“Poesie di carta”. Un concerto di Grazia Di Michele, in omaggio a Marisa Sannia: un’artista straordinaria, da riscoprire. Il 13 febbraio al Teatro Litta

“Mi beso era una granada, profunda y abierta; tu boca era rosa de papel

“Mi beso era una granada, profunda y abierta; tu boca era rosa de papel…” Il mio bacio era una melagrana/profonda e aperta/la tua bocca era una rosa/di carta”. È un frammento di una poesia, struggente e sensuale, di un grandissimo poeta del Novecento, Federcio Garcia Lorca (Fuente Vaqueros, 1898-1936). È morto fucilato a Víznar, vicino a Granada, all’alba del 19 agosto 1936 dai militanti della polizia franchista del dittatore Franco, reo di essere di sinistra e per giunta omosessuale. E La rosa de papel è stato l’ultimo album di Marisa Sannia (1947, 2008), pubblicato postumo, a pochi mesi dalla morte dell’artista, dopo una breve e terribile malattia, in cui ai versi straordinari del poeta andaluso fa da tappeto sonoro, di rara bellezza e forza, un accompagnamento musicale che sottolinea, esalta e impreziosisce il canto.

Discreta, riservata, quasi schiva, arrivata al successo con la celeberrima Casa bianca in coppia con Ornella Vanoni, conquistando il secondo posto al Festival di Sanremo nel 1967, dopo la ricerca compiuta su melodie e poesia della sua Sardegna, Marisa Sannia si era gettata con passione alla scoperta di Federico Garcia Lorca, decidendo di musicarne dodici poesie del periodo giovanile e di cantarle in lingua originale.

«Popolarissima per i brani di musica leggera portati al successo negli anni ‘60 e ‘70, credo che lei oggi vorrebbe essere ricordata anche per ciò che non l’ha resa famosa, ma che invece più rispondeva alla sua particolare sensibilità artistica: l’amore per i poeti e la poesia. È doveroso, per chi ricorda Marisa Sannia al Festival di Sanremo, che la riascolti e ne riscopra questi meravigliosi aspetti inediti, proprio come ho fatto io», ci racconta Grazia Di Michele, 67 anni di bellezza e fascino, intelligenza e sensibilità, indossati con l’eleganza del cuore.

Cantautrice (musicoterapeuta, scrittrice, conduttrice radiofonica, insegnante di musica, curatrice di rassegne cantautorali), l’artista romana ci continua ad emozionare in tutta la varietà di progetti che sta creando. Dopo il nuovo singolo uscito a fine dicembre su tutte le piattaforme digitali Dall’altra parte (“una riflessione su quanto sia sempre più difficile mettersi “dall’altra parte”, capire, capirsi”), Grazia di Michele adesso porta per la prima volta a Milano, il 13 febbraio al Teatro Litta, “Poesie di carta”, il suggestivo concerto-spettacolo che ha voluto dedicare alla cantautrice sarda. Accompagnata dai musicisti storici di Marisa (Marco Piras per anni suo collaboratore artistico – arrangiatore pianoforte, Fabrizio Fabiano – violoncello, Bruno Piccinnu – percussioni) e dai suoi collaboratori storici (Fabiano Lelli alla chitarra ed Ermanno Dodaro al contrabbasso). 

Dopo Roma e la Sardegna (la terra dove la Sannia è nata) finalmente lo spettacolo arriva Milano!
«È stato accolto dal pubblico con un calore speciale. Marisa è nel cuore di tantissime persone e anche chi non conosce la sua storia artistica resta catturato dalla bellezza delle musiche, dalle atmosfere, dalle parole, così mi sono detta: “è arrivato il momento di portarlo in giro”. Vorrei ringraziare Paolo Testori che fortemente ha voluto questa data di Milano, una data simbolica: Marisa era nata ad Iglesias il 15 febbraio 1947, e nel febbraio 1967 aveva partecipato al programma condotto da un giovane Pippo Baudo Settevoci, dove vinse per sette puntate di seguito e che la catapultò l’anno successivo sul palco di Sanremo. E aggiungo: ogni volta che vengo a Milano sono felice, perché a Milano ho vissuto meravigliosamente bene metà della mia vita, e ci ho lasciato un pezzo di cuore. Abitavo vicino ad Ornella Vanoni, e andavo molto spesso da lei con la mia chitarra nella sua bellissima casa. Alcuni brani musicali sono nati dalle nostre lunghe chiacchierate».

Come e perché hai deciso di dedicarle uno spettacolo?
«Perché Marisa è stata un’artista straordinaria, che si conosce poco. Nei suoi ultimi lavori, è riuscita a musicare poesie di poeti sardi e di Federico Garcia Lorca con un’intelligenza e professionalità che mi hanno incantato. Sento di dover far conoscere a chi la ignora, la bellezza di tutto questo prezioso repertorio».

Come hai costruito lo spettacolo?
«Lo spettacolo comprende i brani di Rosa de Papel ma ho anche inserito alcuni dei brani in sardo tratti dai versi delle poesie di Antonio Casula e di Francesco Masalaho che Marisa aveva musicato, e ho ripreso anche due canzoni molto belle, scritte da Sergio Endrigo e naturalmente Casa bianca . E abbiamo la sua voce che ci segue in tutto lo spettacolo. Ogni tanto Marisa racconta il suo punto di vista sulla musica, sulla poesia, sull’arte».

Eravate amiche?
«La conoscevo per gli incontri fugaci che si fanno nel nostro ambiente, credo anche però che le amicizie possano nascere anche quando le persone non le si hanno conosciute in vita. Oggi sento di averla come amica, anche se lei non c’è più».

Com’è nata questa “amicizia” oltre il tempo e lo spazio?
«È iniziato tutto per caso. Qualche tempo fa prima della prima ondata della pandemia – Vincenzo Sanfo, curatore di un museo di Torino, mi chiese di presenziare a una mostra dedicata a Federico Garcia Lorca e Salvador Dalì, sul loro rapporto, sul loro carteggio e la loro amicizia, cantando uno o due brani di Garcia Lorca. Quando dissi “va bene, mi informo meglio”, lui mi porge un Cd e aggiunge: “Mi piacerebbe tu lo ascoltassi. Si chiama Rosa de Papel”. Per quanto io sia dentro la musica, questo lavoro di Marisa Sannia in cui aveva musicato dodici poesie di Federico Garcia Lorca, all’epoca mi era sfuggito. Ma il cd era solo una parte del progetto, perché su Garcia Lorca lei aveva preparato anche uno spettacolo teatrale e che solo la morte ha interrotto. Una volta ascoltato, me ne sono innamorata. Quelle canzoni non dovevano finire nel dimenticatoio».

Hai avuto la collaborazione della famiglia?
«Non sono una che ha la faccia tosta e disturba le persone e invece mi sono ritrovata a chiamare il marito (Mauro di Martino, recentemente scomparso – NdR), l’ho fatto d’impulso. Mi sono vista arrivare il copione originale dello spettacolo che Marisa aveva già preparato con tutte le sue annotazioni, cancellature e pensieri scritti a mano. È stato come aprire uno scrigno prezioso. Così sono partita da questi progetti, per tornare indietro nel tempo e scoprire che aveva musicato anche alcune opere di poeti sardi. Successivamente sono entrata in contatto con Marco Piras, storico arrangiatore e produttore di Marisa, e gli ho chiesto di far ripartire questa meraviglia. Senza di lui sarebbe stato difficilissimo».

Emozioni, pensieri e sensazioni durante la ricerca?
«Ho cercato di rispettare le sue ispirazioni, di guardare con i suoi occhi, di dare il suo peso alle parole. È come quando senti la responsabilità di una grande eredità che arriva inaspettatamente, cerchi di custodirla e proteggerla fino in fondo. Difficilmente ho sentito un lavoro così bello e raffinato. Oggi mi sembra naturale che potessi essere io a raccogliere questa sua eredità. Ma direi che questo spettacolo era il desiderio di Marisa stessa. Immagino lei che ci guarda e ci guida perché tutto vada come dovrebbe andare. Con questo spettacolo stiamo ricucendo qualcosa che si è strappato improvvisamente».

Fra le poesie di Lorca quella che più ti emoziona cantare?
«Congedo, ma fatico davvero a scegliere tra le tante perché tutte bellissime. Scrive: “Se muoio, / lasciate il mio balcone aperto. / / Il bambino mangia arance. / (Dal mio balcone lo vedo). // Il mietitore taglia il grano. / (Dal mio balcone lo sento). / / Se muoio, / lasciate il mio balcone aperto”. Mi commuove sempre».

Conoscevi già Garcia Lorca?
«Ho amato molto Garcia Lorca, ho amato la sua poesia irruente e sanguigna, delicata e malinconia al tempo stesso. Tutta la sua poesia è, in fondo, poesia “d’amore”, lì c’è tutto ciò che un cuore cerca e che la poesia esprime: bellezza, sangue, sospiro, tormento, piacere. Federico García Lorca, prima di essere poeta, fu musicista. Inizia a prendere lezioni di piano dal vecchio maestro Antonio Segura, diventa tanto bravo nello studio del pianoforte che i genitori pensano di mandarlo a Parigi a studiare composizione. E come tanti andalusi, amava la chitarra: “Quando morirò seppellitemi con la mia chitarra sotto l’arena”. Di fatto, Lorca ha un rapporto importante con la musica perché “con le parole si dicono cose umane; con la musica si esprime quello che nessuno conosce né può definire”. Le sue poesie saranno sempre anche delle canciones, recuperando anche le melodie popolari che ebbe modo di ascoltare da piccolo, nell’ambiente di Granada».

Poesia in musica, musica che diventa poesia…
«La poesia, sia chiaro, ha in sé la sua musica, vive benissimo anche senza di lei. Lo stesso, la musica. Però, quando la musica è già dentro la parola e Quando la musica sa mettersi al servizio della poesia in maniera intelligente, il dono che noi ne riceviamo è unico. La musica trasporta le parole più vicine a noi e travolge in un solo battuto il sentire e l’ascoltare. Ma le belle parole sono rare, come raro è l’equilibrio che le valorizza. Marisa è riuscita a lavorare sulla musica in maniera egregia, rispettando e valorizzando il testo del poeta. Il rispetto con cui lei si accosta al repertorio del grande andaluso è testimoniato anche dal lavoro di studio e preparazione che lei aveva fatto per tre anni, gli ultimi della sua vita. Dentro c’è una cura, un amore, un rispetto delle parole, dei suoni e dei mondi poetici a cui si è approcciata, incredibile. Il suo obiettivo era quello di cesellare attentamente e pazientemente suoni e parole, come parte di una sinfonia».

Ci sono anche brani cantati in lingua sarda
«All’inizio, ero anche un po’ spaventata dalla complicazione della lingua. Ho una mente molto musicale, una buona memoria ma non sono brava a imparare le lingue. È successa invece una cosa bellissima. Mentre sentivo il disco memorizzavo le parole e le imparavo immediatamente. Non me lo so spiegare, ma il fatto che il sardo sia una lingua molto musicale ha aiutato tantissimo!».

Programmi futuri?
«Ad aprile, debutterò a Milano con uno spettacolo intenso e molto bello con Giovanni Nuti, Una storia d’amore, dedicato a Luigi Tenco e Dalida».

Cos’hai in agenda oltre a questo spettacolo?
«Sta per uscire un libro di racconti, Rose principi e serpenti (dopo Apollonia e La regola del bucaneve, pubblicati da Castelvecchi). Sto lavorando a un nuovo album con mia sorella Joanna. Ormai da trent’anni, abbiamo un rifugio di animali che hanno avuto delle vite difficili, e faremo un disco raccontando le loro storie. Faccio davvero tante cose entusiasmanti e la musica è sempre presente».

Marisa Sannia.

Si occupa della sezione Cultura e Società per donneinsalute.it; da free lance ha collaborato con le maggiori riviste femminili (Anna, Donna Moderna, La Repubblica delle donne, Glamour, Club 3). È stata redattore del mensile Vitality di Psychologies magazine e Cosmopolitan, occupandosi di attualità, cultura, psicologia. Ha pubblicato le raccolte di poesie “Come un taglio nel paesaggio” (Genesi editore, 2014) “Sia pure il tempo di un istante” (Neos edizioni, 2010).

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