La subdola trappola della sicurezza reale e percepita
L’angoscia è forse il sentimento che più pervade in questo periodo il nostro Paese e, in parte, anche la nostra città. Il lavoro, l’immigrazione, la corruzione, solo per citare i temi più dibattuti, letteralmente non
L’angoscia è forse il sentimento che più pervade in questo periodo il nostro Paese e, in parte, anche la nostra città. Il lavoro, l’immigrazione, la corruzione, solo per citare i temi più dibattuti, letteralmente non fanno dormire molti nostri concittadini. In questo scenario difficile si inserisce la questione sicurezza, che attraversa e incide su tutte le altre emergenze, rendendole ancora più angoscianti. Quante volte sentiamo rilanciare questi temi? Non passa giorno che giornali, tv e radio e, ancor più social network e web, non raccontino di omicidi, furti, scippi, violenze. Su internet spesso gli stessi eventi vengono pubblicati e ripubblicati all’infinto.
Si tratta di sadismo? Non credo, vale il vecchio adagio giornalistico che le brutte notizie fanno molto più ascolto di quelle belle. I media lo sanno e su questo fanno marketing editoriale, quando non perseguono un preciso progetto politico. Un meccanismo mediatico che conoscono anche i frequentatori di Facebook e coloro che sui social media fanno affari: più il post descrive eventi tragici più like e condivisioni sono assicurati. È una specie di gioco al massacro che crea e alimenta angoscia.
A questo si aggiunge la classe politica nostrana, che sull’angoscia ci campa. Niente di più facile che soffiare sul fuoco per creare consensi, effimeri, ma pur sempre consensi. Le soluzioni, come lo sanno gli stessi protagonisti delle campagne “per la sicurezza”, non è importante che siano praticabili ed efficaci: basta che intercettino l’angoscia dei cittadini, fornendo capri espiatori facili da individuare.
Il risultato è che un problema vero come la sicurezza, si divarica in sicurezza reale e percepita, complicandosi ancora di più. Con il paradosso che le politiche sono più attente alla sicurezza percepita che a quella reale. E la sensazione di tutti è di vivere in mondo senza più umanità, che scivola inesorabilmente verso il disastro. Ma è così veramente?
I dati del questore
Senza sottovalutare il dramma di chi ha subito una violenza o vive nell’angoscia, la situazione della nostra città non sembra è quella del “tutto va sempre peggio”.
Il questore solo tre mesi fa ha reso noto il bilancio sicurezza del 2016, che mostra un trend positivo che prosegue da anni. I dati lo dimostrano in modo inequivocabile. Rispetto al 2015 i reati sono scesi del 5,9% in città e del 7% in provincia. Furti e rapine sono calati rispettivamente del 4,6 e del 6,7%, mentre sono aumentati gli arresti dei responsabili di questi reati. Numeri che avrebbero dovuto generare soddisfazione e una seppur moderata sensazione di sicurezza, ma che, in realtà, sono stati dimenticati in un attimo da giornali, politici e social media. Un caso esemplare sta lì a dimostrarlo. Più o meno quando venne pubblicato il report delle forze dell’ordine, fu arrestato il responsabile di un omicidio di un 37enne domenicano, compiuto in piazzale Loreto. Seguirono titoli a carattere cubitali sui giornali, posti indignati sui social media, a cui fecero eco polemiche e dichiarazioni roboanti. Il segretario della Lega Matteo Salvini, disse che Sala e Renzi «Dovrebbero vergognarsi», perché «hanno preso in giro i milanesi e tolto la sicurezza alla città».
Il sindaco Sala rispose, chiedendo al governo il ritorno dell’esercito in città. Travolti dalla ricerca del consenso sul tema sicurezza, tutti dimenticarono le parole del questore, che proprio a proposito di omicidi affermò: «con nove casi il 2016 è stato l’anno con meno omicidi dell’epoca moderna». Circa 0,66 ogni 100mila abitanti. Nel 1992, per esempio, furono 3,1 ogni 100mila abitanti. Ma la sensazione è che allora il tema della sicurezza non fosse al centro dell’attenzione come lo è in questi anni e, paradossalmente, la sicurezza percepita fosse migliore di quanto non lo sia adesso.
I casi da risolvere
Detto questo sarebbe un errore sottovalutare il tema della sicurezza reale. C’è e rimane molto da fare. Limitandoci strettamente all’ordine pubblico, quello che sembra essere il problema principale di Milano è la presenza di aree critiche, in cui per anni non si è intervenuto. Quasi sempre sono situazioni in cui si intrecciano riqualificazione urbanistica, edilizia e degrado sociale. Aree come via Giambellino e via Gola, Gratosoglio sud e Corvetto non possono essere trascurate ancora a lungo. Esistono casi che si trascinano da anni. La Casa di accoglienza di Gratosoglio, palesemente sovradimensionata rispetto alla capacità di assorbimento del quartiere; il campo rom di via Chiesa Rossa, protagonista stabile delle pagine di cronaca giudiziaria; le occupazioni abusive di spazi pubblici da parte di racket o centri sociali, sono situazioni per la cui risoluzione non si può aspettare un altro decennio. O sperare che vengano risolte dalle ronde dei militari. Piccoli passi sono stati fatti. Il Comune e i Municipi, per esempio, hanno individuato zone sensibili su cui posizionare nuove telecamere e concentrare l’azione della Polizia locale. A livello del governo centrale sta per passare una legge che attribuisce ai sindaci poteri di ordine pubblico, che consentono di allontanare le persone che agiscono in spregio di divieti. In attesa di interventi più incisivi sulle zone critiche di Milano, a rassicurare i cittadini ci sono ancora le parole del questore che, sempre nella conferenza di fine 2016, dopo aver indicato Milano come modello di coordinamento delle forze dell’ordine, ha detto: «Il controllo del territorio, e i reati cosiddetti predatori come furti e rapine, saranno il nostro core business anche per l’anno prossimo».
A noi il compito di ricordarglielo ogni volta che si presenta una situazione critica, facendo attenzione a non cadere nella trappola della “sicurezza percepita” che quasi sempre è frutto di quello che ci vogliono far credere gli altri e molto spesso risolve ben poco.
Stefano Ferri
marco gibelli 8 Aprile 2017
Mi meraviglio che venga pubblicato un articolo come quello di Ferri dal quale sembra che parte della insicurezza che sentono i cittadini dipenda da notizie gonfiate dai giornali, tra l’altro con accanto due articoli su aumento dei furti e del comitato di ordine pubblico alle “terrazze”. Purtroppo quello che raccontano o scrivono i media non sono notizie inventate, corrispondono alla realtà:ifurti in appartementi non si contano più, gli accoltellamenti in due bar di via Neera e Barrili dove si spaccia droga, il parchetto della biblioteca Chiesa Rossa dove passano tra i bambini dei ceffi (con i quali è meglio non discutere) con pitbull senza guinzaglio, la scuola di pza Abbiategrasso con regolare scavalcamento cancelli, ultimo i Quark 2 dove vive gentaglia che ha anche divelto il caancello per non dover scavalcare la cancellata. Saluti. Marco
stefano 5 Gennaio 2018
i dati della questura dicono che le denunce aumentano ma i reati diminuiscono di anno in anno. Non sostengo che ci siano notizie inventate, ma che siano rilanciate e rilanciate, al punto da farle sembrare molte di più e generare angoscia, sì. Ferri