Reportage dalla Ciuvascia. Racconti della Volga: un mese a Cheboksary
Di questi tempi, il collegamento è immediato: la Russia è un paese che associamo subito ai più recenti (e spesso, purtroppo, tragici) sviluppi geopolitici internazionali ma che, soprattutto, divide l’opinione pubblica et impera su di
Di questi tempi, il collegamento è immediato: la Russia è un paese che associamo subito ai più recenti (e spesso, purtroppo, tragici) sviluppi geopolitici internazionali ma che, soprattutto, divide l’opinione pubblica et impera su di essa. C’è chi in questo gigante vede un pericolo pubblico a causa dell’autoritarismo del suo governo, chi invece da questo potere forte resta affascinato, concependolo piuttosto come un modello da imitare. Infine troviamo la categoria di coloro che si sono innamorati di un retaggio storico e culturale unico, la cui ricchezza trascende la vita politica nel suo senso più contingente e, in un certo senso, più vile, aprendo la finestra su un mondo di simboli e di perenni contraddizioni. Così, con gli occhi di una rappresentante di questa categoria, vorrei raccontare di questa vita nova a Cheboksary, capitale della Repubblica Ciuvascia, parte di quel territorio di dimensioni ciclopiche che è la Federazione Russa e, per i prossimi mesi, mia nuova residenza.
Iniziamo ovviamente dallo scopo del viaggio. Cosa spinge una milanese ad atterrare in terra russa e, più specificatamente, in una città il cui nome è pressoché sconosciuto all’estero (e anche in patria non particolarmente noto)? Possiamo dire che la motivazione principale è proprio questo suo status di città provinciale: a Cheboksary è impossibile trovare la variegata società (un po’) poliglotta che invece pascola regolarmente per gli ampi viali moscoviti. Imparare a parlare russo, mio obiettivo primario in questa esperienza, è diventato quindi una necessità ancora più impellente, in quanto comunicare in altre lingue risulta quasi impossibile. Il secondo obiettivo, non meno importante, è quello di inserirsi all’interno di un’esperienza lavorativa all’estero. Sono qui infatti per insegnare lingue straniere attraverso l’associazione culturale Sodruzhestvo (ovvero “cooperazione”, “comunità”) che si occupa di organizzare le più disparate attività culturali e da cui, alcuni anni fa, è nata la scuola di lingue Language for success. Quest’ultima ha diverse sedi in città e vanta un’offerta molto ampia nella scelta delle lingue insegnate. Oltre alle più gettonate come inglese, francese, tedesco e spagnolo vi sono cinese, italiano, turco, arabo e ciuvascio (la lingua locale) e molte altre. Ovviamente la disponibilità di impartire lezioni dipende anche dalla reperibilità di volontari stranieri come noi.
È proprio questa vocazione internazionale che mi ha portato ad interessarmi alle attività dell’organizzazione. Soprattutto ora, ad un mese dal mio arrivo, capisco l’importanza di centri di questo tipo e delle persone che lavorano al suo interno.
La più grande isola del mondo
La Russia vista dall’interno appare quasi come un’isola gigantesca, di cui solo una parte (Mosca e San Pietroburgo) risulta saldamente ancorata alla terraferma, ovvero al resto del mondo. Guardando con gli occhi di chi arriva da una città di mezzo (Mediolanum) che a sua volta è situata in un paese al centro del Mare tra le Terre per antonomasia, qui a Cheboksary le cose sono molto diverse. La Russia ha sviluppato, soprattutto recentemente, un carattere chiuso e fortemente protezionista a livello politico. Basti pensare ai piccoli dettagli della via quotidiana: i posti di lavoro per stranieri, ad esempio, qui a Cheboksary sono solo una decina. La macchina burocratica è estremamente pesante e le regole per i visti sono tra le più rigide esistenti.
Nonostante questo alcuni abitanti, spesso parte di una classe privilegiata, che hanno potuto viaggiare e talvolta vivere all’estero irradiano voglia di andare oltre queste barriere e vogliono aiutare a disseminare questo desiderio anche nella gioventù locale e cercare di far crollare i muri che spesso la politica costruisce artificiosamente davanti agli occhi, danneggiando gravemente il futuro di una popolazione già messa in difficoltà dalla recessione economica che affligge il paese.
Poter partecipare a questa missione di instillare curiosità verso altri paesi, spronando i giovani ad imparare lingue straniere è affascinante ed appagante: la promozione delle attività di volontariato internazionale e dei corsi di lingua, oltre a permettermi di insinuarmi nelle scuole locali e vedere una fetta di società tanto importante ma a cui non potrei accedere altrimenti, è anche un modo per sentirmi come un tassello di quel movimento che spinge per un pianeta senza barriere. Non significa questo una perdita della propria cultura, ma una condivisione di punti di vista diversi, nella creazione di un vero e proprio dialogo tra popoli.
I più giovani nelle scuole in Russia, così come in Italia, studiano la lingua inglese: è difficile però trovare persone che possano comunicare in questo idioma franco e metterlo in pratica attivamente ancora di più. Questo ovviamente accade anche in Italia, sebbene qui il fenomeno è decisamente più marcato: ad esempio, su tre ostelli diversi in cui ho soggiornato nel centro di Mosca, solo uno aveva del personale in grado di comunicare efficacemente in una lingua diversa dal russo. Per questo è importante convincere i giovani ad applicarsi nell’apprendimento e ad uscire dalla propria comfort zone locale. Un fatto che ho trovato significativo è la curiosità dei ragazzi verso chi viene da un altro paese: mi sono trovata davanti volti sorpresi di vedermi, alcuni che chiedevano di essere fotografati insieme a me (e, in un’occasione, la frenesia generale si è sospinta inaspettatamente fino agli autografi sui volantini!). Una speranza, un granello di sabbia che rotola e che può contribuire a far muovere il deserto.
Della Ciuvascia e di altri popoli in Russia
L’incredibile estensione del territorio russo si traduce nella convivenza di una quantità impressionante di popoli, etnie, culture. La natura di questo gigante diviso tra Europa ed Asia si riflette ancora oggi sugli stili di vita della popolazione e anche sui loro rapporti con il vertice di potere moscovita, che è in ultimo il vero e proprio metro di paragone presente a noi stranieri, quando in realtà rappresenta veramente solo una minuscola parte della Russia. Proprio per questo motivo, nonostante sia sede del potere centrale, Mosca appare estremamente lontana qui a Cheboksary. Questo rapporto è diverso per ogni territorio della Federazione, a causa di un caleidoscopio di storie parallele che si fondono in un unico grande calderone che è quello della grande storia russa ancor prima della rivoluzione. L’esempio con cui mi sono scontrata nella mia quotidianità, ad esempio, è la difficoltà nel reperire anche i più noti quotidiani nazionali, venendo qui preferite testate locali.
Ma veniamo ora alla Ciuvascia: Repubblica facente parte della federazione russa i cui abitanti, i Ciuvasci, parlano una lingua di origine turca e quindi estremamente diversa dal russo. Il ciuvascio è però un idioma che sta perdendo la sua vitalità, essendo lingua prevalentemente della popolazione di campagna e di chi, in città, vuole preservarla e mantenerla viva; il russo la sta però lentamente rimpiazzando in molti ambiti.
Una delle prime cose che ho notato, arrivando nel piccolissimo aeroporto di Cheboksary e venendo scortata alla mia futura casa in una tempesta di neve marzolina, sono i monumenti ai cosmonauti: in questa Repubblica il fermento per il mito dello spazio è molto sentito e, oltre a un bel monumento a Jurij Gagarin vicino al centro, qui regna il mito del terzo cosmonauta sovietico ad andare nello spazio, Andrijan Nikolajev originario appunto della ciuvascia. Nelle scuole i bambini creano progetti di ogni tipo su questo tema, anche in vista della celebratissima Giornata Nazionale dei Cosmonauti (il 12 Aprile), e non è raro trovare giovanissimi cadetti con il sogno di trasferirsi al cosmodromo di Baikonur, nel confinante Kazakhstan.
Il primo impatto con il luogo forse non poteva essere migliore: nonostante le difficoltà della lingua e le temperature invernali che lasciano poco spazio al tepore della primavera, ho sempre trovato chi mi aiutasse in caso di bisogno, provando a venirmi incontro. Cheboksary è una città molto estesa ma al contempo provinciale: qualche museo sparso per la città e una bella passeggiata panoramica sulla Volga la rendono comunque una città piacevole, sebbene sia ben lontana dalle architetture europee. In un misto di edifici grigi, casermoni di grandi dimensioni, spuntano ogni tanto case più vecchie e chiese dai vivaci colori pastello e dalle punte dorate, spettro di un lontano passato.
Ed in questo risiede anche il fascino di vivere qui: un viaggio a ritroso nel tempo, avendo però come raffronto una sfera nuova, più moderna e vicina a noi, modelli di vita contrastanti forzatamente destinati a coesistere.
Federica Stefani
(Maggio 2017)
Benedetta 13 Maggio 2017
Articolo molto interessante e piacevole, rende il “senso della periferia” senza scadere. Brava!