Le bandierine di Angelino

Angelino Alfano tiene faticosamente in piedi un partitino (il Nuovo Centrodestra), che, nato con grandi ambizioni, dopo l’“apostasia” antiberlusconiana, si è via via ridotto ad avere quasi più parlamentari che elettori, come ironizzano con eccesso

alfanoAngelino Alfano tiene faticosamente in piedi un partitino (il Nuovo Centrodestra), che, nato con grandi ambizioni, dopo l’“apostasia” antiberlusconiana, si è via via ridotto ad avere quasi più parlamentari che elettori, come ironizzano con eccesso di cattiveria gli ex sodali di Forza Italia. Per tenere in piedi questo partitino e il suo ruolo all’interno della maggioranza, Angelino ha bisogno di vendere, e di vendere bene, tutta la merce che riesce a produrre. A rischio di contraffare i marchi di fabbricazione.
Ha due obiettivi: risultare numericamente indispensabile per la tenuta del governo e dimostrare che questo governo non è di sinistra, ed anzi sta facendo molte cose di destra. Che ci riesca spesso, non è detto, ma su due partite calde, che si stanno disputando in questi giorni, l’Angelino da Agrigento si sta giocando moltissimo, quasi tutto: il reato di immigrazione clandestina e le unioni civili. Sono due temi che, per la loro marcata valenza ideologica, dimostrano una volta di più che destra e sinistra non sono concetti esausti, vetuste categorie del secolo scorso; ma continuano ad operare e a improntare scelte e comportamenti della politica.

Il Nuovo centrodestra di Angelino ha fin qui venduto come suoi grandi successi nell’azione di governo la cancellazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, la responsabilità civile dei giudici, l’elevazione a 3000 euro della soglia di pagamento in contanti (evviva l’evasione fiscale). E altro ancora. Sventola le sue bandierine a segnalare la sua indispensabilità nell’azione di governo e il marchio di “destra” di molti provvedimenti. E oggi può sventolare un’altra bandierina, perché Renzi, dopo aver annunciato l’abolizione del reato di clandestinità, è costretto a fare marcia indietro. E Angelino può esultare, perché lui questa abolizione non la voleva proprio. O meglio: riconosce che sarebbe giusto cancellare questo reato, declassandolo a illecito amministrativo, ma lo fa con studiata signorilità: dice che introdurre quella legge, nel 2009, quando lui era ministro della Giustizia nel governo Berlusconi, fu un errore, perché quel provvedimento si è dimostrato inefficace a combattere l’immigrazione clandestina. Ma, aggiunge, abolirlo oggi sarebbe sbagliato. Perché? «Perché il momento è molto particolare e non dobbiamo dare agli italiani l’idea di un allentamento della tensione sulla sicurezza proprio mentre chiediamo di accogliere i profughi». Come dire che in politica non si fa quello che è utile, ma quello che accontenta pulsioni ed emozioni momentanee. È il vecchio discorso della “percezione della realtà”, il quale dalla meteorologia (da cui abbiamo imparato che dobbiamo aver freddo anche se sentiamo caldo) il concetto di percezione (che leggerei più volentieri come manipolazione) si è trasferito alla politica.

Ora però, dopo aver concesso all’alleato-rivale una nuova (e importante) bandierina, Renzi non può permettersi di perdere anche la partita delle unioni civili. Tenendo conto – e non è un dettaglio – che mentre il tema del reato di clandestinità era nel programma di governo (e quindi Alfano e i suoi non potevano opporsi più di tanto), le unioni civili sono materia sulla quale non c’è intesa preventiva e i partiti si presentano in Parlamento svincolati da obblighi e accordi, nonché divisi al loro interno. Col disegno di legge di Monica Cirinnà (Pd) sulle unioni civili si tende in buona sostanza a una normativa che avvicini di molto l’unione delle coppie (omosessuali, ma non solo) allo stato matrimoniale. Di matrimonio non si può parlare: ma gli aspetti di carattere sociale e patrimoniale (fra cui la reversibilità della pensione) compongono un quadro giuridico che di fatto assimila in larga parte l’unione civile al matrimonio santamente inteso. Non possiamo qui addentrarci nella complessissima e intricata materia. Si gioca su una miriade di questioni giuridiche, si sguazza nella terminologia specialistica, in mille tecnicismi, ma il nodo di fondo è squisitamente ideologico.

Per la chiesa cattolica un istituto basilare come la famiglia tradizionale (un uomo e una donna e la relativa prole) non può essere surrogato dalla famiglia omosessuale. E su questo fronte l’oltranzismo cattolico (peraltro non molto caldamente sponsorizzato da papa Francesco) va alla guerra. A rendere più incandescente il confronto c’è il problema delle adozioni. Con la cosiddetta “stepchild adoption” (l’adozione di un figliastro), che fa parte dell’impianto legislativo, si apre la porta – a giudizio di chi è contrario – all’utero in affitto, «il mercimonio più ripugnante che l’uomo abbia saputo inventare», come ha sentenziato Angelino. La questione è controversa, ma giova ricordare che le unioni civili sono da tempo operanti – senza collassi etici o tracolli sociali – in Gran Bretagna, Spagna, Svezia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Francia, solo per citare i più importanti in Europa. Non conta: per la chiesa cattolica la famiglia è una sola: Adamo ed Eva, più Caino e Abele (meglio se Caino si fa da parte). Lo scontro è squisitamente ideologico e su questo si cerca il massimo vantaggio elettorale. È facile prevedere che ci sarà un fuoco pirotecnico di “casi di coscienza”, di cavilli, emendamenti, subemendamenti, ciascuno studiato per salvare qualche faccia o qualche facciata. Ma è soprattutto un decisivo banco di prova per verificare (dopo l’accantonamento della legge sulla clandestinità) l’orientamento reale del governo Renzi.

Piero Pantucci

(Gennaio 2016)

 

Laureata in Scienze dei Beni Culturali, blogger appassionata di cinema e teatro, talentuosa grafica e webmaster, sempre alla ricerca di nuovi stimoli e sfide, forte della sua estrazione umanista veste con grazia e competenza le testate digitali e su carta di Milanosud.

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