Piccolo vademecum per difendersi dalle fake news e dall’errore di scambiare le opinioni per fatti
Che internet e social media abbiano cambiato in pochi decenni la comunicazione è ormai una considerazione quasi banale, al pari della classicissima “non esistono più le mezze stagioni”. Come fare fronte a questi cambiamenti, che
Che internet e social media abbiano cambiato in pochi decenni la comunicazione è ormai una considerazione quasi banale, al pari della classicissima “non esistono più le mezze stagioni”. Come fare fronte a questi cambiamenti, che non dimentichiamo hanno a che fare con il consenso e quindi la democrazia, è questione ben più complessa da affrontare.
La risposta però a mio parere esiste, facile da individuare, ma difficile da realizzare: dobbiamo tutti assumere l’atteggiamento del buon giornalista (anche i giornalisti stessi).
Tutti facciamo giornalmente l’esperienza di navigare in un vero e proprio mare di dati, commenti, notizie proposte in forma scritta, audio, video o fotografica. La disintermediazione introdotta da internet, unita al calo di autorevolezza del giornalismo e alla sua difficoltà di evolversi (la Tv, che è il media più seguito, propone da decenni gli stessi programmi di infotainment,) pone ognuno di noi di fronte alla necessità di distinguere i fatti dai commenti e dalle false notizie.
Diciamo subito che il nostro intento non è addentrarci sulle differenze tra queste tre categorie, ma dare qualche consiglio di semplice buon senso giornalistico, per poter distinguere Lercio dal Corriere, un troll da un premio Nobel.
1 – VALUTA EMITTENTE. La prima regola aurea di cui tenere conto è l’autorevolezza di chi diffonde la notizia. Se siamo online – e siamo quasi tutti lì – è buona regola dare un’occhiata al “Chi siamo”, per farsi un’idea di chi parla. Se non c’è o è vago (per esempio non sono riportati sede fisica, mail o telefono), è buona regola stare alla larga: o è un bot (un programma che produce post) o uno che si vuole nascondere. In generale, nella raccolta delle notizie il consiglio è prediligere le testate giornalistiche (dove permangono alcuni obblighi deontologici che, per quanto sempre meno stringenti, hanno ancora il loro peso), le istituzioni dello Stato, istituti di ricerca, associazioni o enti noti, ovvero realtà che se diffondono notizie false ne pagano le conseguenze, come minimo in termini di prestigio.
2 – CERCA LE FONTI. La seconda regola quando si incrocia una notizia è la ricerca al suo interno delle fonti sulle quali è costruita. Se non sono citate, la notizia è da non ammettere tra quelle che ci servono per farci un’idea su una questione. Se ci sono le fonti, si deve valutarne l’attendibilità. Per esempio se il giudizio sui “giovani d’oggi” lo dà il commerciante sotto casa non gli si può dare lo stesso “peso” di una ricerca Istat. Sarà banale ma bisogna anche avere accortezza su come sono poste le fonti, un condizionale non vale come un indicativo: “avrebbe detto o fatto” non ha lo stesso grado di fattualità di un “ha detto o ha fatto”. Attenzione ai titoli, possono essere scritti più per attirare l’attenzione, che per informare. In ogni sono un sintesi: se la notizia interessa meglio approfondire.
3 – DISTNGUI COMMENTI E FATTI. Distinguere i commenti dai fatti dovrebbe essere facile, ma non lo è, perché ognuno di noi è inserito in una propria griglia di valori, giudizi e narrazioni che ci orienta costantemente a favore di un’idea o una tesi, piuttosto che un’altra.
Compiuto però lo sforzo di porsi nella disponibilità a rimettere in gioco costantemente le nostre opinioni, è fondamentale, tenere sempre all’erta lo spirito critico (che etimologicamente significa, appunto, distinguere) per non accogliere il giudizio o la conclusione di un emittente, come un fatto. In estrema sintesi un fatto è la descrizione di un evento, un’opinione è un commento che ne sottolinea un aspetto piuttosto che un altro, o, in quadro più ampio, che valuta l’evento determinante o irrilevante.
Il grande storico Marc Bloch, fondatore degli Annales e della storiografia moderna.
4 – ATTENTO ALLE FALSE NOTIZIE. Detto che la diffusione di false notizie è sempre esistita e ne abbiamo tracce sin dall’antichità, è indubbio, se non altro per una questione di volumi e potenza dei mezzi di diffusione, che oggi la loro pervasività è sempre più preoccupante. Tralasciamo mitomani e coloro che strumentalmente diffondono notizie false, per i quali servirebbero, rispettivamente, assistenza psicologica e leggi severe, per provare a capire come nascono le false notizie e provare a smascherarle.
Qui ci giunge in aiuto Marc Bloch, storico francese, che cento anni fa si è chiesto: “Le notizie false, in tutta la molteplicità delle loro forme – semplici dicerie, imposture, leggende -, hanno riempito la vita dell’umanità. Come nascono? da quali elementi traggono la loro consistenza? come si propagano, guadagnando in ampiezza a mano a mano che passano di bocca in bocca o di scritto in scritto?” (da Riflessioni di uno storico sulle false notizie di guerra).
Le conclusioni di Bloch sono illuminanti. Le false notizie dilagano e attecchiscono nella coscienza collettiva soprattutto quando regna paura, odio o incertezza (questi ultimi anni di pandemia e guerre ne sono l’esempio). Nascono, in genere, da una percezione inesatta della realtà, che dà luogo a deduzioni errate, che però soddisfano aspirazioni, bisogni profondi o calmano angosce. Senza ricorrere ai moltissimi esempi dell’attualità, ne riportiamo due esposti dallo stesso Bloch, riferiti alla Prima Guerra Mondiale, a cui lo storico partecipò dal fronte.
Sono il caso delle false notizie dei “Franchi tiratori belgi” e dell’”Arrivo delle truppe russe”.
La prima falsa notizia si diffuse durante l’invasione del Belgio da parte dei tedeschi. La resistenza dei locali stupì gli invasori, che erano convinti nel profondo della loro superiorità morale e bellica, e che per questo erano disorientati. La risposta fu trovata nei buchi nei muri degli edifici belgi, che furono scambiati per feritoie, mentre, in realtà, erano semplicemente una modalità costruttiva locale, sconosciuta ai tedeschi. Da qui la falsa notizia delle “belve belghe assetate di sangue” che dalle feritoie uccidevano facilmente i poveri soldati tedeschi.
La seconda falsa notizia fu l’arrivo di truppe russe in aiuto di Londra e Parigi. La forte speranza di inglesi e francesi in un sostegno militare da parte dell’Impero Russo fu trasformata in realtà dall’avvistamento di ufficiali e reduci russi a Edimburgo. La notizia di questa presenza si diffuse in un battibaleno lungo tutto il fronte, come risposta consolatoria all’angoscia di una guerra che mieteva centinaia di migliaia di vittime e sembrava non finire.
Sia nel primo che nel secondo caso la falsa notizia fu presa per vera non solo dai soldati, ma anche da governi, stati maggiori, stampa.
5 – PASSI DI PIOMBO SU INTERNET E SOCIAL MEDIA. Nell’epoca dei social media e di internet, luoghi privilegiati in cui la stragrande maggioranza cerca informazioni, la valutazione della fondatezza delle notizie e il confronto sono ancora più problematici, perché da una parte l’accesso completamente libero alla pubblicazione e dall’altra la natura stessa del mezzo gestito da algoritmi, rendono difficile la verifica delle fonti e degli emittenti.
Tutti abbiamo fatto l’esperienza di cercare online un libro di un determinato autore o informazioni su un preciso argomento e nelle settimane successive ricevere dalla rete proposte sempre quello stesso autore, argomento o su temi molto simili. Si tratta di logiche di marketing guidate da algoritmi e profilazioni, che possono funzionare per i “consumer” che cercano pacchetti viaggio, scarpe o dispositivi elettronici (anche su questo, a dir la verità, ci sarebbero dei dubbi), ma per la formazione di un’opinione politica nel senso più ampio del termine sono un grosso problema, perché limitano l’accesso a informazioni diverse, fossilizzano le posizioni e inibiscono il confronto. Sui social media la situazione da un punto di vista informativo è ancora più “asfissiante”, perché i gruppi sono generalmente composti da persone che la pensano allo stesso modo e questo, più che favorire il confronto e il recupero delle informazioni, spinge alla radicalizzazione.
Su come invece valutare l’attendibilità di una informazione online, ricordato il monito che Umberto Eco che disse «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli», l’unico modo è avere pazienza e valutare con attenzione autorevolezza e attendibilità di fonti ed emittente.
6 – CONCLUSIONI. L’aumento esponenziale della complessità, la disintermediazione e gli algoritmi che governano internet hanno reso molto più facile accedere a pseudo opinioni e molto più difficile e faticoso essere informati, rispetto a solo 30 anni fa. Come disse Eco quando pronunciò quel famoso monito su Internet, la rete è il regno delle bufale, degli scienziati improvvisati e del copia e incolla.
Il compito di tutti, prima di tutto dei giornalisti, è smascherare gli inganni, per cogliere tutte le immense opportunità della rete. La soluzione dovrebbe essere trattare l’informazione non come una merce, ma come un bene primario da cui dipende la democrazia stessa e moversi di conseguenza per tutelarla, anche in rete.
In attesa che questo accada, un’educazione all’informazione e una ricerca più consapevole possono fare la differenza.