Insonnia-Social, gli smartphone e gli effetti sul sonno degli adolescenti
Uno degli argomenti affrontati dall’indagine annuale sugli stili di vita degli adolescenti, realizzata da Laboratorio Adolescenza e Istituto di ricerca IARD (effettuata su un campione nazionale rappresentativo di 2.000 studenti di terza media), è stato
Uno degli argomenti affrontati dall’indagine annuale sugli stili di vita degli adolescenti, realizzata da Laboratorio Adolescenza e Istituto di ricerca IARD (effettuata su un campione nazionale rappresentativo di 2.000 studenti di terza media), è stato il “sonno”. Gli adolescenti vanno a letto molto tardi, hanno difficoltà ad addormentarsi e, complessivamente, dormono meno di quanto sarebbe necessario alla loro età.
Ma la sorpresa è stata trovare l’immancabile cellulare tra i principali responsabili anche della “questione sonno”. Quel telefonino – che solo pochi spengono durante la notte (qualcuno lo silenzia) – che li mantiene “connessi” H24, anche dal punto di vista psicologico, al loro mondo relazionale. E gli effetti di questa “insonnia-social” si vedono al mattino, quando l’82% ha difficoltà ad alzarsi la mattina e il 55% ha addirittura ripercussioni in tutto l’arco della giornata perché – causa sonno – ha difficoltà a svolgere le abituali attività quotidiane. Si svegliano perfettamente proprio al momento di andare a letto. D’altra parte sono proprio loro a riconoscerlo: oltre il 60% afferma di non aver mai sonno all’ora giusta.
Per rendersi conto degli effetti negativi di questo andazzo non servono i pareri di medici, psicologi o esperti di varia natura, ma basta un minimo di buon senso. Ma c’è un altro aspetto altrettanto preoccupante emerso dalla ricerca, e che in qualche modo si collega, sul quale dovremmo riflettere.
Circa il 60% degli adolescenti intervistati ha il suo primo cellulare tra i 10 e gli 11 anni, ma oltre il 28% lo ha avuto in regalo prima dei dieci anni. E non va molto meglio – senza preoccuparsi troppo delle età minime di accesso consentite – con i social: il 54% inizia la sua vita in rete tra gli 11 e i 12 anni, e il 12% prima dei 10 anni. Una precocizzazione del fenomeno che sta aumentando significativamente confrontando i risultati delle indagini degli anni precedenti.
Che la responsabilità sia tutta di una generazione di genitori patologicamente ansiogena – che “regala” il cellulare ai figli-bambini essenzialmente per la propria tranquillità – è storia nota. A partire dal messaggio whatsapp da mandare tutte le mattine a mamma appena arrivati a scuola per certificare la propria esistenza in vita, alle “app” che consentono di localizzare il cellulare. Mi chiedo – per inciso – come sopravvivessero i “nostri” genitori che lasciavamo la mattina alle otto e rivedevamo a pranzo. Ma il punto non è questo, perché appare al momento impensabile una conversione virtuosa di mamme e papà. Continuiamo a regalare lo smartphone ai nostri figli bambini, anzi valutiamo anche l’ipotesi di fare applicare direttamente dietro l’orecchio un microchip-gps, così si aggira il rischio che lo perdano, lo spengano o, magari, se ne allontanino deliberatamente per “depistare” (stiamo attenti, perché i ragazzini sono svegli e fanno anche questo). Sfoghiamo su di loro tutte le nostre ansie e fragilità ma, almeno di notte, quando sono nella loro camera, dove se ci fa sentire più sicuri possiamo andare a controllare ogni quarto d’ora che tutto sia a posto, abbiamo quel residuo di autorità genitoriale per requisire il cellulare e riconsegnarlo a colazione?
Se non riusciamo neanche a fare questo siamo messi male, tutti.