Intervista al direttore di Ruben, il ristorante a 1 euro che nutre la speranza
Il progetto con il quale nasce la Fondazione Ernesto Pellegrini onlus si rivolge a chi si trova in situazioni temporanee di emergenza e fragilità economica e sociale, offrendo una risposta articolata a un bisogno di
Il progetto con il quale nasce la Fondazione Ernesto Pellegrini onlus si rivolge a chi si trova in situazioni temporanee di emergenza e fragilità economica e sociale, offrendo una risposta articolata a un bisogno di contrasto alle nuove forme di povertà. “Ruben” è il nome scelto da Ernesto Pellegrini in persona – l’imprenditore della ristorazione sul posto di lavoro (le famose mense Pellegrini) e dirigente sportivo italiano, noto per esser stato il presidente dell’Inter dall’84 al ’95 – perché, ha detto: “così si chiamava il contadino che ha aiutato mio nonno negli orti e poi mio padre e anche me…”, un doveroso omaggio al ricordo di una persona per lui speciale.
Ma per sapere di più di questa bella iniziativa abbiamo incontrato Christian Uccellatore, il responsabile del Ristorante Solidale.
In cosa consiste il vostro progetto?
«Siamo un ristorante solidale che dal 2014 ha tesserato quasi 7 mila persone, un terzo sono bambini da 0 ai 12 anni. Persone e famiglie che stanno attraversando un momento di difficoltà economica, che faticano a chiedere aiuto e che spesso non sanno dove andare a chiederlo perché non ne hanno mai avuto bisogno fino alle recenti crisi economiche, da quella del 2008 a questa del coronavirus. Il nostro ristorante è un self service da 200 posti e funziona grazie a circa 130 volontari che operano in sala e a uno staff di professionisti in cucina. Ogni commensale paga 1 euro per la cena, mentre per i minori di 16 anni è gratis, il contributo a Ruben è un gesto importante, molto gradito dai bambini, che trasforma il cenare qui in un’esperienza normale, più accettabile in quanto lontana dalla dimensione assistenziale del gratuito».
Che rapporto s’instaura con gli ospiti?
«I nostri volontari stanno in sala e condividono con i commensali il momento della cena, la dimensione relazionale è per noi molto importante in quanto rompe l’isolamento e apre le porte ai percorsi di fuoriuscita dall’indigenza: Ruben è un luogo che ci piace definire “incubatore di relazioni”. La difficoltà economica è spesso l’inizio di un percorso d’impoverimento sociale che interessa altri ambiti della vita delle persone, quello abitativo, quello sanitario e quello, appunto, relazionale e dei legami sociali. Dalla condivisione della cena nascono e si costruiscono rapporti col territorio attraverso l’incontro con i nostri progetti di supporto che definiamo “Oltre il cibo”: progetto lavoro, consulenza legale, orientamento ai servizi sociali territoriali. Molti dei commensali, non essendo abituati a chiedere aiuto, devono essere accompagnati a portare la loro domanda ai servizi più adatti, spesso non sanno neanche di avere diritto ad alcuni sostegni».
Durante i mesi del Covid 19 siete rimasti chiusi come tutti i ristoranti?
«Abbiamo dovuto chiudere come tutti i luoghi che prevedevano assembramenti di persone, e Ruben fa 300 coperti a sera. Ma era importante stare accanto ai nostri commensali in un momento così difficile. Abbiamo quindi trasformato il nostro servizio nella consegna di una cena di asporto in stile Ruben. Una cena cucinata, completa, ritirata a Ruben in un clima sereno, se pur di rigoroso rispetto di tutte le norme e le misure di prevenzione che adottiamo ogni sera. Opportunità che ha donato a tutti, noi compresi, un bel momento per alleggerire il terribile periodo che stiamo attraversando, offrendo quel poco di serenità necessaria a intravedere la possibilità di ripartenza.
Abbiamo realizzato nel frattempo un progetto parallelo alla ristorazione: “Ci Siamo”, pensato per stare vicini ai tantissimi nostri commensali con situazioni difficili, che attraverso un call center interno a Ruben gestito dai volontari, ha fatto circa 50 telefonate al giorno per far sentire la nostra vicinanza e raccogliere i bisogni, che da remoto abbiamo indirizzato ai servizi del Municipio 6».
Quali sono gli scenari futuri nella Fase 3?
«Con l’Università Bicocca abbiamo concordato un percorso di ricerca sulla nostra attività nei mesi del coronavirus. Il ristorante lo abbiamo riorganizzato su due turni con 90 posti, servendo una cena cucinata utilizzando stoviglie e condimenti mono dose. Lo spazio è stato riorganizzato con 2 posti a sedere per tavolino separati dal plexiglas e area per famiglie e congiunti. Si può cenare a Ruben in modo sicuro. Vi si può accedere attraverso la segnalazione da parte di centri di ascolto, di enti accreditati o venendo direttamente in via Gonin 52».
Quale messaggio proponete alle persone in difficoltà?
«A chiunque può capitare un momento di difficoltà, un piccolo intoppo, una situazione che mette a rischio la serenità della nostra famiglia, di un amico o di un conoscente. Spesso rialzarsi e ripartire con le nostre sole forze sembra quasi impossibile. Si può cadere da soli, ma è importante rialzarsi insieme. Ruben offre a chi ha bisogno e voglia di ripartire un momento di ristoro, un’occasione di convivialità, un gesto concreto di accoglienza e sostegno per ogni nuovo progetto di vita. Se hai bisogno di una mano, se conosci qualcuno che attraversa un periodo difficile e vuoi essergli d’aiuto, mettiti in contatto con noi».
Per info:
Telefono 02 45498241
info@fondazionepellegrinionlus.org
www.fondazionepellegrinionlus.org
Volontariato e donazioni: Segreteria Via Gonin 52, Milano – dal lunedì al venerdì, ore 14:00 – 20:30. Tram 14