Scozia, terra di miti e leggende, piena di bardi e cantastorie

Giornate di brezze invernali, strade spesso ghiacciate e l’occasionale nevicata – qui nelle Highlands sono giornate da copertina o pigiama, calze pesanti e storie attorno al caminetto (in legno e fiamme per chi può, o

Giornate di brezze invernali, strade spesso ghiacciate e l’occasionale nevicata – qui nelle Highlands sono giornate da copertina o pigiama, calze pesanti e storie attorno al caminetto (in legno e fiamme per chi può, o su una registrazione di YouTube messa in Tv per me). E perché no, un sorso di whisky per completare la scena. Le storie, quelle che creano legami tra persone ed epoche, sono un tesoro prezioso. E qui in Scozia, questo lo sanno bene.

La mia prima sera ad Inverness me la ricordo vividamente: tappa in zona, ai tempi in cui ancora non avevo una macchina e la vita era fatta di avventure e congiunture astrali tra bus, treni e l’occasionale traghetto, era la distilleria di whisky di Tomatin. Dopo un tour di un’ora e diversi assaggi, ecco che mi ritrovo ad attendere l’autobus alla fermata vicino alla distilleria. Tutto normale se non fosse stato buio pesto e se l’autobus seguente non fosse previsto in più di un’ora (e vorrei sottolineare che i vari assaggini ad alta gradazione alcolica non aiutavano la lucidità mentale). Forse tutto questo sarebbe potuto anche essere tollerabile, non fosse per la leggenda del cane fantasma che si aggira attorno al villaggio di Tomatin e la sua distilleria. Che infatti produce i suoi whisky torbati sotto il nome di Cù Bòcan (“cane fantasma” in Gaelico).

Per non farvi stare sulle spine, alla fine ho trovato un passaggio verso la capitale delle Highlands grazie a un postino di passaggio. Niente fantasmi, purtroppo o per fortuna. Ancora prima di trasferirmi qui, pensare alla Scozia rimandava a paesaggi di fiaba, lande disabitate e primordiali, una terra dove miti e leggende prendono vita. Se questo un po’ è dato dall’impressione che forse noi ne abbiamo dall’esterno, un amore per la tradizione e per lo storytelling (l’atto della narrazione, la vita del cantastorie) è presente anche in qualche modo nella vita di tutti i giorni.

La terra fatata di Knoydart.

Un esempio è proprio il whisky: questo è forse l’aspetto che più mi ha attratto all’inizio all’industria (ok anche il fatto che è molto buono), la quantità innumerevole di storie e leggende da cui (è vero, a volte con sagaci operazioni di marketing) è permeata. Fantasmi che infestano distillerie, cervi bianchi, incontri col diavolo a suon di cicchetti, ammiccamenti a tradizioni storiche, lasciti delle ere passate, ce n’è per ogni gusto.

In ogni caso, questa è solo una faccia dell’amore per le storie che scorre qui in Scozia. C’è una passione che si avverte attorno, un magnetismo meraviglioso ed affascinante per cui questa terra è ancora piena di bardi e cantastorie, anche se in abiti più moderni, più giovani. Tra questi sono le creatrici del podcast Stories Of Scotland, prodotto da Annie MacDonald and Jenny Johnstone (nella prima foto in alto), due ragazze amanti della natura e degli archivi e, ovviamente, delle storie che in ogni episodio presentano una nuova leggenda, o un nuovo spaccato della vita in Scozia d’altri tempi (storiesofscotland.com – se parlate inglese, ve lo consiglio altamente, è uno dei miei ascolti settimanali preferiti).

Le creatrici del podcast, che va avanti da ormai un paio d’anni, riescono a far prendere vita alle testimonianze degli archivi, dei luoghi che visitano. “Lo storytelling è una tradizione millenaria, la prima forma di intrattenimento. Quando diamo vita a storie antiche, è un’esperienza che attinge dal ricco patrimonio culturale legato a ogni valle, a ogni montagna. L’arte della narrazione tradizionale è fondamentale per preservare la ricchezza culturale delle Highlands Scozzesi. Quando una nonna racconta una storia ai nipoti, si crea un legame che si rafforza con ogni generazione”.

Cashel Clanscape Beltane Bash – Jenny apprende l’arte del Waulk, che consiste nel tramandare storie attraverso canzoni in Gaelico.

Questo spirito bardistico è vivo e vegeto a vari livelli, e in ambito creativo più che mai. Il 2022 è stato dedicato dall’ente del turismo scozzese proprio a celebrare questa tradizione, organizzando una campagna chiamata l’Anno delle Storie. Eventi dedicati a celebrare i miti e le leggende, la tradizione scozzese e i suoi legami con altri paesi si sono succeduti durante l’anno in tutto il paese.

Un esempio, qui vicino, è il Nairn Books And Arts Festival, che ha incentrato l’ultima edizione sullo storytelling, con sessioni dedicate ai racconti e workshops per chi le storie le vuole creare. Diversi dei quali dedicati alla storia di Isobel Gowdie, la strega di Auldearn – un personaggio storico la cui figura spazia tra mito e realtà. Le sue confessioni sono tramandate fino ad oggi e costituiscono un’importante finestra sui processi per stregoneria nel Seicento.

Di pari passo con la tradizione musicale folkloristica, ci si può tutt’oggi trovare in serate in cui ballate e storie vengono cantate e suonate, raccontate in musica nell’angolo di un pub. Una sessione spontanea può partire all’improvviso se sai dove andare. O dove non andare: mi ricorderò sempre, durante la mia prima visita ad Inverness, come mi avessero parlato della collina di Tomnahurich, la collina delle fate, che spunta a sud del centro città e che ospita un cimitero storico.

Si narra che questa collina prese il suo nome attuale dopo la sparizione di due musicisti viandanti che sarebbero stati raggirati dalle fate e messi a suonare musica per loro per l’eternità. Ma senza esagerare, qui basta andare a una cena di lavoro per ritrovarsi con un collega che prende a cantare ballate tradizionali (e no, senza aver toccato un goccio d’alcool), passeggiare lungo Loch Ness e cercare di intravedere qualche movimento “mostruoso” nel lago, seguire i kelpies (spiriti maligni in grado di assumere la forma di un cavallo bianco) nei fiumi e i lochs (laghi), camminare tra le colline e trovare un bothy (piccoli rifugi) dove condividere una storia con sconosciuti, oppure andare alla ricerca dei famigerati wild haggis, piccoli animali a forma di salsicciotto che, avendo le zampe sinistre più corte, sono costretti a correre in senso antiorario, o se siete su un traghetto tra Ullapool e Stornoway potreste incontrare gli uomini blu che controllano le tempeste per cercare di affondare gli sfortunati marinai.

Insomma, state all’erta o potreste essere colpiti da una qualche creatura mitologica quando visitate la Scozia (d’altronde qui l’animale nazionale è l’unicorno).

L’orso sulla collina della festa del Bear Burning, organizzata ogni anno dalla distilleria di whisky Lindores Abbey, per celebrare l’antico lavoro dei monaci dell’abbazia omonima.

Milanese di origine, dal 2017 sono in Scozia dove lavoro come reporter per diverse testate locali delle Highlands, tra cui l’Inverness Courier e il Ross-shire Journal. Marcata da una sana passione per bevande alcoliche e viaggi, scrivo soprattutto di whisky sulla rivista Cask&Still o sul blog maltingpotblog.com. Laureata in Mediazione Linguistica e Culturale a Milano e Giornalismo Multimediale a Glasgow, con un salto in Russia e in Francia in mezzo, amo visitare nuovi luoghi ed assorbire nuove lingue e culture (e le loro tradizioni gastronomiche).

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