Un milione di mascherine per le diocesi lombarde: e per il Ramadan, le sinagoghe, le chiese evangeliche…?
"Un milione di mascherine chirurgiche ad uso civile è stato consegnato da Regione Lombardia alle 10 Diocesi lombarde a seguito di relativa motivata richiesta" recita il comunicato stampa della Regione del 1 4 maggio. La
“Un milione di mascherine chirurgiche ad uso civile è stato consegnato da Regione Lombardia alle 10 Diocesi lombarde a seguito di relativa motivata richiesta” recita il comunicato stampa della Regione del 1 4 maggio. La fornitura, prosegue il comunicato, è finalizzata quale contributo al fine di facilitare il rispetto dell’accordo firmato nei giorni scorsi dal Presidente della CEI, cardinale Gualtiero Bassetti, e il Governo centrale, accordo che permetterà la ripresa delle Messe in presenza dei fedeli in chiesa in tutto il territorio nazionale.
“L’ennesima risposta concreta – commenta il presidente Attilio Fontana – verso chi ci chiede sostegno per garantire sicurezza e tutela della salute. In vista della riapertura alle celebrazioni delle Messe rinnovo l’appello a tutti i fedeli ad attenersi alle regole vigenti”. L’assessore regionale al Territorio e Protezione civile, Pietro Foroni spiega:“Con questo gesto abbiamo voluto fornire un contributo per il rispetto a livello regionale del protocollo nazionale sottoscritto e che riguarderà centinaia di migliaia di fedeli lombardi che vorranno partecipare alla Santa Messa e alle altre funzioni religiose a partire dal 18 maggio, data in cui andrà in vigore il Protocollo tra Governo e la CEI».
Va bene, c’è di mezzo l’accordo Stato–CEI firmato da Conte. Però com’è che ancora in Lombardia non si trovano le mascherine chirurgiche a 0,50 centesimi, ma se ne recuperano un milione per i cattolici osservanti che vanno a messa? E per le altre religioni? Le cristiano-ortodosse, l’ebraica, l’Islam, il buddismo la Lombardia non ha nulla da offrire? Il 18 maggio riprendono anche le funzioni religiose nelle chiese evangeliche, nelle sinagoghe, nelle moschee nel rispetto delle misure per l’emergenza Covid-19. Non rimane nessuna mascherina chirurgica nei depositi della Regione per loro? Non sono cittadini lombardi anche loro?
Eppure tanti gesti spontanei sono arrivati da rappresentanti di religioni diverse: ortodossi, mussulmani, ebrei, comunità cinesi: la Chiesa cristiana evangelica ha donato mascherine al Comune di Milano. La comunità ebraica Bené Berith ha raccolto fondi per fornire 27.000 scudi personali protettivi alla regione Lombardia per gli ospedali e il personale medico della regione. L’Unione italiana delle comunità islamiche, già a febbraio aveva avviato una raccolta fondi per i centri più colpiti: «Tutto il materiale acquistato verrà consegnato gratuitamente alla cittadinanza tramite le Comunità locali e in coordinamento con le autorità locali delle aree a rischio, nonché agli istituti sanitari che ne avessero necessità. L’invito è aperto anche ai singoli fedeli e cittadini tramite i canali indicati nel comunicato e sul sito web. Ricordando il detto profetico, l’Ucoii fa appello al senso più profondo di cittadinanza e di fede che deve spingere ogni membro delle rispettive comunità a contribuire per il bene comune».
Dal 18 maggio riprendono le funzioni religiose non solo nelle chiese cattoliche, ma anche nelle sinagoghe e nelle moschee, alla presenza del popolo nel rispetto delle misure di sicurezza sanitarie previste per l’emergenza Coronavirus. Tra queste, distanziamento sociale, obbligo di usare mascherine e dispositivi di protezione, igienizzazione dei luoghi di preghiera.
Il 15 maggio a Palazzo Chigi, alla presenza di Giuseppe Conte, sono stati sottoscritti i protocolli con i rappresentati di comunità di fede presenti in Italia, comprese quelle non firmatarie di intesa con lo Stato, che individuano, per ogni comunità religiosa, le precauzioni da adottare tenuto conto delle rispettive specificità. I protocolli sono nati dal confronto e dal dialogo voluto dalla titolare del Viminale, Luciana Lamorgese, e avviato e condotto dal capo del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione Michele di Bari con la videoconferenza del 7 maggio scorso al Viminale. Hanno firmato le Comunità ebraiche, le Comunità delle chiese di Gesù Cristo e dei Santi e degli ultimi giorni, le Comunità islamiche, le Confessioni induista, buddista, Bahai, Sikh, le Chiese Protestante, Evangelica, Anglicana
L’approccio individuato nella fase istruttoria dei protocolli “era quello di risolvere casi particolari applicando criteri analoghi in base a quanto prevedono i provvedimenti in materia, ad esempio sugli spostamenti”. C’era il problema della mobilità tra regioni dei ministri di culto di Ortodossi, Mormoni, Baha’i ed Evangelici. La difficoltà per i maestri buddhisti provenienti dall’Oriente e per la comunità Soka Gakkai per consegnare agli adepti un oggetto rituale necessario per la preghiera. L’esigenza delle comunità ebraiche di poter garantire la preghiera quotidiana, rituale che prevede la partecipazione di almeno 10 persone, che potrebbe svolgersi nel rispetto delle misure anti contagio vigenti presso la sinagoga più vicina all’abitazione.
Infine l’individuazione di forme adeguate per realizzare la preghiera finale del Ramadan in vista della sua conclusione il 24 maggio poste in evidenza dai rappresentanti della Grande moschea di Roma e della Coreis di Milano in via Meda, che hanno già dato indicazioni ai fedeli di privilegiare la preghiera individuale e domestica, evitando ogni assembramento.
Bene, la Regione Lombardia quale forma di dialogo e confronto sta portando avanti? Forse quella dell’assessore De Corato che si preoccupa unicamente delle moschee abusive? “Mi chiedo se le autorità abbiano preso in considerazione le tante moschee abusive presenti a Milano e in Lombardia. Ovvero quelle ricavate in sottoscala e capannoni. Il Ministero, le Prefetture e le Questure hanno intenzione di vigilare per assicurarsi che non riapra dopo la chiusura per coronavirus anche una moschea abusiva?”.
Forse non si ricorda che Milano non ha ancora una moschea degna di questo nome. Come disse lo scorso anno, a febbraio, in visita al Palasharp, il sindaco Sala. “I milanese possono essere contrari alle moschee, certo, ma la Costituzione dice che tutti i cittadini hanno diritto di pregare, quindi un luogo a Milano ci deve essere. Se non saranno qui saranno da un’altra parte”.
Nella foto. 15 maggio a Palazzo Chigi, firma dei protocolli con i rappresentati di comunità di fede presenti in Italia, comprese quelle non firmatarie di intesa con lo Stato