Milano è Memoria: le 18 formelle a Piazza Fontana nel 50° anniversario della strage
A 50 anni dalla strage, è stata accolta la richiesta dei familiari delle vittime della bomba esplosa alla banca dell'Agricoltura. Attorno alla fontana sono state poste 17 formelle di porfido che ricordano nome, età e
A 50 anni dalla strage, è stata accolta la richiesta dei familiari delle vittime della bomba esplosa alla banca dell’Agricoltura. Attorno alla fontana sono state poste 17 formelle di porfido che ricordano nome, età e professione di ciascuna vittima. Significativa, anni addietro nemmeno ipotizzabile, la scritta incisa sulla diciottesima formella: “Strage di Piazza Fontana, 17 vittime. Ordigno collocato dal gruppo terroristico di estrema destra Ordine Nuovo“.
Piazza Fontana è stata la madre di tutte le stragi .”Non abbiamo avuto giustizia, ma abbiamo la verità storica, in quella formella c’è scritto che la responsabilità è dei fascisti di Ordine nuovo che volevano portare terrore e forse fare un colpo di Stato”, ha detto Carlo Arnoldi, presidente dell’Associazione Vittime Piazza Fontana, all’inaugurazione.
“Lo Stato è doppiamente colpevole per l’attività depistatoria di una parte di strutture dello Stato” ha detto Sergio Mattarella partecipando alla commemorazione a Palazzo Marino a Milano davanti ai parenti delle 17 vittime, alle famiglie dell’anarchico Giuseppe Pinelli e del commissario Luigi Calabresi. Mai prima d’ora un presidente della Repubblica aveva partecipato a una sola manifestazione per l’anniversario. E per la prima volta Giuseppe Pinelli è per tutti la “diciottesima” vittima della strage.
Grazie sindaco Beppe Sala per aver dato finalmente alla città di Milano un luogo in cui commemorare le sue vittime! Per la prima volta, il 12 dicembre 2019, una folla commossa ha potuto raccogliersi attorno a un “memoriale” e leggere sulle targhe di porfido il nome delle vittime: chi erano, che età avevano, che mestiere facevano e quindi perchè erano proprio lì, all’interno della “loro” banca, in quel terribile momento…
Alle 16.37, davanti all’ex Banca Nazionale dell’Agricoltura, le luminarie natalizie si spengono, suona “il silenzio” cui segue il minuto di silenzio. È l’attimo in cui “il boato indimenticabile” fece tremare la città e il Paese. Oggi è per tutti un giorno diverso. I familiari delle vittime “sono rimasti soli e senza giustizia”, rammenta Carlo Arnoldi. Ma la presenza del presidente della Repubblica “è un segnale importante per l’Italia intera”. Per l’assunzione della doppia responsabilità da parte dello Stato, atto indispensabile per ricostruire una fiducia collettiva nelle istituzioni. I processi furono fatti deviare per non far scoprire la verità: la strategia della tensione e la responsabilità dei neofascisti di Ordine Nuovo.
Eppure già nel 1974, l’anno prima del suo assassinio, Pier Paolo Pasolini, aveva scritto in un suo editoriale: «Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti»
Nel giardino accanto alla fontana due lapidi, una accanto all’altra, ricordano la “morte accidentale” di Giuseppe Pinelli. Una a memoria di ” Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico, ucciso innocente nei locali della questura di Milano il 15-12-1969. Gli studenti e i democratici milanesi” L’altra deposta dal Comune di Milano “A Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico, innocente morto tragicamente nei locali della questura di Milano il 15-12-1969”.
Dopo il corteo ufficiale, due cortei alternativi si sono susseguiti nel ricordo di Giuseppe Pinelli e di Pietro Valpreda, anarchico prima accusato e poi pienamente assolto: il corteo degli anarchici e quello dei centri sociali. È ancora difficile pensare a una commemorazione unica.