Il ritorno a scuola? «Il più normale possibile»
«Il più normale possibile». Lo vorrebbe così, Carolina (quinto anno al liceo classico Berchet), il suo ritorno a scuola a settembre. Il ritorno a scuola dell’anno 2020-2021 che si prospetta come l’anno scolastico più imprevedibile
«Il più normale possibile». Lo vorrebbe così, Carolina (quinto anno al liceo classico Berchet), il suo ritorno a scuola a settembre. Il ritorno a scuola dell’anno 2020-2021 che si prospetta come l’anno scolastico più imprevedibile della storia, almeno di quella che tutti noi ricordiamo. Paradossalmente ancora più complicato del precedente, perché di fronte all’emergenza improvvisa del covid si è fatto (bene o male) quello che si è potuto e l’improvvisazione era più che comprensibile e giustificabile. Per il prossimo anno, no. Non possiamo invocare la “sorpresa”; sono mesi che se ne sta parlando e si ha il dovere di immaginare e proporre qualcosa di ragionato. Almeno si spera.
Vero è che in una situazione così imprevedibile, dove il contagio non accenna a cessare, ma i casi gravi sembrano diminuire e dove – diciamolo – anche esperti e scienziati hanno poche certezze, progettare qualcosa di rigorosamente definito, rischia in poche settimane di essere completamente starato (per eccesso di prudenza o di permissività) rispetto alle esigenze del momento.
Ma, qualunque siano le decisioni che si prenderanno, l’importante è che si abbia come punto di riferimento il desiderio di Carolina e di migliaia di altri studenti: “il più normale possibile”.
“La prudenzia non è mai troppo”, diceva il mitico Totò, e siamo tutti d’accordo che si debba essere prudenti nel progettare la logistica del prossimo anno scolastico, ma non dobbiamo rendere la scuola – solo la scuola – un’inspiegabile “zona sterile” in un contesto sociale e cittadino che non lo è.
Tampone e test a tutti il primo giorno di scuola? Ok; e il secondo giorno? Il terzo? Che garanzia abbiamo che il virus non ce lo prendiamo durante il weekend?
Certo, sei ore gomito a gomito nelle aule pollaio a cui siamo abituati non sono sane, ma forse questa emergenza dovrebbe farci capire che “non sono sane” a prescindere dal coronavirus. Alcuni ripensamenti sulla scuola – indotti dalla situazione contingente – dovrebbero diventare strutturali.
L’emergenza ci ha fatto comprendere nitidamente che la scuola – “il più normale possibile” – è indispensabile per bambini e adolescenti; è parte integrante del processo formativo ed evolutivo, e che la didattica a distanza va bene come il rifugio sotto le bombe, ma non è un “luogo” in cui vivere. Ma qualcosa da conservare e da integrare con la scuola “normale” c’è.
«Impari a studiare in modo diverso, ad approfondire meglio, a gestire meglio i tempi. La scuola a scuola è indispensabile, ma qualcosa può essere gestito a distanza, specie se resta il problema del distanziamento», dice Claudia che l’anno venturo frequenterà l’ultimo anno all’Istituto Varalli.
Un disarmante buonsenso che ci piacerebbe caratterizzasse pensiero e azioni di chi deve decidere le sorti di questo imprevedibile anno scolastico 2020-2021.