“Un ragazzo d’oro” alla riscoperta del padre, il nuovo film di Pupi Avati

Pupi Avati dirige Riccardo Scamarcio, Cristiana Capotondi Sharon Stone e Giovanna Ralli in Un ragazzo d’oro, per raccontarci una storia d’amore tra padre e figlio, tema molto caro al regista che perse il padre all’età

Pupi Avati dirige Riccardo Scamarcio, Cristiana Capotondi Sharon Stone e Giovanna Ralli in Un ragazzo d’oro, per raccontarci una storia d’amore tra padre e figlio, tema molto caro al regista che perse il padre all’età di dodici anni.

Una scenografia quotidiana e molto semplice, il film è ambientato a Milano e poi a Roma, permette allo spettatore di dedicarsi totalmente alla notevole sceneggiatura e ai personaggi che la abitano, accompagnati dalle calde note, nuove e rivisitate, di Raphael Gualazzi.

Il film, lento e riflessivo, si discosta dal cinema spettacolare contemporaneo e narra la storia di Davide Bias, figlio di uno sceneggiatore di B movie che lavora come creativo pubblicitario ma tenta di sfondare nel mondo dell’editoria, senza successo pur se promettente. Ad accompagnarlo e sostenerlo nel suo stato d’instabilità, nevrosi, ansia e insoddisfazione, oltre alle pillole, c’è la fidanzata Silvia (Cristiana Capotondi) che confusa e insicura non riesce però a essere determinante. Improvvisamente il padre muore in un incidente/suicidio e questo induce Davide ad indagare su questa figura che tanto sembra odiare e rinnegare.

Sarà al funerale che Davide incontrerà l’affascinante ed enigmatica Ludovica (Sharon Stone), femme fatale, editrice interessata a pubblicare un libro che il padre “avrebbe” scritto. Sarà attraverso questa ricerca che il protagonista si ritroverà a fare i conti con quest’ombra paterna e cedendo alla follia, che, come sostiene il regista, spesso: “[…]spalanca gli occhi” arriverà ad una riconciliazione che lo condurrà a una dimostrazione di puro affetto.

Ottima l’interpretazione di Riccardo Scamarcio che si ritrova a fare i conti con una personalità inquieta, che subirà un vero e proprio tracollo da metà pellicola in poi. Insicuro, ma ben presente il personaggio interpretato dalla Capotondi, mentre statica e per nulla supportata dal doppiaggio, la diva americana, messa lì quasi come un marchio.

Un percorso inaspettato insomma quello intrapreso dal protagonista di Avati, che se all’inizio ci mostra un rapporto padre-figlio inesistente, ci fa assaporare una rivalutazione post mortem, un rafforzamento tale da far sì che Davide, anche immedesimandosi nel padre, arrivi a riscattare questa figura incompresa fino ad allora, da lui stesso e da tutti quelli che lo circondavano.

Uno stravolgimento che si legge bene sul volto di Davide alias Scamarcio che si trasforma e cede alla pazzia del genio. Si veda la significativa ripresa in contre-plongèe (dal basso) sulla suora sorridente, verso la fine del film. Davide si è abbandonato alla follia, ma sembra aver finalmente trovato un senso alla sua vita attraverso quello che il padre non è riuscito a fare.

Forse la storia richiedeva uno scavo maggiore, tuttavia ci regala un ottimo spunto di riflessione su una tematica estremamente ricorrente e attuale nella società odierna.

Anita Rubagotti

Laureata in Comunicazione politica e sociale, blogger e fotografa d’assalto, aggredisce la cronaca spregiudicatamente e l’html senza alcuna reverenza (e il sito talvolta ne risente), ma con la redazione è uno zuccherino. La sua passione è il popolo.

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