Stati Generali, il premier Conte annuncia “l’idea forte” per il rilancio del Paese: promesse di miliardi per tutti

Gli uomini, si sa, fanno la storia anche se spesso ne sono protagonisti inconsapevoli. I pochi straccioni che assaltavano una fortezza parigina un giorno di mezza estate di duecentotrent’anni fa non avevano certo sentore che

Gli uomini, si sa, fanno la storia anche se spesso ne sono protagonisti inconsapevoli. I pochi straccioni che assaltavano una fortezza parigina un giorno di mezza estate di duecentotrent’anni fa non avevano certo sentore che le loro parole di libertà, uguaglianza e fratellanza avrebbero aperto la speranza dei popoli a un sogno peraltro mai realizzato.

E i loro compatrioti che salivano da Marsiglia non potevano immaginare che il loro canto sguaiato avrebbe accompagnato le trionfali marce di Napoleone per diventare un inno più che nazionale al riscatto delle genti. E, per restare fra noi, cosa potevano pensare quei mille o poco più stipati in due barconi di migranti alle porte di Genova per far rotta verso la Sicilia riconoscibili da un diseguale drappo rosso cavato alla bell’e meglio da un baule di casa. Innamorati al seguito di un avventuriero giramondo e senza patria non credevano certo che quella patria l’avrebbero per buona parte costruita loro.

La tentazione di ripetere la storia è sempre forte. Tramontato il sogno di un assalto a palazzi d’inverno ormai dimenticati dalla memoria, di tanto in tanto rispunta l’idea di una marcia su Roma a un secolo di distanza, un viaggio lento verso la capitale magari ripristinando vecchi treni a vapore.

Incuranti della massima di Marx secondo cui la storia si ripete sempre due volte, la prima in forma di tragedia, la seconda come farsa, sorgono indifferenti al rischio epigoni di Giulio Cesare e Napoleone o, per restare a icone più recenti, pallide controfigure di Churchill. Difficile dare una valutazione per noi contemporanei. Lasciamo volentieri ai posteri il giudizio finale.

Di recente si son conclusi gli Stati Generali, iniziativa d’impegnativo confronto già nel nome, voluti con grande determinazione dall’attuale presidente del Consiglio, così somigliante al suo predecessore. Una settimana cui abbiamo guardato con scarsa benevolenza, una pletora di personaggi dalla fama più o meno acclarata riuniti in un conclave che aveva l’aria del ricevimento perpetuo.

Presenti in gran numero gli economisti fianco a fianco agli imprenditori col rituale cappello in mano, solo questa volta un po’ più grande, e gli architetti di grido e gli scrittori di bell’aspetto in attesa vana di un futuro Nobel e naturalmente gli esponenti del nulla ch’erano poi la larga maggioranza.

Festa parca per carità, niente a che vedere con i fasti di un tempo ormai lontano, le cene eleganti in certe sfarzose ville lombarde, i vulcani artificiali che eruttavano finta lava sulla Costa Smeralda.  Festa quasi casta, poche le donne e di diverso aspetto e caratura. Forse anche un po’ noiosa, tra tartine al caviale e vini di prestigio. Alla fine anche le pernici stancano, recitava un vecchio proverbio. Così al settimo giorno di fatica anziché godersi il meritato riposo l’amato presidente del Consiglio è sbucato in un meraviglioso giardino all’italiana a rivelare al popolo suddito il frutto di tanto lavoro. Cornice che rimandava alle tante visioni di presidenti americani che parlavano ai giornalisti nel cortiletto prospiciente la loro modesta dimora. E qui subito potevamo marcare un punto a favore che Villa Pamphili è architettonicamente assai più rimarchevole della casina bianca dove vivono in affitto gli eredi di George Washington. E in più la dolcezza del clima che è ben altra cosa dall’aria pesante della capitale degli States.

Certo il presidente aveva parlato a cuore aperto alla Città eterna magari chiedendole in aggiunta l’aiuto del ponentino più malandrino che c’hai. Faje sentì che è quasi primavera mannà li mejo grilli pe’ fa cri cri e il più era fatto.

Così il presidente ha potuto annunciare la tanto attesa ‘idea forte’ per far decollare il paese. La soluzione per l’impiego di quei dieci, cento, mille miliardi che dovevano arrivare dalla generosa Europa, o, in caso di poco auspicabile voltafaccia, dalla democratica Russia di Putin, dalla misteriosa Cina o, chissà, da un redivivo signor Marshall. Riveduto e corretto un vecchio adagio italico, coniato cinquecento anni fa forse dal Guicciardini, ma sempre attuale. Franza o Spagna, purché se magna.

E allora dopo il trionfale lancio delle mascherine made in Italy, soprattutto quelle vezzose nere con bandiera tricolore sponsorizzate dal presidente in persona, ecco il nuovo uovo di colombo. Una dotazione giornaliera e permanente per sessanta milioni di connazionali di un set di palloncini colorati, verdi e bianchi e rossi.

I palloncini colorati che ogni famiglia, ma anche ogni single, senza distinzione di sesso, razza, lingua o religione (un richiamo alla Costituzione è sempre gradito) può sganciare nel cielo per poi accompagnarli con lo sguardo sognante ogni mattina per 365 giorni all’anno e per tutti gli anni a venire. Milioni, forse miliardi di palloncini tricolori che si librano nell’aria incrociandosi magari con quell’altra grande eccellenza italiana ch’è la pattuglia acrobatica delle frecce anch’esse tricolori, orgoglio nazionale e presenza particolarmente significativa in un mondo dove l’inquinamento determinato dal volo degli aerei è stato stimato essere la principale causa della prossima morte del pianeta.

I palloncini voleranno nel cielo, affiancati dai nostri meravigliosi piloti. A simboleggiare una nuova rinascita, così si spiega appieno quel termine di recente riproposto dal presidente in un tono che era parso a tanti vago e persino ambiguo. Palloncini tricolori che avrebbero destato l’invidia del mondo e resuscitato l’Italia a una nuova centralità perché bisognava pur ripercorrere i grandi passi della storia.

Una Roma ancora caput mundi, capace magari di rinnovare un bel sogno imperiale, pronto a (ri)sorgere sui colli fatali, e insieme ad esso sarà deciso a marciare quell’indomito popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori. Lo aveva pur (pre)detto il presidente del Consiglio. Così diverso eppure uguale a quello precedente.

Questo è il nuovo Umanesimo, questo il nuovo Rinascimento. E senza nemmeno il bisogno di inventarsi un Michelangelo o un Leonardo.

P.S. Sospendiamo ogni giudizio, lasciando questo compito a figli e nipoti. A loro la speranza, a noi i sogni. Sperando che non abbiano a trasformarsi in incubi.

Bibliotecario approdato finalmente alla pensione cerco di coltivare e condividere con maldestri tentativi di scrittura le mie mille passioni. Dalla letteratura allo sport, dalla storia alla musica, tutto con la stessa onnivora curiosità inversamente proporzionale alla competenza. Al primo posto l'amore per il cinema, nato a sei anni dalla folgorazione in una sala buia e mai più abbandonato.

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