Pietre d’Inciampo, un antidoto al negazionismo e all’oblio
Sono tre i sampietrini appena posati nella nostra Milano Sud. Semplici segni dalla grande forza evocativa. Che ci fanno riflettere su come le nostre esistenze tranquille e protette possano essere dall’oggi al domani stravolte e gettate
Sono tre i sampietrini appena posati nella nostra Milano Sud. Semplici segni dalla grande forza evocativa. Che ci fanno riflettere su come le nostre esistenze tranquille e protette possano essere dall’oggi al domani stravolte e gettate in un abisso di violenza e malvagità. Vigilare perché ciò che è accaduto non si ripeta.
Un sampietrino posto davanti alle abitazioni delle vittime delle persecuzioni nazi-fasciste qualsiasi ne sia stata la ragione: razza, religione, idee politiche, orientamenti sessuali; incisi, sulla superficie di ottone lucente, pochi dati essenziali: nome e cognome, data di nascita, data e luogo di deportazione, data di morte. Sono le “Pietre d’Inciampo”, Stolpersteine in tedesco, create dell’artista Gunter Demnig al fine di ricordare tutte le vittime del Nazionalsocialismo e come antidoto ad ogni forma di negazionismo e di oblio. Un segno quanto mai indispensabile ai giorni nostri, dopo che il recente “Rapporto Italia 2020” di Eurispes ha registrato un forte aumento dei negazionisti: il dato su chi pensa che la Shoah non sia mai avvenuta sale, dal 2004 a oggi, dal 2,7% al 15,6%!
Dal 1990 ad oggi ne sono state posate oltre 70.000, dislocate in 26 paesi europei, a costituire il più grande museo diffuso dell’olocausto. Le prime pietre posate a Milano risalgono a gennaio 2017. Ad oggi se ne contano 90. Le ultime 28 sono state inaugurate pochi giorni fa alla presenza di Gunter Demnig su iniziativa del Comitato per le “Pietre d’Inciampo”, di cui è Presidente Onorario la Senatrice a Vita Liliana Segre.
Le leggi per la difesa della razza furono promulgate in Italia il 5 settembre del 1938. Dopo l’armistizio iniziò anche per gli ebrei italiani il periodo di deportazione e sterminio. Nella Milano occupata, ebrei, antifascisti, oppositori politici venivano prelevati e portati al “Regina”, un tempo uno degli alberghi più lussuosi della città prima di venire requisito dai nazisti che ne fecero il proprio quartier generale. Terminati gli interrogatori e le torture i prigionieri venivano rinchiusi nel carcere di san Vittore in attesa dell’ultima fatale destinazione: il binario 21 della Stazione Centrale, il binario nascosto. I camion raggiungevano la stazione da uno spazio posto al di sotto dello scalo (precedentemente utilizzato per i treni postali) dove guardie armate di bastoni, spingevano donne, uomini e bambini, nelle carrozze buie che li avrebbero contenuti per un’intera settimana, senza spazio per muoversi o per fare i propri bisogni. I vagoni chiusi e impenetrabili alla vista venivano infine portati per mezzo di una rampa d’elevazione al piano superiore dove il treno cominciava la sua marcia verso la morte. Da questa area sotto la stazione, oggi sede del Memoriale della Shoah fra il 1943 e il 1945 partirono 20 convogli RSHA (dal tedesco: Direzione generale per la Sicurezza del Reich), mai uno fu visto tornare.
Fu questa la sorte che toccò a Mario Provasi, ad Umberto Recalcati e alla famiglia Varon, alcune delle vittime cui sono state dedicate le pietre d’inciampo appena posate; accomunati, oltre che nella terribile sorte, dal risiedere nei quartieri della nostra Milano sud. Tre semplici sampietrini dalla grande forza evocativa che ci inducono a riflettere su come le nostre esistenze tranquille e protette possano essere dall’oggi al domani stravolte e gettate in un abisso di violenza e malvagità; e su quanto sia importante “vigilare perché ciò che è accaduto non si ripeta. Anche nella nostra amata Milano.
Famiglia Varon, Via dei Cinquecento 19
Fratelli Bohor Nahman e Nissim Varon. Nati in Turchia ma di cittadinanza italiana, ottengono la residenza a Milano in Via dei Cinquecento 19 e si dedicano al commercio ambulante di calze da donna e da uomo. Le leggi razziali del 1938 tolgono loro la possibilità di proseguire l’attività regolare. Bohor Nahman è arrestato il 13 dicembre 1943 durante un controllo casuale in tram: è deportato ad Auschwitz dove arriva il 6 febbraio 1944 e subito assassinato. La moglie (Sara Attias) con i figli (Hasdai, Dora, Leon) vivono con il cognato Nissim e la sua famiglia, sino a quando, a seguito di una denuncia (il compenso per ogni segnalazione di ebrei era di 5.000 lire), il 7 giugno 1944 vengono arrestati, carcerati a San Vittore e quindi deportati ad Auschwitz dove vengono tutti assassinati all’arrivo, il 30 giugno 1944. (Nella foto: Bohor Varon e sua moglie Sara Attias).
Umberto Recalcati, Viale Bligny, 26
Umberto Recalcati Orfano di padre, frequenta l’istituto dei “Martinitt” dove apprende il mestiere di incisore e cesellatore. Aderisce al PSI e si trasferisce ad Alessandria dove svolge un intenso lavoro sindacale fra gli operai. Con l’avvento del fascismo, Recalcati continua l’attività di dirigente sindacale e nel 1926 riesce ad organizzare ad Alessandria uno sciopero degli operai argentieri: per questo viene licenziato. Schedato e diffidato, decide di abbandonare Alessandria per rientrare a Milano. Dopo il grande sciopero del 1° marzo 1944, in seguito ad una delazione, tutto il gruppo socialista milanese viene arrestato. Il 27 aprile 1944 è deportato prima a Fossoli, e poi a Mauthausen, matr. 82493, dove giunge il 7 agosto 1944. Trasferito a Gusen muore il 15 dicembre 1944.
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Mario Infante Provasi, Via Palmieri, 22
Ragazzo del ‘99 viene ferito alla testa da una scheggia di granata e posto in congedo illimitato. Trasferitosi da Mantova a Milano trova lavoro come tappezziere e sellaio e mette su famiglia. All’inizio degli anni ’30 gli viene assegnato un alloggio al quartiere Stadera, dove è attiva la 113° Brigata Garibaldi a cui aderisce. Viene arrestato ai primi di marzo del ‘44 su denuncia del portinaio dello stabile, per aver ospitato in casa dei partigiani. Deportato prima a Fossoli, raggiunge a Mauthausen il 11 marzo. Gli viene assegnata la matricola 57356. In data 4 luglio 1944 viene trasferito al Sanitätslager di Mauthausen: l’anticamera della morte.
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Mappa delle Pietre d’Inciampo a Milano