La Regione Lombardia è stata informata del rischio pandemia il 22 gennaio, ma non ha fatto niente

La Regione Lombardia sapeva del rischio epidemia sin dal 22 gennaio. Quel giorno il ministero della Sanità diramò una circolare a tutte le regioni che informava di questo rischio e le invitava ad organizzarsi. Tanto

La Regione Lombardia sapeva del rischio epidemia sin dal 22 gennaio. Quel giorno il ministero della Sanità diramò una circolare a tutte le regioni che informava di questo rischio e le invitava ad organizzarsi. Tanto è vero che l’assessore al Welfare Giulio Gallera convocò il 23 gennaio una riunione urgente, si suppone per dare seguito alle indicazioni ministeriali e predisporre un piano antipandemia per la Lombardia.

Sono questi alcuni degli elementi emersi durante le indagini che la Procura sta conducendo sui decessi anomali nelle Rsa lombarde, come rivelato da Monica Serra su la Stampa di oggi.  I magistrati vogliono capire se e come da quell’incontro del 23 gennaio sono partite azioni concrete, per evitare la diffusione dei contagi.

L’indagine sulle morti nelle Rsa potrebbe dunque dare un contributo importante a far comprendere cosa è successo in Lombardia e perché nella nostra regione la percentuale di morti per Covid 19 è tra le più alte al mondo.

Perché, nonostante le dichiarazioni riportate nell’articolo della Serra, che ci dicono che in quei giorni Gallera affermava che «Abbiamo nelle scorse ore emanato alcune indicazioni procedurali importanti per i medici di base e per gli specialisti ospedalieri, in costante raccordo con il ministero della Salute» appare chiaro che tutto questo non è successo e che i provvedimenti, se sono stati presi, non sono stati efficaci.

Toccherà alla magistratura stabilire se ci sono delle responsabilità penali, se i vertici politici non hanno deliberato o i dirigenti delle Ats (tutti di nomina politica) non eseguito. Per le responsabilità morali e politiche però il verdetto è giù stato emesso. Non dai giudici, ma dalle migliaia di morti lombardi – oggi 11.851, oltre la metà di quelli italiani – i cui cari, e non solo loro, chiederanno conto a chi sta al vertice della nostra regione di come sia stato possibile tutto questo.

Patetico il loro tentativo di difesa a oltranza, derubricando a propaganda politica ogni critica. Persino quelle provenienti dagli ordini professionali dei medici e del personale sanitario lombardo che, insieme alle associazioni di categoria dei direttori delle Rsa, li hanno accusati di non aver diffuso alcuna linea guida, di averli lasciati soli per settimane ad affrontare la pandemia, trasformando, loro malgrado, i luoghi di cura in centri di propagazione del virus.

Argomentazioni insostenibili, perché le cronache di quei giorni parlano chiaro. Gli ospedali, vera eccellenza lombarda, come fanti della Prima guerra mondiale, sono stati mandati al macello. Dal 19 febbraio, data del primo caso Covid in Lombardia, sono passati molti giorni, in alcuni casi anche più di una settimana, prima che i nosocomi lombardi si attrezzassero con presidi sanitari specifici, spazi destinati ai malati Covid e triage differenziati nei Pronto soccorso.

Per le strutture sanitarie territoriali è andata addirittura peggio. È passato oltre un mese prima che i medici di base e i pediatri ricevessero indicazioni, mascherine, guanti e camici. A Milano ancora oggi mancano le Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) per curare a casa i pazienti Covid, né esiste un sistema pratico e veloce con cui i medici possono comunicare con le Ats (la piattaforma web dalla Regione in 20 marzo ancora non funziona). Drammatica la situazione delle Rsa e Rsd, dove il personale ancora adesso riceve con il contagocce mascherine, camici e tamponi, ed è letteralmente abbandonato a se stesso, numericamente insufficiente a fronte di un lavoro raddoppiato.

Responsabilità gravissime che riguardano tutti i vertici della Sanità e della politica di Regione Lombardia, a cui per primi dovranno rispondere l’assessore al Welfare Giulio Gallera e il presidente Attilio Fontana che non potevano prevedere la virulenza di Covid, ma certo potevano muoversi per tempo.

Giornalista dello scorso millennio, appassionato di politica, cronaca locale e libri, rincorre l’attualità nella titanica impresa di darle un senso e farla conoscere, convinto che senza informazione non c’è democrazia, consapevole che, comunque, il senso alla vita sta quasi tutto nella continua rincorsa. Nonostante questo è il direttore “responsabile”.

Recensioni
NESSUN COMMENTO

SCRIVI UN COMMENTO