Non siamo un popolo eletto. E neppure dannato. Esattamente come quelli che abbiamo eletto

Mi ha colpito un intervento particolarmente velenoso del “moderato” Francesco Paolo Sisto, uno dei molti avvocati che Berlusconi arruolò per modellare in Parlamento una legislazione a sua personale tutela. Sisto non è un leader, probabilmente

Mi ha colpito un intervento particolarmente velenoso del “moderato” Francesco Paolo Sisto, uno dei molti avvocati che Berlusconi arruolò per modellare in Parlamento una legislazione a sua personale tutela. Sisto non è un leader, probabilmente è eccessivo occuparsene, ma il suo intervento è sintomatico di una lettura politica fortemente strumentale.
Valutando comportamenti politici e popolari in queste giornate drammatiche, il “moderato” Sisto ha esaltato il comportamento esemplare e disciplinato del popolo italiano, e condannato senza remissione il comportamento del governo. Fare opposizione in questo modo, anche senza arrivare al burlevole Salvini, per il quale è sempre troppo tardi e troppo poco (almeno per qualche ora, poi una nuova sparata seppellisce quelle precedenti), è poco impegnativo: due pennellate di demagogia e il piatto è servito.
Io aggiungo, ai protagonisti del presente politico e sociale anche altre due categorie: gli scienziati e i medici (tutto il personale sanitario, insomma). E credo che si possa ragionare con più lucidità.
Tutti, non uno escluso, siamo stati sorpresi da questa catastrofe. Il governo ha commesso degli errori, ma operava in assenza di modelli di riferimento: quello cinese (“comunista”!) risultava da subito indigesto alle anime belle (ancora vispe e attive), inorridite all’idea di una generale e marcata limitazione delle libertà individuali. Nessuno nega l’efficacia di quel modello, ma nessuno (o quasi) ne invoca l’importazione.
E allora? E allora il governo si è mosso cercando di tenere insieme tutela della salute, tutela della privacy, tutela dei motori economici, tutela della libertà di movimento. Troppe le tutele e troppe le incompatibilità. Ergo: percorso non rettilineo, goffaggini, contraddizioni, difficoltà a far passare messaggi che coniugassero l’allerta alla sdrammatizzazione (e come si fa?). È apparso da subito chiaro che il governo cercava di operare una politica di contenimento del male “in progress”: solo che era quasi sempre in ritardo rispetto alla rapidità diffusiva del velocissimo virus.
Errori e ritardi, certo. Sottovalutazione mai. Soprattutto perché le scelte del governo sono sempre state ancorate alle valutazioni degli specialisti.
E allora diciamo che gli scienziati hanno avuto incertezze interpretative del fenomeno e le hanno ancora. Perché si tratta di una novità assoluta. Anche i più preparati fra di loro hanno ammesso i limiti di conoscenza che ne hanno frenato l’indirizzo.
Ancora oggi non sappiamo se e quanto e perché il virus sia recidivo, in che misura trasmigra fra e da le specie animali, perché risparmia le creature più giovani, eccetera.
Comunque, se è vero che è esemplare il comportamento dei medici e se è vero – come da ogni parte ci viene riconosciuto – che il sistema sanitario italiano è efficiente e funziona, perché questo elevatissimo tasso di mortalità c’è solo in Italia? Può essere colpa del governo non aver efficacemente impedito l’ingresso del virus, ma non responsabile della sua letalità. In Italia il tasso sfiora il 10 %, in Germania è inferiore all’1. Perché? Nessuno sa dare una risposta risolutiva. Perché siamo un popolo di vecchi? Perché i tedeschi sono una razza superiore (chi lo sosteneva nel secolo scorso ha lasciato di sé memoria funesta)? Perché la contabilità differisce da paese a paese, soprattutto nel qualificare la morte avvenuta “per” o “con” coronavirus?
Potremo capirlo solo alla fine di questa tormentata vicenda.
Aggiungiamo che il tasso di mortalità in Italia era molto più elevato anche nelle prime fasi del contagio, quando ancora non si avvertiva penuria di strutture, di posti letto, di ventilatori. Di certo, colpisce che gli “errori” della politica italiana – da quelli di ordine comunicativo, al merito delle scelte, alla loro tempestività – siano ricalcati, paro paro, anche da governanti di altri paesi che pure, dall’esperienza battipista degli italiani, avrebbero potuto ricavare utilissime indicazioni. E non l’hanno fatto.
Infine il popolo, il cosiddetto (da Sisto) popolo esemplare, che esemplare non è. Certo nella maggioranza, nella larga maggioranza, sono stati avvertite e rispettate le prescrizioni restrittive. Ma è sufficiente che una minoranza, neanche tanto esigua, si affranchi dall’osservanza e violi soprattutto il sacrosanto “comandamento” del distanziamento sociale, perché si vanifichi la disciplina dei più. Questo è avvenuto e avviene tuttora, ma è molto improbabile che la “militarizzazione” della Cina e della Corea del Sud sarebbero accolte con entusiasmo dall’opposizione.
In somma, al di là della faciloneria propagandistica, siamo un popolo. Non parliamo di santi e di eroi, ma neanche di malfattori. Siamo un popolo che esprime una valida classe medica (che però, in tempi normali, ama moltissimo i vantaggi dell’esercizio privato); abbiamo eccellenze in campo scientifico (che però titubano e anche confliggono in presenza di terreni nuovi da esplorare); abbiamo una classe politica (maggioranza e minoranza) che ci assomiglia in tutto e per tutto: non è migliore né peggiore, l’abbiamo scelta noi. Noi che siamo un elettorato variegato e multanime, generoso, incostante, egoista e solidale. Non siamo un popolo eletto. E neppure dannato. Esattamente come quelli che abbiamo eletto.

 

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