Ololaha, Somalia di ieri e di oggi, mostra fotografica alla Biblioteca Chiesa Rossa

«Mi aveva detto di chiamarsi Warsame e che da due mesi seguiva questo gruppo di famiglie nomadi per insegnare loro a leggere e a scrivere . Veniva da Mogadiscio e studiava ancora in lingua italiana,

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«Mi aveva detto di chiamarsi Warsame e che da due mesi seguiva questo gruppo di famiglie nomadi per insegnare loro a leggere e a scrivere . Veniva da Mogadiscio e studiava ancora in lingua italiana, al liceo, mentre sua sorellina alle primarie studiava già in lingua somala, la cui scrittura era appena stata inventata». Era l’anno 1974 e da due anni la lingua maggiormente diffusa nel paese era stata codificata in scrittura ed erano stati rapidamente preparati dei testi scolastici in somalo per le scuole, con il progetto di arrivare a creare un’università somala e soprattutto di alfabetizzare tutta la popolazione.

somaliWeekLe fotografie che compongono la mostra  “Ololaha” , da domenica 7 aprile fino a mercoledi alla Biblioteca Chiesa Rossa e poi alla Casa delle Associazioni nell’ambito della Somali Week, su iniziativa dell’associazione Shukran, narrano questa straordinaria campagna di mobilitazione in tutto il paese, territorio vasto e difficile, abitato prevalentemente da tribù nomadi.

Le scuole furono chiuse per 7 mesi e studenti, insegnanti, funzionari, chiunque fosse in grado di insegnare, parteciparono all’opera di alfabetizzazione fin nel più remoto angolo del paese. Per la prima volta la popolazione nomade, la maggioranza, entrava in contatto con la popolazione urbana e con il lontano governo centrale. Obiettivo dello sforzo: rafforzare l’identità del popolo somalo e formare una classe dirigente/amministrativa che potesse guidare la nuova Somalia.

Erano gli anni ’70, sono passati 40 anni da allora e la Somalia ha attraversato una lunga tempesta. somaliWeek.1Al tentativo di emancipazione e sviluppo della nazione somala, con il colpo di stato militare, nel 1969, e la costituzione di un governo coadiuvato da tecnici e intellettuali civili, ha fatto seguito nel decennio 80/90,  la svolta totalitaria e corrotta del generale Siad Barre, fino a quando è scoppiata la guerra civile alimentata dai signori della guerra e poi dalle stesse corti islamiche, che ha devastato il paese e che non si e ancora veramente risolta.
Oggi la Somalia, divisa in tre zone autonome: il Somaliland e il Puntland (la parte nord ex amministrazione britannica ) e la Somalia con capitale Mogadiscio, ex amministrazione italiana, cerca di risollevarsi con molta fatica, perche gli attentati di Al Shabab continuano (di recente a Mogadiscio) e le  devastanti conseguenze dei traffici criminali delle potenze occidentali impediscono quella stabilità necessaria per poter avviare un serio progetto di risollevamento. Ma c’è fiducia sia  dentro che fuori il paese tra tutta quella parte di popolazione che forma la diaspora sparsa per il mondo.

foto nomadi copiaLa “Milan Somali Week”, settimana culturale e artistica, chiama la comunità somala di Milano e non solo a partecipare a progetti di sostegno in collaborazione con associazioni locali. L’evento, alla sua seconda edizione (6-13 aprile), si sviluppa tra la Biblioteca Chiesa Rossa, la Casa delle Associazioni di via Saponaro e la Comunità  Oklahoma di via Baroni, con mostre di oggetti artigianali, laboratorio di cucina somala, mostra fotografica e proiezione del documentario “Ololaha, Somalia 1974” e incontri con scrittori, giornalisti e rappresentanti istituzionali somali e italiani.

Per vedere il video sulla campagna di alfabetizzazione Ololaha del 1974, clicca qui

Per conoscere il programma della Milan Somali Week, clicca qui.

Elena Bedei
Fotografa videomaker
Autrice della mostra Ololaha
(Marzo 2019)

Giornalista dello scorso millennio, appassionato di politica, cronaca locale e libri, rincorre l’attualità nella titanica impresa di darle un senso e farla conoscere, convinto che senza informazione non c’è democrazia, consapevole che, comunque, il senso alla vita sta quasi tutto nella continua rincorsa. Nonostante questo è il direttore “responsabile”.

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