Scali ferroviari, il Consiglio comunale respinge l’accordo
Il 2015 si chiude purtroppo con una brutta notizia sull’Accordo di Programma tra Ferrovie dello Stato e Comune di Milano: il provvedimento, che già non era passato il 3 dicembre per mancanza del quorum, è
Il 2015 si chiude purtroppo con una brutta notizia sull’Accordo di Programma tra Ferrovie dello Stato e Comune di Milano: il provvedimento, che già non era passato il 3 dicembre per mancanza del quorum, è stato respinto mercoledì 9 dicembre con 23 voti contrari a fronte di 21 a favore.
Per il no si sono espressi anche alcuni esponenti della maggioranza, a partire dai consiglieri della Sinistra per Pisapia, Basilio Rizzo e Anita Sonego, fino ai consiglieri Roberto Biscardini (Gruppo Misto), Marco Cappato (Radicali) e Raffaele Grassi (IdV). Una votazione che, nonostante i tentativi del sindaco Pisapia di sminuirne la portata, parlando di un semplice “incidente di percorso”, ha di fatto scosso molto l’amministrazione cittadina. Diverse sono state le motivazioni che hanno portato i 5 consiglieri a votare no; queste sono sia di natura tecnica – piano troppo “debole”, indici di edificabilità ancora troppo alti, poche case popolari o ad affitto calmierato; sia di natura politica – non sono state fatte commissioni a riguardo, scarsa partecipazione della cittadinanza. Motivazioni completamente respinte dall’ex assessore all’Urbanistica e vicesindaco Ada Lucia De Cesaris e dall’assessore Pierfrancesco Maran nell’incontro pubblico tenutosi martedì 15 dicembre presso il CdZ3. I due esponenti della giunta hanno spiegato che nel 2013 si sono tenute due commissioni in Consiglio comunale, dove sono state accolte tutte le proposte di migliorie al Piano.
Rispetto alla bozza precedente della giunta Moratti, questo accordo avrebbe previsto, inoltre, una riduzione del 33% dell’edificabilità portando la superficie da edificare da 822mila mq a 676mila mq (tra questi sono compresi circa 11mila alloggi di edilizia sociale), a vantaggio degli spazi pubblici, in particolare ad uso parco, che sarebbero saliti a 595mila mq (pari a una volta e mezzo il Parco Sempione). Un rapporto, quindi, mai stato così vantaggioso per il verde. La ripartizione, inoltre, non sarebbe stata fatta in modo uniforme per ogni scalo, ma sarebbe stato ragionato in base alla conformazioni dei quartieri limitrofi e alle esigenze emerse durante i tanti incontri aperti alla cittadinanza fatti nelle diverse zone, con la collaborazione del Politecnico di Milano. Questo avrebbe portato a trasformare lo scalo San Cristoforo in un grande parco urbano, lo scalo di Porta Genova in un polo terziario di ricucitura tra i Navigli e la zona Tortona e lo scalo di Porta Romana in un mix tra residenze, terziario e verde, eliminando definitivamente la barriera creata dallo scalo stesso.
Un altro punto di forza dell’AdP sarebbe stato anche l’esborso che il gruppo FS avrebbe dovuto dare al Comune una volta firmato l’accordo: 50 milioni di euro da destinare subito al potenziamento del trasporto pubblico su ferro come nuove fermate (Tibaldi e Stephenson), riqualificazioni delle esistenti (Porta Romana, San Cristoforo, Romolo, Rogoredo, Greco Pirelli) e uno studio di potenziamento dell’anello ferroviario esistente, affinché diventasse un vero servizio di trasporto pubblico urbano ad alta frequenza, da integrarsi alle linee metropolitane. Il no dei 5 consiglieri, quindi, è stato sicuramente una posizione molto forte, che ha fermato un processo di recupero molto favorevole nei confronti della città. È un processo che non potrà arrestarsi definitivamente, quindi sarà, molto probabilmente, rimandato alla prossima amministrazione comunale.
Fabrizio Delfini
(Gennaio 2016)