Quattro misure urgenti per il Terzo settore, il non profit e l’associazionismo

L’avvio della fase due della crisi del coronavirus, porterà necessariamente l’attenzione da dentro gli ospedali, al territorio. Dalla sanità al sociale. È qui che nei prossimi mesi si giocherà la partita della tenuta del Paese

L’avvio della fase due della crisi del coronavirus, porterà necessariamente l’attenzione da dentro gli ospedali, al territorio. Dalla sanità al sociale. È qui che nei prossimi mesi si giocherà la partita della tenuta del Paese e delle singole comunità. Il volontariato e il terzo settore hanno dato e stanno continuando a dare un contributo straordinario: 100mila volontari e tantissimi operatori sociali impegnati sul campo in attività di protezione civile, di trasporto sanitario, di assistenza sociale, di consegna dei medicinali e dei pasti a poveri ed anziani, solo per dare qualche numero e fare qualche esempio. E lo hanno fatto spesso in condizioni molto difficili. Come testimonia la lettera scritta il 10 di aprile dalla cooperazione lombarda al governatore Attilio Fontana in cui si denuncia, a mesi di distanza dallo scoppio dell’epidemia, la mancanza di mascherine, tamponi e degli altri dispositivi di sicurezza per il personale ospedaliero e socio-sanitario, compresi i lavoratori di Rsa e Comunità, cooperative sociali e Terzo Settore, tutti lavoratori dei servizi essenziali. Nella prima fase, al di là delle parole (Giuseppe Conte in una delle sue numerose uscite pubbliche di queste settimane ha definito il Terzo settore “cuore pulsante della società”) il non profit è stato sostanzialmente dimenticato dalle misure introdotte dal Cura Italia e dal successivo decreto Liquidità. Tanto che Vita, la testata di riferimento del Terzo settore in Italia attraverso il suo sito e insieme al suo comitato editoriale ha promosso una campagna per chiedere al governo quattro misure urgenti:

  • Sostegno finanziario agli enti di Terzo settore colpiti e coinvolti dall’epidemia Covid-19 attraverso la previsione di fondi per la copertura delle perdite finanziarie dovute al blocco delle raccolte fondi e alle minori entrate di natura corrispettiva da soggetti pubblici e privati.
  • Sblocco immediato del Dpcm pronto da mesi che rivede la disciplina del 5 per mille
  • Provvedimenti volti a dare continuità e sicurezza alle attività di volontariato imprescindibili in questo momento.
  • Potenziamento del fondo per la non autosufficienza.

La distruzione o anche solo la diminuzione del nostro capitale sociale sarebbe un vero disastro. Occorre quindi evitare di cadere nell’errore di prestare scarsa attenzione è la dimensione socio-relazionale della crisi.

Con la consueta lungimiranza il professor Stefano Zamagni, uno dei più arguti osservatori del Terzo settore italiano, osserva come nei tavoli o cabine di regia dove si disegnano le strategie di intervento, finora il mondo del sociale e dell’economia civile non è stato invitato a dare il contributo di cui è altamente capace. Quale contributo? Primo, l’apparato di conoscenze e informazioni che solo chi opera sul territorio e per il territorio è in grado di fornire. Secondo, l’assolvimento di mansioni come il rilevamento della temperatura corporea, il prelievo dei tamponi, il trasporto degli ammalati (si pensi al beneficio che ne avrebbero tratto medici e infermieri allo stremo delle forze). Terzo, e soprattutto, la predisposizione di vere e proprie azioni di pedagogia sanitaria e di educazione alla responsabilità intesa non tanto come imputabilità, ma come farsi carico del peso delle cose, del prendersi cura dell’altro.

Il rischio più profondo in questa crisi è di perdere una grande opportunità di cambiamento. Sé non riusciamo a leggere questo segno come il suggerimento per un mondo nuovo, totalmente diverso da prima, allora le sofferenze patite saranno vane. Non possiamo permettercelo.

Stefano Arduini
Direttore responsabile di Vita

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