Il sangue degli italiani e il vocabolario della ragione
Non so se i lettori di Milanosud abbiano le idee chiare su cosa significhi Mes. Io personalmente, anche grazie ai molti punti esclamativi che vengono apposti a questa sigla, sento piuttosto urgere la curiosità dei
Non so se i lettori di Milanosud abbiano le idee chiare su cosa significhi Mes. Io personalmente, anche grazie ai molti punti esclamativi che vengono apposti a questa sigla, sento piuttosto urgere la curiosità dei punti interrogativi. Il primo interrogativo, il principale, riguarda proprio il significato (politico-economico) di questo Meccanismo Europeo di Stabilità. E la ferocia dell’assalto mediatico – che come al solito privilegia il bombardamento sloganistico al ragionamento – non facilita affatto la comprensione. Al punto in cui siamo, non so se questo Mes sia cosa buona e giusta. Ma non mi sento di affermare neppure il contrario.
Il peso del Mes
Credo si possa dire che questo nuovo strumento di controllo finanziario, quand’anche non tutelasse gli interessi dell’Italia, non sarebbe l’apocalisse. Per due semplici ragioni. La prima, di merito, perché il MES (quando fosse ratificato, perché finora non lo è stato) è congegnato in modo che se uno degli Stati contraenti non ne chiede o non ne accetta l’applicazione, non si ha alcun effetto pratico. Insomma nessun miliardo volerebbe nostra insaputa dalle tasche degli italiani ai caveau delle banche tedesche. La seconda, di natura più generale, è che nessuna legge, nessun provvedimento, nessun trattato dei molti che hanno caratterizzato sin qui la vita dell’Unione Europea ha mai prodotto effetti mortali per i destini dell’Italia (altrettanto non può dire la Grecia). Anche quando – cioè sempre più spesso – si è gridato al disastro, alla svendita, all’olocausto, e al golpe naturalmente (Berlusconi affermò di averne subiti quattro in rapida successione; e sì che il golpe non è uno scippo consumato nei corridoi di Palazzo Chigi).
Errori e crimini
Che molte volte i governi che si sono succeduti abbiano commesso errori è più che probabile, in certi casi sicuro. Che ogni errore, presunto o tale, debba essere ascritto alla categoria dei crimini è difficile da spiegare razionalmente. Ma ci stiamo ottusamente assuefacendo a questa overdose di linguaggio catastrofista. E ora si grida anche al tradimento della patria, della Costituzione, alla richiesta di carcere per i traditori (il premier Conte per primo). Siamo arrivati all’alto tradimento. Ma non è il caso di dire basta?
Cosa bisogna fare per evitare che ogni atto dell’avversario politico non porti automaticamente ad elevare l’asticella dell’allarme e dell’angoscia pubblica?
E Maastricht? E Dublino?
Neppure per il Trattato di Maastricht (con tutte le clausole discutibili che nessun governo è stato in grado di correggere) si parlò di alto tradimento. Neppure per Schenghen (che liberalizzava la circolazione dando il via libera, secondo la propaganda della destra, al libero sciamare di terroristi per tutto il continente). E neanche per il trattato di Dublino (che ha la firma di Berlusconi e dei suoi soci di governo leghisti), che pure di fatto imponeva al paese di prima accoglienza l’accettazione dei migranti. Erano casi di alto tradimento? No, erano errori, a volte anche gravi, a volte indotti da circostanze sfavorevoli, ma errori: non crimini, non frutto (fino a prova contraria) di intelligenza col nemico.
Alto tradimento
L’onorevole Salvini (a secco di spunti per le crociate antimigranti, perché le recite sempre uguali a se stesse alla fine stancano) spara alto: “Il Mes è un trattato che rischia di far saltare i risparmi degli italiani […] Non vorrei che Conte, o chi per lui, avesse preso un impegno per salvare la poltrona. Se così fosse sarebbe alto tradimento, che viene punito con il carcere”. La firma all’accordo ancora non c’è, ma il verdetto è già pronunciato: alto tradimento e carcere. 125 miliardi ai tedeschi! Salvini trova naturalmente la consonanza con l’onorevole Meloni, che dopo aver definito Conte un “bugiardo seriale” (questo non manca mai, come non mancava per Renzi e per Monti), e dopo aver affermato che col Mes l’Italia impegna 125 miliardi (!) per salvare le banche tedesche, tinge di rosso la narrazione e denuncia il timore che il primo ministro abbia “firmato con il sangue degli italiani una cambiale per restare a Palazzo Chigi”.
Nemico della patria
Il nemico della patria! L’alto tradimento! Il sangue degli italiani! Io credo che più che alla tutela dell’emoteca, ci si debba appellare al raziocinio degli italiani. E che la prima operazione necessaria per riportare i cittadini ad interessarsi della cosa pubblica sia riscoprire il senso della misura.
L’impeachment di Di Maio
Un anno e mezzo fa, il capo politico del Movimento 5 Stelle, chiese pubblicamente la messa in stato di accusa del Capo dello Stato perché non aveva accettato la nomina di un ministro (Savona)! Non ci andava leggero il giovane Di Maio: “Chiedo di parlamentarizzare questa crisi, utilizzando l’articolo 90 della Costituzione, per la messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica!”. È quello che gli americani chiamano “impeachment”.
Il vocabolario della ragione
Poi Di Maio – un ragazzo con poche idee e molta ambizione: e tale è rimasto – comprese di aver esagerato e si scusò. Ma il vezzo di caricare di significati ultimativi ogni atto politico degli avversari è rimasto. Anzi si è aggravato. Come se la politica non fosse in grado di battersi con le idee, per le idee e sulle idee, ma solo aumentando ogni volta la quantità di esplosivo e del peggior nemico della ragione: la rabbia. La polvere da sparo può essere necessaria in politica. Ma non sempre, e comunque, e in dosi crescenti. Ci sono alcune parole di cui bisogna riapprendere l’uso: sbaglio, correzione, argomento, opposizione, misura, proporzione, controllo, rispetto. Dentro questo minivocabolario c’è il senso di una comunità, il significato dello stare insieme. In definitiva, il compito della politica.