L’ultimo cd dei Fast Animals And Slow Kids. Alaska, “per mettere a ferro e fuoco anche il ghiaccio”
Odio mle recensioni e i (re)censori, e di musica non capisco niente. In compenso so cosa significhi trovarsi dispersi nel nulla delle tre di notte, senza sapere come ci si è finiti, aggrovigliati nell'alcool e
Odio mle recensioni e i (re)censori, e di musica non capisco niente. In compenso so cosa significhi trovarsi dispersi nel nulla delle tre di notte, senza sapere come ci si è finiti, aggrovigliati nell’alcool e nella tristezza.
Anche i Fast Animals And Slow Kids lo sanno, e sono tornati, perspingere più in là a colpi di poesia e chitarre elettriche. Nel 2013 il loro secondo disco, “Hybris” (dichiarazione d’intenti niente male, eh?), li ha catapultati dallo status di piccola band di provincia – arrivano da Perugia – a quello di giovani speranze della musica indipendente italiana. Loro, per tutta risposta, hanno ben pensato di sospendere ogni attività live (la maggiore fonte di introiti, nella musica contemporanea) per recludersi sei mesi e incidere un nuovo disco; il risultato è “Alaska”, uscito in ottobre.
La ricetta di base non è cambiata rispetto a “Hybris”, anche se i fiati che accompagnavano il precedente lavoro sono stati sostituiti dal continuo sostegno di una sezione d’archi e dall’occasionale utilizzo del pianoforte. Il risultato è “un disco cupo, ma suonato dai soliti quattro coglioni”, per usare le parole che ne hanno accompagnato il rilascio. È vero: la capacità di scrittura, decisamente migliorata, ed il muro di suono, come sempre impressionante, lo rendono un disco impressionante, lo rendono un disco potente, duro ma onesto, come una bicchierata sui denti.
È un disco per chi non ce la fa più. Un disco per chi è stato accasciato nel proprio vomito sul marciapiede a chiedersi, bestemmiando, “dio dove sei?”, e non ha ancora trovato risposta. Per chi può rovinare tutto, e lo farà; ma senza abbassare lo sguardo, nemmeno con gli occhi cavati. È un disco anche per voi, che ce l’avete fatta. Che avete un bello stipendio e un mese di ferie l’anno. Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case comprate a credito; che trovate, tornando a casa la sera, cibi precotti e famiglie di plastica. Aprite la porta e fate entrare il vento: sarà anche gelido, ma qui fuori, almeno, soffia ancora.
Nonostante tutto, però, questo è anche un disco da urlare a squarciagola; da pogare sotto un palco tra sudore e botte, per dimenticare l’oggi almeno fino a domani; da cantare abbracciati, ché questa maledetta alba dovrà pure arrivare da qualche parte. Perché – parafrasando l’ultimo verso dell’ultima canzone di questo Cd – abbiamo le mani legate, ma ci spezzeremo le braccia pur di sciogliere le corde.
Questi soino i Fast Animals And Slow Kids. Questa è “Alaska”: sono rimasti solo il freddo e il grande vuoto, ma metteremo a ferro e fuoco anche il ghiaccio. “Fanculo”.
Francesco Negri
In concerto a fine novembre
I Fast Animals And Slow Kids suoneranno il 28 novembre al Magnolia (via Circonvallazione Idroscalo, 41, Segrate), presentando “Alaska”. Ci sarà anche l’autore di questa recensione. Non mancate.