La potenza di un luogo abbandonato
Alento è un borgo abbandonato, come ve ne sono molti in Italia. Carmen Pellegrino, sensibile alla storia di luoghi e paesi disabitati, tra queste pagine ha ridato vita e voce agli alentesi, “sparsi a vivere
Alento è un borgo abbandonato, come ve ne sono molti in Italia. Carmen Pellegrino, sensibile alla storia di luoghi e paesi disabitati, tra queste pagine ha ridato vita e voce agli alentesi, “sparsi a vivere confusi per il mondo, ognuno con la sua mancanza e il peso dello sradicameto”. Dalla sua penna prende fisionomia il borgo intero, con le sue architetture e i suoi abitanti. Disegna con le parole i volti di chi ha trascorso la vita tra quelle povere case, riporta lì esistenze umili tormentate dalle miserie quotidiane. Racconta eventi che hanno cambiato la storia e la geografia di Alento, perché le sue case costruite su terreno franoso, poco alla volta sono precipitate a valle. Estella è la voce narrante. Mandata da sua madre in convento, affinché facessero di lei una monaca, torna ad Alento e si spoglia della tonaca davanti alla chiesa del borgo. Solo lì, dov’è nata, lei può riprendere il dialogo con il suo Dio.
Quando Estella torna nel borgo c’è ancora qualche abitazione. La sua casa è franata, lei è rimasta sola e trova riparo e lavoro dai De Paolis, la famiglia abbiente del paese. In quella casa vicina all’olmo gigantesco, la più bella del borgo, Estella deve occuparsi di Marcello. Lei, ha solo qualche anno più dell’adolescente svogliato, pallido, con un filo di morte negli occhi, ma si promette fin da subito che lo avrebbe riportato alla normalità, cominciando a nutrirlo con “cibi grossolani” che solo da lei accetta. Tuttavia non è una convivenza facile, Marcello è screanzato e dispettoso con lei, ben sapendo di provocarle dispiacere. Ormai il borgo è vuoto. Estella è rimasta, unica sentinella e testimone, nella grande casa dell’olmo. Gedeone, il cane fedele le fa compagnia. La casa manda rumori sinistri, le crepe nei muri sono sempre più profonde, ma lei resta lì perché il borgo e la casa simboleggiano la madre terra che protegge, anche se qui è diventata matrigna. Lei una volta all’anno prepara una cena con i cibi tradizionali e invita gli alentesi, che ormai vivono altrove, al banchetto. Prepara inoltre per ciascuno un oggetto trovato nelle loro case abbandonate. Tutti rivivono attraverso i racconti di Estella: Libera Forti, costretta a sposare il volgare Guercio, Giacinto dalla voce forte, il vecchio Maccabeo che aspetta il ritorno dei figli ma la guerra glieli porta via, poi Consiglio Parisi, e Mariuccia che aspetta il figlio partito per Caracas in cerca di fortuna…
Ma dove sono i vivi e dove i morti? Estella non lo sa, vorrebbe solo cambiare i destini dei suoi invitati, per ridare loro vita nuova ora che l’altra, così poco generosa, si è conclusa. Unico ospite alla cena è Marcello, un sentimento mai espresso lo lega a Estella, ma lei non lo sa. Appassionante la storia di Alento. Nome di fantasia – scrive l’autrice – come le biografie dei personaggi, le strade, la disposizione dei monti e delle grotte, ma nel suo vissuto c’è un borgo da cui è partita. Così come molti lettori, lettrici nel loro intimo ritroveranno il luogo in cui hanno trascorso l’adolescenza. Il luogo abbandonato da cui sono partiti per scoprire i misteri della vita. Per diventare cittadini del mondo.
Il titolo del libro è preso da un verso di R. M. Rilke “… la pioggia che cade su terra scura a primavera…”
Carmen Pellegrino
Cade la terra
Giunti;
pp. 224, euro 14.
Lea Miniutti
(Gennaio 2017)