno li avverta dei rischi che stiamo correndo.