Milano in vetrina, con i dipinti a tempera di Gian Piero Siemek
Vi propongo una passeggiata fra le botteghe milanesi. Un viaggio anche nel tempo, perché Gian Piero Siemek, architetto milanese, con al suo attivo eleganti e rigorosi edifici, ristrutturazioni, arredi, anche allestimenti di mostre, ci porta indietro nel
Vi propongo una passeggiata fra le botteghe milanesi. Un viaggio anche nel tempo, perché Gian Piero Siemek, architetto milanese, con al suo attivo eleganti e rigorosi edifici, ristrutturazioni, arredi, anche allestimenti di mostre, ci porta indietro nel tempo, illustrando con i suoi poetici ritratti (a tempera) sulle botteghe di una volta, che un po’ come dei libri aperti sulle strade di città, ci riportano al passato della nostra Milano, per parlarci di quel che eravamo. Luoghi magici dal fascino senza tempo che fanno ancora sognare, che resistono, a volte solo nell’immaginario. E costituiscono un importante elemento di memoria storica, di preziosa testimonianza di cultura, di tradizione. Nell’era della globalizzazione, gli esercizi commerciali hanno iniziato ormai a omologarsi e anche Milano – una Milano che corre, cambia, apre e chiude serrande senza tregua – come tutte le città del mondo, è ormai sempre più inghiottita dalle insegne delle grandi catene. E antichi mestieri come il calzolaio, il tappezziere e il sarto sono in via di estinzione.
Ci racconta l’architetto Siemek: «Da giovane dipingevo soprattutto i monumenti poi mi sono stufato, attratto dalla bellezza vecchie botteghe, che scoprivo durante le mie passeggiate urbane e che orgogliosamente resistono e ancora sorprendono con il loro fascino».
C’è la tipografia con i timbri manuali in legno. C’è il negozio di guanti e quello che propone un mucchio di berretti militari. Il calzolaio che fa scarpe su misura. Ogni vetrina curata in ogni minimo dettaglio, con tocco delicato ed evocativo, percorso da un fil rouge d’ironia e malinconia al tempo stesso. Tutto sembra immobile in un tempo indefinito di luce e colore. Il punto di partenza è reale quelle sono le vetrine ma poi la fantasia di Siemek sposta i dati oggettivi in una dimensione sognante e nostalgica, in un rigore compositivo e guizzi di fantasticherie. I colori slavati è come se riaffiorassero da lontano, attenuati dal trascorrere degli anni. La città è evocata da alcuni edifici in lontananza nello scorcio di una vetrina. Senza rumore. Non c’è presenza umana, eppure propria la sua assenza la evoca.
Per quanto tutto sia disegnato nei dettagli con una perfezione fotografica, gli oggetti della vita quotidiana esposti in vetrina (le scarpe, le uniformi, i timbri, i berretti, gli occhiali, la poltrona del tappezziere e così via) diventano enigmatiche presenze metafisiche. In attesa non si sa di chi o cosa. Un po’ come le scarpe o i gomitoli dipinti da Edita Broglio, nata Walterowna von zur Mühlen, la pittrice del “realismo magico” degli oggetti. Ognuno di loro sembra voler evocare una storia. I guanti ad esempio diventano personaggi misteriosi e le loro sagome iniziano a parlarci, a raccontare la loro storia. Provate a guardarli. Potete sentire anche voi quello che hanno da dire?
Suggestiva anche la location della mostra. Le tempere sono incorniciate e appese alle pareti dello studio di Siemek ubicato in zona Ripamonti. Arrivati all’altezza del civico n. 101 si incontra una stradina senza uscita che conduce a ciò che resta di uno storico mulino ad acqua di origini seicentesche, in cui si macinavano soprattutto frumento e granoturco. Del vecchio mulino Vettabbia è rimasta la “molinara”, cioè il piccolo canale che convogliava l’acqua per farlo funzionare. Lo studio situato al piano terra, con travi di legno a vista, è stato realizzato nel vano della ruota del mulino, dove in origine passava l’acqua, e dove i libri fanno da protagonisti interrotti soltanto da una romantica finestrella affacciata sul fossato.
La mostra è visitabile fino al 5 marzo, da martedì a domenica, dalle ore 14,30 alle 18,30, in via Ripamonti 103. Per appuntamento tel. 02536217, 3339390112.
Lo studio di Gian Piero Siemek storico mulino ad acqua di origini seicentesche di via Ripamonti.