Vi ricordate Margaret Thatcher?

Sono passati poco più di trent’anni da quando (1984-1985) il nome di quella che sarebbe passata alla storia come la Lady di ferro (Iron Lady) si impose come sinonimo di fermezza nella guida di una

Portos editorialeSono passati poco più di trent’anni da quando (1984-1985) il nome di quella che sarebbe passata alla storia come la Lady di ferro (Iron Lady) si impose come sinonimo di fermezza nella guida di una nazione – la Gran Bretagna – verso orizzonti di progresso e di modernità. Questa patente la Thatcher la ottenne grazie all’epico scontro con il sindacato dei minatori, che si opponeva alla chiusura delle miniere di carbone. Erano in gioco decine di migliaia di posti di lavoro, ma la Thatcher aveva idee chiarissime: l’attività estrattiva era obsoleta, superata, aveva costi esorbitanti rispetto alla resa; altre fonti energetiche andavano cercate e potenziate. Finì come i meno giovani di noi certamente ricordano: la Thatcher non diede tregua, lo sciopero nazionale durò esattamente 51 settimane e si concluse con la disfatta dei minatori.

La Thatcher non concesse nulla ai vinti: persino i conservatori l’accusarono di eccessiva spietatezza. Era uno scontro senza mediazioni. La Lady di Ferro vinse e decine di migliaia di minatori persero il lavoro.

Quella vittoria fu salutata dalla stampa di destra, anche quella italiana, come la vittoria della modernità sull’economia di risulta, del liberismo sulle ideologie dell’Ottocento, dello Stato sul sindacato.

Oggi la destra festeggia la decisione di Trump di riaprire le miniere di carbone e di togliere i vincoli alle attività estrattive di petrolio e metano come la cancellazione delle leggi “ammazzalavoro” (testuale) che Obama aveva introdotto.

Compiendo il percorso inverso a quello della Thatcher, Trump scopre la modernità dell’obsolescenza, rilancia il mito de “Il gigante”, che oltre un secolo fa dava le chiavi della modernità e della ricchezza all’America postpionieristica.

Mandando la gente in miniera – nessuna ironia in questa espressione – Trump crea posti di lavoro, innegabilmente: lo aveva promesso in campagna elettorale e vuole essere di parola. Aveva anche promesso l’abolizione dell’Obamacare (giudicando intollerabile che venti milioni di americani indigenti abbiano una minima copertura sanitaria) e la cacciata degli islamici. Su questi ultimi terreni trova resistenze non solo nella magistratura, ma anche nel suo stesso partito. Ma sul fronte energetico procede senza ostacoli.

Ai tempi della Thatcher il tema del riscaldamento globale non era ancora all’ordine del giorno: la Thatcher chiudeva le miniere per puro calcolo ideologico.

Oggi le ragioni per le quali in tutto il mondo si cerca di porre un freno alle energie fossili nasce dalla consapevolezza, ormai consolidata in centinaia di studi e confortata da statistiche, che la temperatura del nostro pianeta, grazie all’emissione di gas serra di origine industriale, è in costante crescita e che gli effetti di questo riscaldamento sono cambiamenti climatici che alterano profondamente il sistema delle acque, della vegetazione, del suolo.
Trump agita un documento di 300 scienziati “negazionisti” che contestano ciò che la comunità scientifica internazionale quasi nella sua interezza sostiene da anni e che ha portato all’accordo di Parigi (sottoscritto persino dalla Cina, fin qui principale paese inquinatore) sulla limitazione delle emissioni di gas. La credibilità di quei 300 scienziati (pochissimi dei quali realmente attivi sul territorio e forniti di competenze) è pari a quella degli scienziati che per decenni attribuivano alle Philip Morris virtù balsamiche.

Oggi Trump, per la gioia dei liberisti più scervellati e di un giornalismo macchiettistico, seppellisce l’accordo di Parigi (debole, ma indispensabile barriera all’inquinamento e al surriscaldamento) in nome del lavoro americano. Ma la salute di un sistema non si misura solo dal numero degli uomini che riesce a far entrare in miniera e in fabbrica. Anche a Casale Monferrato e a Porto Marghera si entrava in fabbrica. Ma spesso se ne usciva col mesotelioma o col tumore al colon. E ci sono voluti anni e centinaia di morti prima che si riconoscesse che non è accettabile un lavoro che mina la salute o uccide i lavoratori.

In nome di una attività imprenditoriale che non vuol essere limitata da troppi lacci e lacciuoli (le leggi, le limitazioni, che fastidio!) si è operata negli ultimi decenni una deregulation alla quale Trump vuol consentire un colpo d’ala in più.
E se un gigante come gli Stati Uniti si chiama fuori dal gioco delle responsabilità a soffrirne sarà l’intera comunità. Ma non subito. Fra qualche anno. Come sempre, a pagare saranno i nostri eredi.

Piero Pantucci

 

Laureata in Scienze dei Beni Culturali, blogger appassionata di cinema e teatro, talentuosa grafica e webmaster, sempre alla ricerca di nuovi stimoli e sfide, forte della sua estrazione umanista veste con grazia e competenza le testate digitali e su carta di Milanosud.

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