Siamo tutti Kintsugi: valorizziamo le nostre cicatrici per ripartire più resilienti

La condizione di isolamento vissuta negli ultimi mesi e la recente fase di apertura, portano con sé innegabili vissuti di disagio, ansia, sofferenza ed emozioni contrastanti, ma si possono rivelare fonti di opportunità e risorse,

La condizione di isolamento vissuta negli ultimi mesi e la recente fase di apertura, portano con sé innegabili vissuti di disagio, ansia, sofferenza ed emozioni contrastanti, ma si possono rivelare fonti di opportunità e risorse, fornendoci nuove prospettive per ricominciare.

In che modo possiamo far tesoro di quanto abbiamo vissuto per proiettare il nostro sguardo al futuro?

Innanzitutto, durante l’isolamento, molte persone hanno avuto la possibilità di riflettere su se stesse, maturando nuove consapevolezze.

Osservare la propria modalità di fronteggiare un’esperienza traumatica e capacità di adattamento, sarà un’iniezione di fiducia per il futuro: considerando quanto la mente ed il corpo abbiano reagito e si siano modellati in relazione alle nostre esigenze, non possiamo che aspettarci che, nonostante potranno emergere alcune difficoltà iniziali, continueranno a farlo anche nella fase di ripresa alla nuova quotidianità.

Questo adattamento non è stato però privo di difficoltà. Quanti si sono trovati a ricoprire ruoli inaspettati e svolgere attività inconsuete: genitori alle prese con le attività scolastiche dei figli, che diventano compagni di giochi o inventori dei passatempi più disparati; uomini o donne in carriera che si sperimentano in cucina, nel giardinaggio o in attività artistiche; insegnanti che diventano esperti di strumenti digitali, webcam o tutorial e inventano nuove modalità di fare didattica; allenatori che trasformano il proprio salotto in una piccola palestra per seguire online gli sportivi che svolgono attività con i materiali reperiti in casa (le bottigliette per i pesi o scatoloni al posto dello step) e molti altri ancora…

Le richieste pervenute da differenti ambiti sono state molteplici e possono aver comportato, oltre alla stanchezza ed affaticamento, un senso di insicurezza ed inadeguatezza causato dalla volontà di rispondere sempre adeguatamente ad ogni aspettativa.

Per non sentirsi sopraffatti, è importante abbandonare il senso di onnipotenza che porta con sé fantasie irrealistiche, riconoscere i propri limiti, ma soprattutto guardare e dare valore a quanto ognuno è riuscito a realizzare: riconoscere e soffermarsi su questo, contribuirà alla costruzione di un’immagine sempre più positiva di se stessi ed incrementare la propria autostima.

In questo modo potremo essere più consapevoli delle nostre virtù e metterle a frutto per noi stessi e chi ci circonda, coltivandole anche in futuro.

L’isolamento ha inoltre chiamato ognuno di noi a ridefinire i propri ritmi: il tempo si è dilatato e abbiamo dovuto riadattare e riorganizzare le attività quotidiane. Questo ha consentito a molte persone di prendere coscienza rispetto a cosa fosse davvero importante per sé, ai propri valori e priorità, costituendo quindi l’occasione per riflettere su come gestire il proprio tempo in futuro, dedicandone maggiormente a ciò che è ritenuto davvero essenziale.

Considerando un’ulteriore aspetto positivo dell’esperienza che abbiamo vissuto, è utile osservare quanto questa sia stata un’occasione per vivere un senso di appartenenza e condivisione: mai come in questo periodo possiamo dire di avere condiviso con tutta l’umanità, la stessa esperienza, e, anche se con sfaccettature differenti, le stesse emozioni e sentimenti; questa consapevolezza, nonostante il paradosso della lontananza, ci consentirà di essere più empatici, vicini agli altri e sentirci capiti.

Nonostante l’isolamento abbia comportato una riduzione dei contatti, in molti casi ha stimolato il desiderio di creare reti e legami, attivando la creatività di ognuno che ha scoperto nuove modalità per entrare in relazione con gli altri. Le nuove tecnologie, seppur con i limiti che impongono, hanno fornito l’opportunità di sperimentare la vicinanza nella lontananza e, di ampliare la propria rete di conoscenze, consentendo la creazione di legami che potranno perdurare nel tempo.

Per concludere, quanto abbiamo vissuto, ha permesso ad ognuno di sperimentare la propria resilienza, acquisendo consapevolezza rispetto alla propria capacità di far fronte agli eventi stressanti e riorganizzarsi dinanzi alle difficoltà.

Potremmo così diventare quanto i vasi rotti sono per il Kintsugi, l’arte giapponese che utilizza metalli preziosi per ricostruire ceramiche infrante: esaltare le spaccature invece di nasconderle, contribuisce a rendere ogni vaso un pezzo unico, che acquisisce quindi maggiore valore.

Il vaso diventa così la metafora delle fratture e cambiamenti che ognuno ha affrontato nella propria vita, non ultima l’esperienza dell’isolamento: le nostre cicatrici non dovranno essere nascoste ma, se valorizzate, diventeranno occasioni per ricrearsi. Ridando nuovi significati agli eventi possiamo ritrascrivere la nostra storia e prenderci cura delle nostre ferite.

Sarà un lavoro faticoso e richiederà pazienza, ma la fiducia acquisita sarà una fonte di forza ed energia per intraprendere questo percorso e ricominciare.

Psicologa-Psicoterapeuta sistemico relazionale, si occupa di psicoterapia e sostegno psicologico rivolto ad individui, coppie e famiglie; conduzione dei gruppi di formazione e di sostegno psicologico; valutazione, certificazione e trattamento dei Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA) ed è terapeuta EMDR. Svolge l'attività professionale presso due studi privati, on line e come consulente presso il Centro Diagnostico Italiano (giulia.cantoni@outlook.com).

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