Porto di mare: “un’oasi” rinata, tutta da scoprire
È l’ora del tramonto, un dolce tramonto settembrino che mi sto godendo dalla sommità della collinetta che domina l’ormai rinato parco al Porto di Mare: se fossi un pittore sarei combattuto se piazzare il cavalletto
È l’ora del tramonto, un dolce tramonto settembrino che mi sto godendo dalla sommità della collinetta che domina l’ormai rinato parco al Porto di Mare: se fossi un pittore sarei combattuto se piazzare il cavalletto verso sud immortalando la splendida Abbazia di Chiaravalle immersa nella campagna, o al contrario voltarmi di mezzo giro e cogliere il contrasto tra le aree più selvagge del parco e i grattacieli che sullo sfondo disegnano lo skyline della Milano del futuro.
Fino a pochi mesi fa questo tratto di parco, noto come il famigerato “Boschetto della droga”, era inaccessibile e pericoloso. Oggi a circa tre anni dalla presa in carico da parte di Italia Nostra del progetto di riqualificazione degli oltre 65 ettari di verde rimasti per decenni in balia del degrado e dell’abbandono, i cittadini possono finalmente frequentare un parco ripulito e che mostra delle interessanti caratteristiche naturalistiche, che hanno indotto gli operatori di Italia Nostra a commissionare un censimento faunistico che ha riservato interessanti scoperte.
Ce le illustra Oreste Sacchi, uno degli zoologi dello Studio Naturalistico Platypus incaricato di curare i monitoraggi, che mostra subito un contagioso entusiasmo per quanto rilevato: «Il parco si caratterizza per la presenza di una varietà di specie che in genere non si riscontra in città ma all’interno dei parchi regionali come ad esempio il Parco del Ticino».
Le peculiarità del parco si colgono chiaramente accedendo dal confinante Parco Cassinis: ci si lascia alle spalle i tipici giardini cittadini di un tessuto erboso curato e uniforme per ritrovarsi progressivamente in un ambiente più selvaggio costituito da una maggiore varietà di micro-habitat: un alternarsi di spazi aperti e chiusi, specchi d’acqua, zone umide, vegetazione spontanea, colture foraggere. Nell’area dei laghetti, l’unico punto del parco dove l’acqua è sempre presente, il censimento ha rilevato la presenza della Folaga, della Gallinella d’acqua, del Tufetto, ma soprattutto del re degli uccelli acquatici: il Cavaliere d’Italia, specie protetta che qui ha nidificato per due anni di fila. Molte le varietà di anatidi presenti: l’Alzavola, la Marzaiola, il Germano reale che durante il mese di aprile è possibile ammirare con i suoi anatroccoli.
Oreste ci fornisce dettagli interessanti: «Nell’area dei laghetti la zona boschiva è più vecchia e presenta massa legnosa morta che viene usata da insetti decompositori di cui si nutrono i picchi presenti nel parco in buona consistenza, insieme a rondini e rondoni e altri silvidi come la Capinera».
Il censimento al canto, svolto al mattino presto, ha rilevato invece la presenza di numerosi passeriformi boschivi mentre i monitoraggi notturni hanno individuato una serie di rapaci quali il Gufo, la Civetta, l’Allocco, e l’Assiolo.
Nella zona cosiddetta dei pratoni (l’area incuneata tra le vie Sant’Arialdo e San Dionigi) sono stati avvistati rapaci diurni come il Gheppio e la Poiana. Le aree più aperte del parco si sono scoperte essere il regno di Lepri, Minilepri, Conigli e anche di un numero consistente di Fagiani. «La presenza del Fagiano – ci spiega Oreste – è un ottimo indicatore di diversità ambientale; la sorpresa più grande è stata però trovare la Volpe che entra ed esce dal parco, muovendosi all’interno di un’ampia area che comprende il parco della Vettabbia e le campagne adiacenti».
La zona della prateria (alle pendici del boschetto) si caratterizza invece per la presenza di piccole depressioni naturali del terreno che con le piogge si riempiono creando delle zone umide temporanee utilizzate dagli anfibi: quali il Rospo smeraldino, piccolo rospetto macchiettato di bianco e verde e annoverato tra le specie protette.
Lo zoologo su questo aspetto mostra una certa preoccupazione: «Purtroppo, non essendo presente in questa parte di parco acqua di falda, la sopravvivenza e la riproduzione di queste specie è strettamente legata alle piogge: la cui scarsità determina il prosciugamento di questi piccoli stagni bloccando inevitabilmente la metamorfosi delle uova deposte». La gestione delle acque è uno degli aspetti più critici: la strada proposta dagli zoologi è quella di provare a creare delle nuove zone umide e di dare più profondità a quelle esistenti.
Altro tema delicato è quello relativo alla modalità e alla tempistica degli sfalci. Gli sfalci invasivi eseguiti nel periodo riproduttivo rischiano infatti di privare gli animali di risorse alimentari e di zone di rifugio. Se i primi due anni sono stati sostanzialmente dedicati alla raccolta e rimozione dei rifiuti e alla risoluzione dell’annoso e radicato problema dello spaccio, da ormai qualche mese gli operatori di Italia Nostra stanno concentrando i loro sforzi sulla fisionomia definitiva da dare al parco che dovrà prevedere delle aree ricreative facilmente fruibili dai cittadini (il percorso per le mountain bike aperto circa un anno fa ne è un esempio) mantenendo al contempo quella componente naturalistica e faunistica che è una sua peculiarità e che in parte l’accomuna alle riqualificazioni pienamente riuscite al Parco delle Cave e al Bosco in città. «La grande differenza rispetto a questi due parchi – tiene a sottolineare Oreste – è l’accessibilità: più difficoltosa al Porto di Mare, di fatto ubicato al di fuori della cerchia urbana, al confine con la campagna».
Una criticità che può trasformarsi in un’opportunità, per sperimentare un rapporto tra periferia e campagna più modulato e armonico. Io e il mio interlocutore ci ritroviamo a correre con la fantasia spingendoci a delineare uno scenario in cui i parchi urbani siano interconnessi per mezzo di “corridoi” che consentano di muoversi a piedi, in bicicletta o con altri mezzi sostenibili fino a raggiungere le vicine campagne per una gita o per acquistare a km zero i prodotti dalle cascine più prossime alla città creando un circolo virtuoso che implichi una diversificazione e una maggiore consapevolezza nelle scelte di consumo.
Insomma, una città sempre più sostenibile e costruita a misura dei suoi abitanti che ricordiamolo non sono solo gli esseri umani ma anche piante e animali che contribuiscono in maniera determinante a mantenere in salute noi stessi e l’ambiente in cui viviamo. Negli ultimi anni, è indubbio che una maggiore sensibilità verso le tematiche di sostenibilità ambientale e di qualità della vita urbana sia cresciuta, ma l’emergenza legata alla pandemia ci sta chiedendo o forse addirittura intimando di accelerare e saltare senza indugi sul treno del cambiamento. Molto dipenderà dalle scelte future degli amministratori, ma anche da quanto noi cittadini saremo in grado di credere e lottare per una nuova visione di progresso.
Dalla collinetta in cui mi trovo, mentre ormai il sole sta per scomparire dietro l’orizzonte il mio sguardo abbraccia per l’ultima volta il paesaggio che dall’Abbazia di Chiaravalle arriva fino ai grattacieli di Porta Nuova e il parco ai miei piedi sembra gettare un ponte tra la Milano del passato e quella del futuro.
Foto (in ordine): Cavaliere D’Italia; Faro-platypus per censimenti notturni; Coniglio; Folaga; Gufo comune: Minilepre; Nitticora; Rospo smeraldino. Ph: Sacchi, Ziliani, Restivo, Gilio dello Studio Naturalistico Platypus di Milano.