Scuola chiuse, la rivincita dello smartphone su docenti e genitori
Tempo di Coronavirus ed ecco che il fatidico telefonino, l’oggetto terribile da mettere al bando, il “padre” di tutte le sciagure adolescenziali, si tramuta, improvvisamente, in un favoloso trait d’union a rischio contagio zero.Il “passa
Tempo di Coronavirus ed ecco che il fatidico telefonino, l’oggetto terribile da mettere al bando, il “padre” di tutte le sciagure adolescenziali, si tramuta, improvvisamente, in un favoloso trait d’union a rischio contagio zero.
Il “passa le ore a casa a chattare invece di uscire”, tipico lamento di eserciti di genitori, diventa, d’un tratto, un auspicio.
Scuole chiuse, attività sportive ferme, luoghi di aggregazione contingentati, distanza interpersonale di sicurezza da rispettare, mascherine che non si capisce se servono oppure no, ma “loro”, lo smartphone e “la rete” indenni a qualunque contagio, sono – oggi – una preziosissima scialuppa di salvataggio sulla quale imbarcarsi per evitare che il virus frantumi anche lavoro, studio e relazioni sociali.
La scuola scopre – nell’urgenza – quanto sia importante poter utilizzare le piattaforme per i collegamenti virtuali fino ad ora guardate, da tanti, con scetticismo. Chi si è vantato, fino ad oggi, di non sapere neanche accendere un computer o di non avere un indirizzo e-mail si rende conto – forse – che un po’ di apertura mentale verso il “nuovo” non sarebbe guastata.
Ma non è certo questo il momento di recriminazioni e di “io l’avevo detto”; è il tempo di rimboccarsi le maniche (ovviamente virtualmente) e di mettere insieme competenze e idee.
In questo senso sono tantissime le scuole che si sono già attivate per mantenere aperto il contatto con gli studenti: dalla assegnazione dei compiti ai suggerimenti di approfondimento, fino a vere e proprie lezioni videoregistrate e aule virtuali.
Le esigenze sono tante e differenti: per le scuole che adottano i “trimestri”, ad esempio, questo è proprio il momento della chiusura e dei voti. Poi ci sono le simulazioni d’esame di maturità che normalmente iniziano in questo periodo.
E poi – soprattutto – c’è l’incertezza sulla riapertura: a Milano la prima settimana di chiusura, complice le festività del Carnevale ambrosiano, ha avuto un impatto molto limitato sul calendario scolastico; la seconda comincia ad incidere, la terza di cui si parla adesso lo sarà ancora di più. La scuola “a porte chiuse” è più complessa di una partita di calcio.
In tutto questo, qual è la reazione degli adolescenti-studenti? Per molti versi appare più sobria e ragionevole di quella di tanti adulti. La consapevolezza di quanto la situazione sia delicata c’è, ma c’è anche il desiderio di continuare a vivere una vita normale sia pure con tutte le accortezze del caso. E “normalità”, per un adolescente, significa “scuola”. Quindi è importante, per loro, che il contatto rimanga stretto e ben vengano tutti i supporti che la scuola riesce a fornire attraverso la rete. “C’è piena collaborazione da parte degli studenti” riferiscono con soddisfazione insegnanti e dirigenti scolastici. Non ci meraviglia: sono sufficientemente responsabili e maturi per comprendere che in questo momento non c’è da “fare vacanza” e per loro, abituati ai “vituperati” tutorial di YouTube, seguire una lezione online o “scaricare e postare” di tutto è cosa normale; giocano in casa. Il difficile, semmai, è per noi che dobbiamo abituarci a tempi e metodi che troppo spesso abbiamo disdegnato di voler considerare, per spocchia.
Chissà se questa emergenza che non avremmo mai voluto, oltre a farci riconsiderare sotto una luce differente l’utilizzo della tecnologia anche in ambiti in cui abbiamo cercato spesso di tenerla ai margini, servirà anche a farci rivedere qualche ingiusto pregiudizio sugli adolescenti.